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Produttori di laterizi nella regio VIII orientale

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Tabella 1. Produttori di laterizi nella <i>regio VIII</i> orientale.
Tabella 1. Produttori di laterizi nella regio VIII orientale.

A fronte dell’assenza di studi complessivi successivi, l’indagine presentata in questa sede ha ricorso, come principale base documentale, al materiale raccolto in un contributo edito quasi un ventennio fa da Valeria Righini, Massimo Biordi e Maria Teresa Pellicioni sui bolli laterizi della Cispadana1. Dall’elenco presentato nel suddetto articolo sono stati espunti i marchi prodotti sicuramente al di fuori della Cispadana orientale o per i quali, vista l’ampiezza dell’areale di distribuzione o, al contrario, l’esiguità numerica delle attestazioni, non è possibile, in assenza di ulteriori indizi di natura archeologica, archeometrica o prosopografica, ubicare con un buon margine di certezza le officine nel settore orientale della regio VIII. Inoltre, si è scelto di considerare unicamente gli esemplari recanti elementi onomastici non ridotti a iniziali o fortemente abbreviati, che consentono pertanto di risalire con buona sicurezza all’onomastica del personaggio menzionato2. A livello cronologico, la totalità del materiale esaminato – quando noto, quasi sempre riconducibile alla tipologia dei bolli a lettere rilevate entro cartiglio rettangolare3 – è riferibile a un periodo compreso tra gli ultimi decenni del I secolo a.C. e il I secolo d.C., in corrispondenza dunque con la fase più intensa della produzione laterizia nell’Italia settentrionale4.

Analogamente a quanto riscontrabile in genere per l’intera Cisalpina, anche per l’area in oggetto si rileva, salvo alcune eccezioni, uno scarso interesse da parte dei domi nobiles nei confronti dell’industria laterizia; contrariamente a quanto documentato in particolare per le città delle aree di maggiore e più antico sviluppo della penisola, in larga parte coincidenti con l’Etruria, il Lazio e la Campania, le figlinae dell’Italia settentrionale – e nello specifico della Cispadana orientale – sembrano infatti essere state gestite in genere da ingenui non appartenenti ai ceti dominanti municipali5. Una possibile eccezione alla generale assenza di menzioni di esponenti delle élites municipali pare fornita da una serie di marchi menzionanti un C. Vatinius Maximus, la cui produzione, databile per le caratteristiche paleografiche a partire dall’epoca giulio-claudia, è probabilmente da localizzare, vista la concentrazione dei rinvenimenti in tale area, nei pressi del vicus di Maccaretolo, nell’ager settentrionale di Bononia. Da questa zona provengono infatti sei delle otto occorrenze attribuibili all’officina, nelle forme C. V̂AT. M̂AX. D BON e forse C. VAT MAX DEC BON, cui si aggiunge quella [-]VAT. MAX. BON nota unicamente dalla tradizione6; quanto ai restanti marchi, rinvenuti entrambi a Ravenna, l’uno reca i soli tria nomina non abbreviati, mentre l’altro è mutilo nella parte terminale7 (fig. 1). In particolare, gli esemplari bolognesi sembrerebbero riportare la carica di decurio Bononiensium ricoperta da Vatinius; quanto a quello ravennate completo, la mancata menzione del decurionato potrebbe essere giustificata o riferendolo a un momento antecedente alla sua elezione nel senato bononiense o ipotizzando un’omissione volontaria, dal momento che in un contesto non ‘domestico’ l’indicazione di tale carica municipale sarebbe risultata priva di qualunque funzione propagandistica8.

Mattone con bollo mutilo menzionante C. Vatinius Maximus rinvenuto a Ravenna (da Pellicioni 2018, 193, fig. 2).
 Fig. 1. Mattone con bollo mutilo menzionante
C. Vatinius Maximus rinvenuto a Ravenna
(da Pellicioni 2018, 193, fig. 2).

Il suddetto limitato coinvolgimento dei maggiorenti locali, cui si aggiunge l’inevitabile casualità dei rinvenimenti, può almeno in parte giustificare la quasi totale assenza di coincidenze – così come di stretti vincoli familiari – tra i nomi che compaiono nei marchi e i personaggi menzionati nell’epigrafia lapidaria. Alla luce sia della rarità del cognomen che della concomitanza cronologica e geografica, l’unica eccezione pressoché certa è costituita dal caso di L. Valerius Piperclus, con tutta probabilità proprietario o gestore di un’officina attiva a Bononia. Dal cosiddetto ‘muro del Reno’, realizzato alla fine del IV secolo d.C. ricorrendo a monumenti pertinenti alla necropoli occidentale della città, proviene infatti una stele sepolcrale a edicola, riferibile alla seconda metà del I secolo d.C., che menziona alcuni liberti di questo personaggio9, il cui nome compare inoltre, nella forma L. V̂ÂLE. PIPERC, in due bolli laterizi con lettere lievemente apicate anch’essi di provenienza bolognese10 (fig. 2); in particolare, le caratteristiche paleografiche e la presenza dei tria nomina e di nessi fanno propendere per una datazione dei marchi, almeno uno dei quali è impresso su tegola, al pieno I secolo d.C.11.

Tegola con bollo menzionante L. Valerius Piperclus rinvenuta a Bologna (foto dell’autrice).
 Fig. 2. Tegola con bollo menzionante
L. Valerius Piperclus rinvenuta a Bologna
(foto dell’autrice).

Sempre per ragioni onomastiche sono poi da ricondurre con tutta probabilità a produttori attivi nell’area in oggetto due marchi noti unicamente da singoli esemplari. Il primo di essi è quello C. CAESI, rinvenuto a San Martino in Riparotta12, ossia in un territorio – quello riminese – in cui è attestata dal cosiddetto codice Bavaro l’esistenza di un fundus Cesianus e di un fundus Cessianus13. Quanto ai Caesii, si tratta di una gens di origine latino-campana che si era insediata principalmente nei centri umbri posti lungo la direttrice della via Flaminia e, superato il crinale appenninico, nella pianura romagnola, compresa Rimini14. Il secondo marchio è quello C. GALE AMPL proveniente da Montebello, nell’entroterra collinare di Ariminum15, da riferire a un appartenente al ramo riminese della gens Galeria, documentato nella colonia sin dall’epoca repubblicana e caratterizzato proprio dal praenomen Caius16. Ai Galerii riminesi è stato proposto recentemente di attribuire anche la manifattura di anfore vinarie del tipo di transizione tra Lamboglia 2 e Dressel 6A bollate C. GALERI17.

Se quest’ultima ipotesi risulta fortemente indebolita alla luce dell’areale di distribuzione, che comprende anche Roma e farebbe dunque propendere piuttosto per una fabbricazione medio-adriatica18, più sicuri sono invece altri tre casi, in cui alla produzione di laterizi sembra essersi affiancata anche quella di anfore. Il primo è quello di L. Rusticelius Amerymnus, appartenente a una gens rappresentata in regione solo dall’oratore bolognese C. Rusticelius, ricordato da Cicerone19; i tria nomina di tale produttore sono infatti impressi, ricorrendo al medesimo tipario, sia su laterizi rinvenuti per lo più nel Riminese, fatta eccezione per singoli esemplari da Ravenna e Pesaro, che su un’ansa a bastoncello probabilmente relativa a una Lamboglia 2 o Dressel 6A proveniente da Castelvecchio-Madonna del Monte, nel territorio di Rimini20. Il secondo caso è riferibile a esponenti della gens Mestria, già documentata nell’epigrafia lapidaria di Ariminum21: accanto a un nucleo di tre tegole – due da Castelvecchio-Madonna del Monte e una da Cattolica – che menzionano una societas tra un Publius e un Caius nella forma P C M̂EST̂ROR̂V̂M con la seconda /R/ retrograda (fig. 3), sono infatti noti contenitori Dressel 6A con bollo P. M̂ESTRI, di cui cinque esemplari provengono proprio dalla medesima area di rinvenimento delle tegole22. L’ultima occorrenza è quella di L. Ceionius, documentato in associazione ai servi Hilarus Pil(—), Hilarus Vir(—), [E]ros e Philemo su singoli mattoni rinvenuti nel territorio tra Bononia e Forum Cornelii e riferibili ai decenni finali dell’età repubblicana23. Alla medesima officina è probabilmente da attribuire anche una produzione di anfore vinarie, come testimonia una Lamboglia 2 conservata a Imola col nome di un altro servus di L. Ceionius, Amphio24. Alla Cispadana orientale – e in particolare al Riminese – potrebbero forse riferirsi anche i bolli più tardi, che menzionano altri due membri della medesima gens, C. CEIONI, noto unicamente a Rimini e nel Picenum, e C. CEIONI. M̂AXI, documentato anche a Ravenna e Capodistria25.

Grazie ad analisi archeometriche è stato invece possibile confermare quanto già ipotizzato alla luce della distribuzione in merito all’ubicazione delle figlinae che produssero i laterizi bollati P. IVN CIL, fabbricati nel complesso di fornaci di Ca’ Turchi, a Cesenatico (fig. 4); allo stesso territorio sono probabilmente da riferire anche le tegole coi marchi CN. CORNELI/ SABINI e P. PEDVC.R26. Quanto alle tegole databili tra la tarda epoca repubblicana e la prima età imperiale degli Apusii, l’argilla con cui vennero realizzate mostra una sostanziale affinità di composizione con quella proveniente da cave tuttora in uso nella Valle del Marecchia, a riprova di una localizzazione in ambito riminese di questa produzione, già indiziata dalla fornace romana di Santo Marino di Poggio Berni con bolli di T. Apusius Ampliatus27 (fig. 5).

Tra le altre produzioni individuate si segnalano poi: il caso del gruppo di laterizi, rinvenuti tutti nel territorio di Forum Livii,che menzionano il liberto T. Papirius Synhistor, un figulo operante in età augusteo-tiberiana in tale zona, come si evince dalla presenza in taluni esemplari della datazione consolare Germanico co(n)s(ule), relativa pertanto al 12 d.C.28 (fig. 6); quello di C. Iulius Thiasus, che, in associazione coi lavoranti Eros e Gallicanus, è documentato su alcuni laterizi fabbricati verso la fine del I secolo a.C. in un impianto localizzabile verosimilmente nel Ravennate, forse non lontano dalla villa di Russi29.

Infine, degna di menzione è, per la sua consistenza e articolazione, la produzione di età alto-imperiale di tegole menzionanti membri della gens Seia, tra i quali si distinguono due possibili fratelli – Caius e Lucius – il cui patronimico è Spuri filius, a indicare forse la loro condizione di figli naturali (fig. 7), nonché un Sextus, di cui non è sicura la corrispondenza col Sex. Seius Felix documentato su almeno otto esemplari. I bolli dei Seii sono significativamente concentrati nel territorio di San Marino – e in particolare nella villa di Domagnano –, con un ulteriore consistente nucleo da San Pietro in Cotto, nella Valle del Conca30.

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Notes

  1. Righini et al. 1993, part. 62-77.
  2. Per tale motivo è stata esclusa, ad esempio, la produzione di tegole con bollo circolare SAB, note in sei esemplari nel Riminese (Righini et al. 1993, 66, tab. III.5.A, n. 56). Per un elenco completo dei produttori di laterizi censiti, suddivisi per aree geografiche, si veda la Tabella 1.
  3. In particolare, tra gli esemplari oggetto della presente indagine esulano da tale casistica alcuni bolli in planta pedis e in tabula ansata riferibili alla produzione degli Apusii e taluni marchi circolari attribuibili alla manifattura della gens Seia.
  4. Ad esempio Righini 2010.
  5. Ad esempio Torelli 2000, 311-312.
  6. CIL, XI, 6689, 254a-b; Rigato 2003, 129.
  7. Rispettivamente, Rigato 2003, 129 e Pellicioni 2018, 193, n. 2 (C. V̂AT. M̂A [—]).
  8. Su questa produzione si veda Rigato 2003, 105-120.
  9. CIL, XI, 6880 e da ultimo Mongardi 2017, 460-462. Sul raro cognomen Piperclus, documentato in questa forma soltanto in altre tre occorrenze (CIL, VI, 24212 = EDR113053; AE 1972, 336; CIL, XII, 3333), si veda ad esempio Kajanto [1965] 1982, 125 e 340.
  10. L’uno è noto dalla tradizione (CIL, XI, 6689, 250), mentre l’altro è stato rinvenuto in anni recenti durante gli scavi nel cortile di Palazzo Legnani Pizzardi (Mongardi 2017, 461, fig. 1).
  11. A livello onomastico, degno di menzione è inoltre il rinvenimento a San Martino Monte l’Abbate, a pochi km da Rimini, dell’ara funeraria, databile al II secolo d.C., di un C. Cavarius Priscus(CIL XI, 451; Donati 1981, 114-115, n. 40). Pur escludendo per motivi cronologici un’identificazione tra i due personaggi, la rarità del gentilizio (per cui cfr. Solin & Salomies [1988] 1994, 51; OPEL II, 45) in area nord e medio-adriatica porterebbe infatti, alla luce dell’attestazione di un individuo omonimo su due tegole con marchio C. CÂV̂AR̂I. PR̂IS. P̂L. P̂LÂV̂T̂I. SOLprovenienti rispettivamente da Rimini e Salona (CIL, XI, 6687, 6; CIL,III, 10183, 14), a considerare questo documento come un ulteriore indizio dell’esistenza nel Riminese di una delle officine della ben nota figlina Solonas, attiva sino alla metà del I secolo d.C. e la cui denominazione è ricollegabile all’etnonimo Solonates, menzionato da Plinio il Vecchio nell’elenco dei centri dotati di autonomia amministrativa della regio VIII (Plin., HN, 3.116; si veda ad esempio Righini 1998, 40-45).
  12. CIL, XI, 6689, 58.
  13. Rispettivamente, Brev. Eccl. Rav. 17, n. 25 [16] e 39, n. 76 [67] (ed. Rabotti).
  14. Da cui provengono due ulteriori testimonianze epigrafiche della famiglia (CIL, XI, 446 e 6795), cui si aggiunge un latercolo di urbaniciani da Roma datato al 218 d.C. che menziona un P. Caesius P. f. An{n}(iensi) Sabinus originario anch’egli di questa città (CIL, VI, 3884 = 32526 = EDR121970). Cfr. ad esempio Cenerini 1985; Cenerini 1994.
  15. CIL, XI, 6689, 113; cfr. Gerola 1916, 967, n. 12 e fig. 12.
  16. Per l’epoca repubblicana: Plin., HN, 10.50 (riferito al 78 a.C.); CIL, I2, 3396 e CIL, XI, 413 (metà I s. a.C.); CIL, I2, 3559 = XI, 6709, 16 (“lastra Campana” con marchio [-–-?]ẸROS.GÂLERI (scil.servus); cfr. Nonnis 2015, 228-229 (Galerius) e Antolini et al. 2018, 24). Per quella imperiale: CIL, XI, 413 e 469. Di origine riminese erano inoltre C. Galerius, praefectus Aegypti tra il 23 e al più tardi gli inizi del 28 d.C. (PIR2 G 25; Faoro 2016, 31-33), e il console del 68 d.C. P. Galerius Trachalus (PIR2 G 30). Degno di nota, per una possibile localizzazione di questa produzione laterizia, è il rinvenimento presso la pieve di San Michele Arcangelo, nel territorio  di Santarcangelo di Romagna, dell’iscrizione funeraria, posteriore alla metà del I secolo d.C., di una Cassia [Ga]leria (CIL, XI, 450). Nei pressi della pieve è altresì documentata dal codice Bavaro l’esistenza di un casale q(ui) voc(atur) Galeriano (Brev. Eccl. Rav. 20, n. 34 [25] (ed. Rabotti)).
  17. Antolini et al. 2018, 22-25, n. 1.
  18. Da ultimo Mongardi 2020, 101-103.
  19. Cic., Brut., 169.
  20. Ravara Montebelli 2007, 64-68. A un membro della medesima gens potrebbe essere attribuito, in via d’ipotesi, un mattone con bollo L RVS[—] VITV[—] da Rimini (Righini et al. 1993, 66, tab. III.5-A, n. 68).
  21. CIL, XI, 392 e 484.
  22. Ravara Montebelli 2007, 68-70. Contenitori così bollati sono documentati anche a Pesaro (CIL, XI, 6695, 63), Imola (Righini 1971, 223, fig. 1 e 225, n. 1) e Padova (Mazzocchin & Tuzzato 2007, 132, fig. 8.29 e 133).
  23. CIL,XI, 6689, 68-70 = I2, 2300-2302 e Aurigemma 1934, 18); cfr. Nonnis 2015, 165 (L. Ceionius); 210 (Eros Ceioni L. s.); 245 (Hilarus Pil(—) Ceioni L. s.); 245-246 (Hilarus Vir(—) Ceioni L. s.); 341-342 (Philemo Ceioni L. s.).
  24. CIL, I2, 3500; crf. Nonnis 2015, 87-88 (Amphio Ceioni L. s.).
  25. Righini 2011, 403.
  26. Farfaneti 2000, 46-48 e 143-145.
  27. Failla 1998. Su questa produzione cfr. ad esempio Rodriguez 2010; Nonnis 2015, 106 (T. Apusius).
  28. CIL,XI, 6689, 178a-b; 179a-g. Cfr. ad esempio Righini et al. 1993, 39, n. 1 e 79. Si segnala che nel territorio tra Rimini e Savignano sul Rubicone sono documentati in più esemplari i due bolli recanti la sola datazione consolare FAVSTINO ET RVFINO COS e GÊN̂TIA ÊT BASS C (Righini et al. 1993, 39, nn. 2-3).
  29. Russi: Susini 1960, 272, n. 2 e Mazzeo 1977, 10; Godo: CIL, XI, 6689, 130a; Cotignola: CIL, XI, 6689, 130b; Ravenna: CIL, XI, 6689, 131; Faenza: Susini 1958, 184-185, n. 9; Bologna: CIL, XI, 6689, 130c. Cfr. ad esempio Pellicioni 2006.
  30. Cfr. ad esempio Bigi & Pedini 2010, 31-42; Biordi 2010, 75-78; Ravara Montebelli 2010, 98-101.
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ISSN : 2741-1818
Posté le 30/07/2021
8 p.
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Licence ouverte Etalab

Comment citer

Mongardi, Manuela (2021) : “Produttori di laterizi nella regio VIII orientale”, in : Rigato, Daniela, Mongardi, Manuela, Vitelli Casella, Mattia, a cura di Adriatlas 4. Produzioni artigianali in area adriatica: manufatti, ateliers e attori (III sec. a.C. – V sec. d.C.), Pessac, Ausonius éditions, collection PrimaLun@ 8, 2021, 271-278, [En ligne] https://una-editions.fr/produttori-di-laterizi-nella-regio-vii-orientale/ [consulté le 23 juillet 2021].
doi.org/10.46608/primaluna8.9782356134073.15
Illustration de couverture • Particolare della stele del faber P. Longidienus, Museo Nazionale di Ravenna. DOI
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