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Nuovo Mercato Testaccio:
contributo alle prospettive di ricerca sulle anfore adriatiche

di

Un’indagine puntuale sui frammenti e gli esemplari mutili o integri di anfore adriatiche, restituite dal contesto prescelto (Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli antichi, Tabella 1), ha consentito di:

  • verificare l’importanza e il significato delle produzioni adriatiche nello specifico contesto;
  • effettuare una sistematica schedatura e documentazione dei materiali, valutandoli quantitativamente e qualitativamente;
  • esaminare puntualmente il corredo epigrafico dei contenitori.
Epoca primo-imperialeI fase, dall’epoca tiberiana: discarica di materiale ceramico e laterizio organizzata da allineamenti di contenitori da trasporto
II fase, dall’epoca neroniana: nuovo assetto dell’area, divisione N-S per il tramite di un muro in reticolato    Zona N: magazzino di anfore olearie Dressel 20 prospettante su un cortile definito da allineamenti di anfore. Sulla base dei marchi, le anfore sono datate tra l’epoca flavia e il II quarto del II sec. Il materiale bollato proveniente dal crollo del tetto in tegole indica che il periodo di vita dell’edificio è compreso tra la metà ca. del I sec. e il secondo quarto del II sec.
Zona S: nuova organizzazione della discarica con realizzazione di un secondo sistema di allineamenti ad un livello leggermente più alto; costruzione di piccoli ambienti coperti le cui murature sono caratterizzate da una peculiare tecnica edilizia (veri e propri “muri di anfore”). La vita della discarica può essere circoscritta entro l’età traianea.
Obliterazione e rifunzionalizzazione, nell’ambito del secondo quarto del II sec. tutta l’area è coperta da livelli di obliterazione, funzionali all’impianto di una nuova struttura  
II metà del II sec. –  III sec.Vita di un edificio a navate parallele su pilastri
Dalla fine del III sec.Spoliazione e obliterazione dell’edificio a navate
Tabella 1. NMT, livelli antichi, quadro di sintesi del contesto prescelto.
Anfore adriatiche nel contesto: allineamenti…

A proposito del primo punto, può essere indicativa la situazione rappresentata negli allineamenti di anfore di epoca primo-imperiale. In questo caso, infatti, le anfore adriatiche costituiscono decisamente la gran parte dei contenitori, integri, mutili o frammentari, censiti nella messa in opera degli allineamenti di I e II fase della discarica (Figg. 67-68), mentre nella II fase N si registra una situazione più variegata (Fig. 69). I tipi anforici presenti sono indicati nella Tabella 2 (dati Lucilla D’Alessandro).

Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo agli allineamenti di anfore di prima fase (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Fig. 67. Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo agli allineamenti di anfore di prima fase (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo agli allineamenti di anfore di seconda fase S (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Fig. 68. Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo agli allineamenti di anfore di seconda fase S (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo agli allineamenti di anfore di seconda fase N (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Fig. 69. Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo agli allineamenti di anfore di seconda fase N (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
AREA DI PRODUZIONETIPOFASE IFASE II SFASE II N
Italia, versante tirrenicoDressel 1 514
Dressel 2-4 1419
Italia, versante adriaticoLamboglia 2/Dressel 6A861
Dressel 6A14931731
Dressel 2-4 215
TarraconesePascual 1   
Dressel 2-4193
BeticaHaltern 70146
Dressel 2-4 1 
Dressel 7-11 710
Dressel 14 1 
Dressel 20 1 
Beltràn IIB 5 
Betica generica 123
LusitaniaDressel 14 similis 36
Africa e TripolitaniaDi tradizione punica1 12 
Tripolitane 2 
Rodi e Perea RodiaCamulodunum 1841 1
CretaDressel 43 2 
CnidoMau XXXVIII 4 
Area egeaKnossos 19  1
Area orientalenon id.1  
Non identificatanon identificato 32
 TOTALE16247592
Tabella 2. Tipi anforici negli allineamenti.

Risultano predominanti, tra le anfore adriatiche negli allineamenti, contenitori ascrivibili, per le caratteristiche morfologiche, alla cd. Dressel 6A, mentre più sporadicamente sono attestati esemplari dell’anfora progenitrice di transizione Lamboglia 2/Dressel 6A, nonché di Dressel 2-4 (Fig. 70).

Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo alla presenza di anfore adriatiche negli allineamenti (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Fig. 70. Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo alla presenza di anfore adriatiche negli allineamenti (elaborazione Lucilla D’Alessandro).

Con riguardo al contesto e agli allineamenti un elemento di novità apportato dallo studio delle anfore adriatiche è rappresentato dal contenitore presumibilmente bollato con data consolare (Figg. 13, 36). Tale datazione, se corretta ne è l’interpretazione, si riferisce al 39 d.C. Il reperto proviene da un allineamento di I fase del settore NE, di cui rappresentava una zeppa. La prima fase della discarica è stata datata a partire almeno dall’età tiberiana ed entro quella neroniana, quando il contesto avrebbe conosciuto una consistente ristrutturazione. In tale quadro il frammento con supposto bollo consolare potrebbe essere tanto pertinente al primo allestimento, la cui cronologia dovrebbe quindi scendere leggermente, quanto piuttosto a un risarcimento di poco successivo dell’allineamento.

… e scarichi

I dati ottenuti dalla revisione sistematica degli allineamenti sono stati confrontati con quelli relativi alla schedatura preliminare dei materiali (NR) degli scarichi, dei riempimenti e dei livelli di frequentazione primo-imperiale (dati preliminari Elena G. Lorenzetti e gruppo di lavoro), effettuata in corso di scavo (Figg. 71-75).

Il risultato è stato particolarmente interessante per la lettura del contesto, poiché in tali strati non si è affatto registrata la prevalenza dei contenitori adriatici, la cui percentuale nei livelli primo-imperiali resta costantemente compresa tra il 6 e il 12% dei frammenti anforari, in particolare tra il 9 e il 12% negli accumuli della discarica e nei relativi strati di obliterazione, toccando invece le punte più basse nella II fase N (deposito Dressel 20)1.

Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo alle percentuali di anfore nei livelli di prima fase. 6781 frammenti diagnostici 
(elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Fig. 71. Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo alle percentuali di anfore nei livelli di prima fase. 6781 frammenti diagnostici (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico 
relativo alle percentuali di anfore nei livelli di seconda fase S. 16664 frammenti diagnostici (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Fig. 72. Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo alle percentuali di anfore nei livelli di seconda fase S. 16664 frammenti diagnostici (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico 
relativo alle percentuali di anfore nei livelli di seconda fase N. 570 frammenti diagnostici 
(elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Fig. 73. Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo alle percentuali di anfore nei livelli di seconda fase N. 570 frammenti diagnostici (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: 
grafico relativo alle percentuali di obliterazione S. 3901 frammenti diagnostici 
(elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Fig. 74. Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo alle percentuali di obliterazione S. 3901 frammenti diagnostici (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: 
grafico relativo alle percentuali di anfore nei livelli di obliterazione N. 
1010 frammenti diagnostici (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Fig. 75. Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo alle percentuali di anfore nei livelli di obliterazione N. 1010 frammenti diagnostici (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Interpretazione delle presenze di anfore adriatiche nel contesto e confronti

Si deve pertanto affermare che le anfore degli allineamenti non siano rappresentative degli scarichi, ma siano state invece scelte in funzione di una qualche caratteristica, nel caso delle Dressel 6A presumibilmente la firmitas, ovvero la robustezza, qualità segnalata già nelle fonti antiche a proposito delle anfore adriatiche2. Il contesto rappresenta quindi un singolare caso di riuso dei contenitori fittili, finalizzato allo smaltimento di essi3.

Le peculiarità del sistema di allineamenti trovano riscontri in fornaci ceramiche, accomunate al nostro contesto dall’abbondanza di materiale, dalla necessità di gestire grandi quantità di rifiuti e dalla destinazione pratica degli apprestamenti4. Nel caso di Illa Fradera nel suburbium di Baetulo, contenitori da trasporto sono stati in parte utilizzati in allineamenti destinati a ripartire lo spazio, in parte messi in opera in veri e propri apprestamenti murari che, sebbene realizzati con anfore rovesciate, probabilmente per rispondere a esigenze di tipo pratico e sfruttarne al meglio le caratteristiche morfologiche, risultano molto simili ai nostri per la sovrapposizione in più ordini dei contenitori stessi e per la presenza di zeppe e argilla pressata tra un contenitore e l’altro. Sempre presso Baetulo, nella fornace di Can Peixau, sono stati rinvenuti allineamenti di anfore Pascual 1 rovesciate, con le anse ed i corpi tangenti, mutile o frammentarie, nessuna delle quali apparentemente rotta intenzionalmente, ma piuttosto in conseguenza degli scarichi di materiale, ricchissimi di scarti di fornace e concotti, che le coprirono. Per tali apprestamenti è stata proposta proprio una finalità di organizzazione degli spazi funzionali, in particolare di quelli destinati agli scarichi e ad altre attività della fornace.

Inoltre, per i veri e propri “muri di anfore” degli ambienti di II fase S non mancano esempi di analoghe forme di riutilizzo di contenitori da trasporto nella stessa area del Testaccio5: benché si tratti di strutture con caratteristiche tecniche e tipologiche in parte differenti, esse testimoniano il radicamento di una particolare sapienza costruttiva nel territorio.

Non bisogna infine dimenticare che è attestata in antico la prassi di sistemazione dei terreni mediante anfore6, anche organizzate in allineamenti7. Tale prassi può aver influito sulle scelte che hanno presieduto alla realizzazione della discarica nelle modalità già descritte8, contribuendo alla stabilizzazione dei terreni e al contempo smaltendo le ingenti quantità di rifiuti prodotte dai traffici commerciali.

Le anfore adriatiche del Nuovo Mercato: quantità…

Le anfore adriatiche in situ negli allineamenti sono state quindi inserite nel calcolo dei numeri minimi di individui, insieme ai frammenti recuperati nell’intera sequenza stratigrafica.

Come si è visto, questa scelta è discesa dalle condizioni di conservazione delle anfore negli allineamenti che si presentavano per lo più prive dell’orlo e di altre parti tipologicamente significative, presumibilmente rimescolate agli altri materiali, a causa dei numerosi rimaneggiamenti che il sistema sembra aver subito nel corso del tempo9. Elemento di prova di tale circostanza è rappresentato dal fatto che taluni frammenti di orlo provenienti da unità stratigrafiche diverse presentino identiche caratteristiche morfologiche e tecniche e attacchino tra loro; inoltre, si segnalano la costanza degli indici percentuali delle anfore adriatiche nelle fasi primo-imperiali, sino ai livelli di obliterazione, e la presenza delle diverse forme di orlo individuate in tutti i livelli esaminati, evidenti indizi di rimescolamento. Il calcolo del numero minimo di esemplari, effettuato sulla base di precise scelte metodologiche, dopo una lunga attività di classificazione e di esame macroscopico degli impasti, ha restituito un panorama definito (Fig. 76), peraltro in linea di massima coerente con le presenze di anfore adriatiche negli allineamenti10. In tale quadro paiono prevalere i contenitori vinari sugli oleari ed essere assenti le anfore adriatiche da pesce11.

Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo alle anfore adriatiche nell’intera sequenza stratigrafica (elaborazione Lucilla D’Alessandro).
Fig. 76. Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: grafico relativo alle anfore adriatiche nell’intera sequenza stratigrafica (elaborazione Lucilla D’Alessandro).

Se i dati quantitativi relativi agli allineamenti e alla stratigrafia nella sua interezza inducono a pensare ad una presenza residuale delle forme più antiche (Lamboglia 2, ovoidali e brindisine), sostanzialmente confermando la datazione della discarica ad epoca primo-imperiale, già espressa sulla base della ceramica fine e comune12, resta da sottolineare, a livello qualitativo, la grande varietà morfologica riscontrata per l’anfora Dressel 6A, maggiormente rappresentata nel contesto. Nonostante ciò, un dato è l’apparente assenza di contenitori Dressel 6A di produzione nord-italica, riscontrabile anche a livello epigrafico, dove emergono i materiali medio-adriatici. La varietà può considerarsi dunque espressione di un artigianato i cui manufatti, immediatamente riconoscibili rispetto a quelli di altri ambiti, erano assai poco standardizzati al proprio interno.

… e qualità

A tal proposito pare plausibile che vi fossero tradizioni differenti legate a specifiche officine o distretti produttivi, come suggerirebbero i dati sulle fornaci di Marina di Città Sant’Angelo (PE), presumibilmente ricadenti nell’estremo lembo meridionale del territorio dell’antica Hatria / Atri, le cui produzioni a Roma sono attestate al Nuovo Mercato e nelle collezioni dei Mercati di Traiano. In tal caso, grazie anche alle osservazioni e alle analisi condotte sui frammenti dell’atelier, si è raggiunto il risultato di una caratterizzazione archeometrica e, al contempo, morfologica ed epigrafica, che rappresenta un buon punto di partenza per il confronto con altri distretti produttivi adriatici.

I risultati sinora raggiunti dalle analisi sembrano dunque incoraggianti nella misura in cui i dati archeometrici riescono a intersecare quelli epigrafici e morfologici e a individuare e caratterizzare specifiche produzioni13, superando in parte la genericità tradizionalmente attribuita agli impasti adriatici e fornendo dei parametri di lettura della varietà riscontrata nelle forme anforiche.

Valutazione globale

I dati raccolti in seguito a una più accorta valutazione quantitativa e qualitativa dei reperti adriatici del settore NE del Nuovo Mercato costringono a ridimensionare le valutazioni espresse in lavori preliminari14. Quando ancora non era stato esaminato per intero il contesto oggetto di questo lavoro e mancava il confronto con le altre produzioni anforarie presenti, si era infatti avanzata l’idea che al Nuovo Mercato Testaccio fossero rappresentate importazioni di vino dall’area adriatica più consistenti di quelle ipotizzate sulla base della bibliografia precedente.

I dati ricavati dal nostro contesto di studio, confrontati con quelli relativi ad altri ambiti urbani e ostiensi sostanzialmente coevi, hanno evidenziato alcune tendenze omogenee negli indici di presenza generali e hanno confermato il panorama delle importazioni dall’Adriatico delineato sulla base della letteratura archeologica precedente. Sembra infatti comprovata, come si è visto, la prevalenza di contenitori vinari sugli oleari e in particolare la presenza maggiormente incisiva di Dressel 6A.

Nel nostro caso certamente le attestazioni, in termini di quantità assolute, sono più significative che negli altri ambiti esaminati, poiché ad esempio le presenze delle anfore Dressel 6A sono state calcolate in 401 esemplari (NMI2bis)15, contro i 97 totali degli altri contesti urbani e ostiensi in un lasso di tempo compreso all’incirca tra l’età augustea e quella antonina. Il dato va però interpretato alla luce della natura stessa del contesto in esame: la pertinenza dell’area dell’attuale Nuovo Mercato Testaccio alla zona portuale, nevralgica per l’approvvigionamento urbano, e l’interpretazione delle fasi primo-imperiali del settore NE come discarica di materiale anforario e laterizio, suggeriscono che di necessità le presenze di contenitori da trasporto siano qui maggiori che altrove. A tal proposito, si confronti la situazione riscontrata negli strati associati alla costruzione e all’abbandono dell’horreum medio-imperiale del settore W. Vi sono stati infatti rinvenuti grandi quantitativi di contenitori da trasporto in frammenti, tra cui predominano le anfore cretesi: 8731 frammenti da limitati contesti stratigrafici dell’edificio, corrispondenti a 832 esemplari, di cui 240 provenienti dall’unica cella (amb. I) completamente indagata16. Gli importanti indici di presenza riscontrati per questi contenitori al Nuovo Mercato hanno indotto in prima istanza a una rivalutazione delle importazioni di vino cretese a Roma, ma sono stati altresì ascritti a una fortissima selezione del materiale precedente alla formazione del deposito archeologico, che lascia ipotizzare la presenza, nelle vicinanze, di discariche organizzate e specializzate17. Si conferma pertanto come sia necessario considerare con particolare cautela la documentazione, soprattutto nel momento in cui dall’analisi del deposito archeologico si passi alla ricostruzione dei relativi consumi, poiché alla creazione degli accumuli di rifiuti possono presiedere molteplici fattori, quali il “riutilizzo” o la presenza di specifiche attività produttive o commerciali, in grado di condizionare la composizione degli accumuli stessi18.

Nel nostro caso, si è già rilevato come le anfore adriatiche, in specie Dressel 6A, prevalgano negli allineamenti primo-imperiali del settore NE, per la costruzione dei quali sono state probabilmente scelte, mentre siano decisamente meno rilevanti negli accumuli che a quegli allineamenti si appoggiano. In generale, la presenza di anfore adriatiche sembrerebbe più evidente nei contesti urbani e ostiensi in cui tali contenitori sono riutilizzati per apprestamenti di varia natura, ad esempio nel deposito  di Longarina 219. D’altronde in letteratura20 si era già rilevata la significatività dei contenitori adriatici nelle sistemazioni di carattere idrogeologico e geotecnico tra la metà del I sec. a.C. e il principio del II d.C.

A tale visibilità contribuisce il fatto che si tratti di contenitori frequentemente bollati (se ne veda la presenza in CIL XV, 2), dato che conduce a un altro punto di forza della ricerca, le informazioni desumibili dal corredo epigrafico delle anfore, in particolare dai numerosi bolli rinvenuti. Iscrizioni dipinte e graffiti rientrano pienamente nel panorama delle attestazioni note e confermano, segnatamente i tituli, alcuni dati di interesserelativi al contenuto delle anfore e a eventuali fenomeni di riutilizzo.

Corredo epigrafico

I marchi ricorrono per lo più su contenitori attribuibili al tipo Dressel 6A, cui si riferiscono 115 su 139 reperti bollati considerati ai fini di questo studio21; si noti che 53 bolli, di cui 36 su Dressel 6A, provengono da contesti topografici o cronologici del Nuovo Mercato diversi da quello di riferimento in questo lavoro (livelli antichi del settore NE). Calcolando un numero minimo di esemplari pari a 401 Dressel 6A, la proporzione tra i contenitori timbrati e quelli privi di marchio è di 79:401, ovvero di 1:5 (20% ca.), non dissimile da quella verificata per le anfore Dressel 6B in alcuni contesti delle fornaci croate di Loron, pur differenti per natura e per omogeneità dei depositi (dati Y. Marion)22.

Si contano inoltre un bollo su Lamboglia 2, 12 su Dressel 2-4 e due su anfore a fondo piatto per quanto riguarda i contenitori vinari, mentre sono stati recuperati tre bolli su brindisine, uno su possibile ovoidale e cinque su Dressel 6B con riferimento ai contenitori oleari. Un marchio (inv. 2285; cfr. Fig. 52), inizialmente attribuito – sulla base di valutazioni epigrafiche e morfologiche, ma dubitativamente per l’impasto – ad anfora brindisina, deve essere invece escluso per il fatto di essere stato apposto su un contenitore di altra produzione, come suggeriscono le indagini archeometriche.

Per i marchi rinvenuti sono stati per lo più individuati dei confronti, con l’eccezione dei bolli di seguito elencati, al momento non altrimenti noti.

  • Lamboglia 2:

ER

  • Dressel 6A:

M.A“MV*”[
C.C
P.C.T“HE”
CI*[]I*P*
]L*OIEN / ]FID
A.Q.BE**
[]CC.AVG*.II** / RVBRIAE.PF.F // “HD”
SVLL“AE”
]EC

  • Dressel 2-4:

M.R
“THIB”R“IDI”S“ER”[

Oltre ai reperti del tutto nuovi già elencati, sono rappresentati dei bolli che non risultavano precedentemente attestati a Roma.

Si tratta in tutto di 33 nuovi marchi per l’area urbana, esclusi quelli anepigrafi, di cui 12 apparentemente sconosciuti ad oggi anche altrove. I bolli nel loro complesso si presentano sull’orlo, sulla spalla o sul collo delle anfore, in lettere cave prive di cartiglio, più raramente in rilievo entro cartiglio e/o sull’ansa.

Caratteristiche tecniche dei bolli

Sono tutti in rilievo entro cartiglio i bolli su brindisine, Lamboglia 2, cui appartiene un unico marchio, e Dressel 6B. Con riferimento alle Dressel 6A, invece, sono in rilievo entro cartiglio solo 30 marchi su 115, 13 dei quali figurano su ansa: questi ultimi sono tutti attribuibili alle produzioni dei Rubrii, ben caratterizzate dal punto di vista morfologico, epigrafico e archeometrico23. Sono in lettere cave infine tutti i bolli su Dressel 2-4 e anfore a fondo piatto.

Alle lettere cave si accompagnano talvolta segni che potrebbero sembrare soprallineature o riquadrature simili a cartigli, ma in via d’ipotesi possono essere piuttosto considerati tracce del punzone utilizzato per eseguire la bollatura, imputabili alla mancata uniformità nell’impressione. Molto frequenti, infatti, sono i casi in cui la punzonatura risulta essere stata effettuata in maniera approssimativa, con pressione non uniforme o con marchi piuttosto usurati. Caratteristiche simili sono state già notate a proposito della bollatura delle produzioni di Firmum Picenum24.

Lo studio delle anfore romane di Oderzo (TV)25 ha dimostrato che nella antica Opitergium la bollatura in lettere cave senza cartiglio si diffonde sui contenitori adriatici, in specie sulle Dressel 6A picene, a partire dall’età augustea, divenendo esclusiva in epoca tiberiana26. Si deve tuttavia segnalare che le caratteristiche tecniche di un marchio possono essere legate a consuetudini specifiche, come parrebbe dimostrare il caso di Rubria, figlia di P. Rubrius Barbarus, praefectus Aegypti sotto Augusto, ed erede in tutto o in parte delle attività produttive paterne: ella infatti continua, nella tradizione del padre, a bollare i contenitori da trasporto Dressel 6A in lettere a rilievo entro cartiglio in epoca ormai pienamente giulio-claudia. 

Onomastica e problemi connessi

I marchi contengono, per esteso o abbreviati, elementi onomastici di personaggi di varia condizione giuridica. Sono rappresentati prevalentemente tria nomina, cui seguono elementi onomastici unici, generalmente cognomina e/o nomi servili, raramente gentilicia. Meno frequenti, rispetto a tria nomina e nomina singula, le attestazioni di nomi costituiti da formule bimembri. I personaggi che bollano le anfore risultano pertanto prevalentemente ingenui o liberti, anche in considerazione del fatto che l’attestazione di un unico elemento onomastico non è necessariamente spia di una condizione servile: in tal senso parrebbe orientare a titolo d’esempio l’associazione del bollo in caso genitivo, BARBARI al marchio in caso nominativo C“AD”MVS (inv. 1213). Tale associazione configura – indipendentemente dall’identificazione del dominus, su cui si tornerà – un rapporto di dipendenza di Cadmus da Barbarus, essendo tuttavia entrambi identificati a mezzo di un solo elemento onomastico. Parimenti, il Barbul(a) fermano potrebbe essere un dominus, sebbene identificato a mezzo del solo cognomen, cui si associa un personaggio di condizione libertina individuato da tria nomina. L’interpretazione del marchio resta tuttavia piuttosto critica e assai dibattuta in letteratura.

Estendendo le osservazioni svolte sui doppi bolli e in particolare sul marchio BARBARI // C“AD”MVS, si potrebbe tendenzialmente riconoscere nei bolli su Dressel 6A e Dressel 2-427 in cui compaiono nomi al genitivo un’indicazione onomastica riferibile a domini28, tanto più che, anche qualora i personaggi non siano identificabili o lo siano in via di ipotesi, nei marchi in questione figurano prevalentemente cognomina latini, alcuni dei quali non radicati in ambiente servile e libertino e anzi espressione di circoli aristocratici. Tale supposizione, rafforzata dall’uso del nominativo nel marchio cmCALAIS, contrasta tuttavia con la proposta di lettura effettuata, per il bollo EVNI / TRAVLI su Dressel 6A e per quello “THIB”R“IDI”SER[ su Dressel 2-4, nonché con le ipotesi interpretative del marchio RVBRI // CADMI. In questo momento, pare dunque di poter ricavare dai bolli su anfore adriatiche soltanto un uso tendenziale e non costante dei casi.

Alcuni marchi, inoltre, presentano varianti non solo paleografiche (a titolo d’esempio THB), ma anche onomastiche, come quelli attribuibili a L. Tarius Rufus, in cui talvolta ricorre l’indicazione di prenome e gentilizio, talaltra la formula onomastica completa di cognome.

Struttura produttiva delle officine

I marchi esaminati danno infine conto anche della struttura produttiva delle officine, in specie nell’area medio-adriatica cui si riferisce, come si vedrà, la gran parte delle testimonianze29. Piuttosto interessanti risultano i già citati casi di doppia bollatura, quali ad esempio BARBARI // C“AD”MVS, B“AR”B“VL” // C. I“VL”.POLY, che lasciano intravvedere l’articolazione interna della struttura produttiva, in cui al dominus sono sottoposti o collegati gli officinatores, di condizione servile o libertina30. Come già chiaramente illustrato per le manifatture brindisine31, il raggiungimento della soglia epigrafica indica un livello di distinzione per questi personaggi che, anche qualora schiavi, potevano rivestire una funzione manageriale, ora in diretta dipendenza da un dominus, ora in regime di maggiore autonomia imprenditoriale.

Un dato di interesse è inoltre rappresentato dal fatto che gli stessi bolli compaiano su contenitori di tipo diverso – destinati a veicolare anche derrate differenti probabilmente provenienti dallo stesso territorio o ambito produttivo – oppure simile ma con caratteristiche morfologiche e/o tecniche diverse, nonché che siano attestati in un certo numero di varianti (a titolo d’esempio THB). Le testimonianze epigrafiche esprimono dunque la complessità di una produzione, i cui caratteri, comunque sfuggenti, sembrano orientare verso un’elevata articolazione delle attività.

Sulla base di prove indiziarie le attività manifatturiere potrebbero essere considerate, limitatamente ad alcuni specifici casi e contesti, distinte da quelle agricole, come attestato anche in altre realtà territoriali32. Tale ipotesi è stata formulata per l’agro di Fermo, dove la ricerca topografica ha evidenziato la presenza di fornaci di laterizi connesse all’uso privato di ville e fattorie, mentre non ha individuato manifatture di anfore altrettanto capillarmente diffuse33. Da indagare, inoltre, è il rapporto tra un entroterra segnato da ville e fattorie e vocato a una ricca attività produttiva di olio e soprattutto di vino34 e il “distretto industriale” individuato tra le foci del Piomba e del Saline in provincia di Pescara35. In tale area, connessa all’approdo Ad Salinas, sembra concentrarsi la produzione anforaria, ma da un lato tale situazione può riflettere lo stato delle nostre conoscenze, dall’altro le attività manifatturiere sono di lungo periodo e le strutture non sono state indagate completamente, né sono state approfondite le diverse fasi produttive (talvolta indiziate solo dai contenitori) in rapporto al territorio e alle presenze circostanti, anche a causa dell’intensa urbanizzazione. Nel caso di L. Tarius Rufus, personaggio ben noto dai bolli su reperti anforari le fonti sottolineano esplicitamente, infine, l’investimento in attività agricole.

Geografia della produzione

Con riguardo alla geografia produttiva, i dati epigrafici, confrontati con quelli archeometrici, hanno consentito di localizzare in area medio-adriatica alcune delle produzioni attestate nel contesto in esame, in particolare le tre serie bollate, su cui sono state condotte le analisi petrografiche e chimiche. Si è preferito non ripercorrere in sede di conclusioni le riflessioni archeologiche, epigrafiche e prosopografiche sui singoli bolli che in massima parte già riconducevano al Piceno e per le quali si rimanda alle schede; si è scelto piuttosto di fare appello al dato archeometrico, ricordando che i criteri del campionamento – ovvero prelievo di tutti gli impasti distinguibili macroscopicamente da frammenti che permettessero considerazioni morfologiche e rappresentassero le principali varianti di bolli – consentono di estendere le considerazioni valide per i campioni analizzati almeno alle tre serie dei Rubrii, di Barbula e di T. Helvius Basila. Si tratta di 75 bolli su 139, tra Dressel 6A e Dressel 2-4, ovvero:

  • 15 marchi della serie dei Rubrii;
  • 15 di Barbula / C. Iul(—) Poly(—), di cui 4 su Dressel 2-4;
  • 45 di T. Helvius Basila.

A tali serie si possono aggiungere, sulla base delle medesime analisi e col conforto del dato storico-archeologico e prosopografico, i bolli di L. Tarius Rufus (4 reperti)36, le Dressel 2-4 a marchio “THIB”R“IDI”S“ER”[ (4 reperti)37, l’anfora Dressel 6A con bollo Q.NINNI / SECVNDI e quella a marchio VOLC. I risultati sono coerenti con quelli di analisi chimiche effettuate su reperti con bolli analoghi38.

Si può dunque affermare che:

  1. le anfore sicuramente o quasi sicuramente picene prevalgono tra le adriatiche nel contesto in esame, come già riscontrato sulla base delle osservazioni morfologiche e metrologiche;
  2. non risulta contraddetto il quadro distributivo tracciato dalla letteratura archeologica in particolare per le Dressel 6A, dovendosi peraltro escludere la presenza al Nuovo Mercato di contenitori di questa tipologia attribuibili su base archeometrica e/o prosopografica ad area settentrionale39 e potendosi invece notare come il panorama delle attestazioni del contesto sia coerente con il quadro urbano, nella qualità e nella quantità percentuale delle produzioni adriatiche, in particolare medio-adriatiche, testimoniate;
  3. viene aggiunto un tassello cronologico alla conoscenza delle Dressel 6A picene dal bollo di Rubria con possibile datazione consolare al 39 d.C.
Personaggi

Con riguardo al primo punto, ben nota è l’attenzione per il Piceno della classe dirigente augustea, considerato che le guerre sociali e civili avevano già coagulato interessi politici, militari ed economici nell’area. Si è già accennato al ruolo di Pompeo Magno nel decollo economico del Piceno. Questi aveva ereditato possedimenti e clientele nella regione dal padre Pompeo Strabone, peraltro protagonista delle operazioni militari condotte tra Asculum e Firmum nel corso della guerra sociale. Dopo la morte di Cesare, la città di Fermo era stata promotrice di una raccolta di denaro tra i municipi italici, in sostegno della lotta del Senato contro Antonio40. La temporanea riconciliazione all’interno del partito cesariano, tra Ottaviano e Antonio, determinò tuttavia che dopo Filippi (42 a.C.) la città fosse colpita da confische territoriali e che vi venisse dedotta una colonia triumvirale41, con catastazione di centurie da 200 iugera42 e conseguente modellazione del paesaggio e dell’insediamento43.

Nel nostro contesto figurano alcuni bolli su Dressel 6A riferibili a personaggi di rango, più o meno direttamente in rapporto con Augusto o con la sfera di influenza augustea, di seguito identificati44:

  • P. Rubrius Barbarus, praefectus Aegypti nel 13/12 a.C.;
  • C. Caristanius Fronto, appartenente all’élite della colonia augustea di Sutrium in Etruria;
  • T. Quinctius Crispinus Valerianus, pretore nel 2 a.C., console suffetto del 2 d.C., poi curator locorum publicorum iudicandorum sotto Tiberio, frater et magister Arvalium;
  • L. Tarius Rufus, praefectus classis di Augusto ad Azio e console suffetto nel 16 a.C.

Appartengono inoltre con buona probabilità a un’élite senatoria implicata nelle attività produttive in area adriatica, tra l’età augustea e quella neroniana, i personaggi di seguito citati, i cui nomi figurano nei marchi su alcune Dressel 6A del Nuovo Mercato:

  • Barbula;
  • C. Caesius Nasica;
  • T. Helvius Basila;
  • Sulla.

Esteso almeno sino all’età domizianea risulta l’arco cronologico dei bolli sicuramente o probabilmente senatorii su Dressel 2-4, riferibili ai seguenti personaggi:

  • Barbula, presente come si è visto anche su Dressel 6A;
  • T. Palfurius Sura;
  • Regulus.

È rappresentata inoltre tra le anfore Dressel 6A del Nuovo Mercato Testaccio l’attività femminile45. I bolli su questi contenitori restituiscono nel complesso l’onomastica di 35 persone implicate a vario titolo nella produzione anforaria, di cui 24 sono con certezza o buona probabilità uomini e solo due donne46; in particolare si tratta di Rubria e Safinia Picens o Picentina.

Di recente stilato con riferimento all’Italia romana tra il II-I sec. a.C. e l’età severiana, il catalogo prosopografico delle donne (175) coinvolte a vario titolo nell’attività produttiva di opus doliare, già comprendeva Rubria47 e Safinia Picens o Picentina48. Si evidenzia tuttavia che Rubria era stata censita in relazione alla produzione laterizia e doliare mentre il marchio anforario resta al momento un unicum e consente di inserire il personaggio tra quelli per cui è documentata un’attività polivalente e una pluralità di investimenti49. Anche nel caso di Safinia è stato introdotto un elemento di novità: sulla base della ricognizione delle attestazioni dei bolli da una parte e di una più puntuale ricerca onomastica dall’altra, è stato possibile escludere per la donna il cognomen Picena e proporre, sebbene solo in via di ipotesi, Picentina, da preferire a Picens. I marchi di Rubria e Safinia Picentina sono riconducibili, per confronto con l’industria laterizia, a dominae che detengono la proprietà dell’attività produttiva e la responsabilità del prodotto finito50. Con riguardo alla datazione, l’attività di Safinia Picentina è riferibile all’età augustea e il bollo di Rubria riporta presumibilmente la data consolare del 39 d.C. I marchi si collocano pertanto nel momento di generale incremento della presenza femminile nell’attività produttiva sulla base della documentazione epigrafica esistente51. Per quanto riguarda la geografia delle produzioni, per il bollo di Safinia Picentina paiono orientare verso l’ambito medio-adriatico l’esame macroscopico del frammento del Nuovo Mercato, le caratteristiche tecniche del marchio e la distribuzione commerciale dei contenitori, nonché le analisi petrografiche, mineralogiche e chimiche note dalla letteratura archeologica; sembra inoltre acclarata sulla base delle indagini archeometriche condotte nell’ambito di questo studio la pertinenza dell’anfora bollata da Rubria all’area produttiva Ad Salinas nel Piceno meridionale. Cresce dunque con quest’ultimo personaggio, da tre a quattro, il numero delle produttrici donne documentate per la regio V Picenum52. Per Rubria è certa infine l’appartenenza a una famiglia di ordine equestre, in seno alla quale è avvenuto l’avvio dell’attività, presumibilmente per eredità. Inoltre il marchio è associato a quello dell’officinator o del conductor della figlina, lasciandone intravvedere la struttura organizzativa. Ad ogni modo, sebbene le informazioni siano numerose, non è possibile evidenziare delle specificità per le attività a gestione femminile, come del resto già rilevato sulla scorta della documentazione generale53.

Quadro di sintesi

In conclusione, le anfore vinarie medio-adriatiche in epoca primo-imperiale paiono connesse a figure di grandi possidenti, appartenenti a famiglie illustri originarie dell’area o che vi avevano acquisito delle proprietà in funzione di rapporti politici o legami sociali54. Va inoltre emergendo nella ricerca archeologica il ruolo di una zona già nota dalle fonti per l’importante tradizione vitivinicola (grand cru), ovvero Hatria, nel Piceno meridionale (attuale Abruzzo), il cui agro e gli immediati dintorni si segnalano per la produzione di contenitori per il trasporto del vino55. Tali anfore sono attestate nell’Urbe anche al di fuori del Nuovo Mercato Testaccio.

I consumi di Roma, anche se in misura molto più limitata rispetto a quanto si ipotizzava al principio delle indagini al Nuovo Mercato, paiono dischiudersi all’Adriatico in particolare da Augusto in poi: i contenitori vinari tardo-repubblicani Lamboglia 2 sembrano infatti meno rappresentati nei rinvenimenti urbani e ostiensi, sempre che tale situazione non sia imputabile a una lacuna nelle nostre conoscenze. Attorno al princeps si annodano molti dei legami politici, talvolta acclarati, talatra ipotetici o intuibili, dei personaggi che bollano le anfore Dressel 6A, filiazioni delle Lamboglia 2, in ambito medio-adriatico. È stato dunque evidenziato56 un rapporto tra l’élite senatoria ed equestre vicina al centro del potere e le importazioni urbane, attribuendo ai grandi personaggi riconoscibili dai marchi anforari un ruolo nell’approvvigionamento di Roma e nel rifornimento delle dimore aristocratiche, degli amici e dei clientes, in una dinamica articolata tra autoconsumo e commercializzazione. Purtroppo i dati del Nuovo Mercato Testaccio, sia relativi ai tituli che agli opercula dei contenitori, non consentono di approfondire il tema della diffusione e distribuzione dei prodotti adriatici, forse affidate a specifici attori come parrebbe indiziare la ricerca sui Rubrii e T. Helvius Basila.

Con riguardo al sistema di circolazione si rileva come i contenitori adriatici, notoriamente inseriti in un complesso sistema di scambi transmarini57, giungessero via mare a Roma e siano presenti a Ostia e Portus58, benché in maniera più evidente, come già si diceva, nei contesti in cui sono riutilizzati per apprestamenti di varia natura.

Nel suo complesso l’indagine sui contenitori adriatici del Nuovo Mercato Testaccio fornisce spunti interessanti, aprendo nuovi interrogativi su aspetti di storia economica e sociale di Roma e dell’Italia in epoca alto-imperiale: la conoscenza del porto dell’Urbs, il ruolo di alcune merci nei consumi della città, l’origine picena della maggior parte delle anfore adriatiche rinvenute e l’implicazione di grandi personaggi nelle attività produttive.

Notes

  1. Frammenti diagnostici: I fase 848 su 6781 totali; II fase S 1538 su 16664; II fase N 33 su 570; obliterazione S 458 su 3901; obliterazione N 117 su 1010. Per l’epoca medio e tardo-imperiale, mancano i dati di confronto della schedatura preliminare (non sistematizzata, né informatizzata), pertanto si può solo registrare che le presenze di anfore adriatiche (per lo più Dressel 6A residuali) decrescono sensibilmente (224 frammenti per la stratigrafia superstite dell’edificio a pilastri e 104 per la relativa obliterazione) rispetto alle fasi primo-imperiali nel loro complesso.
  2. Si segnala peraltro che le anfore impilate rinvenute in crollo e forse pertinenti a un alzato dei “muri d’anfore” sono per lo più Knossos 19 e affini, contenitori meno robusti delle Dressel 6A adriatiche, il cui peso a vuoto pare aggirarsi intorno ai 10 kg (Auriemma 2000, pp. 33-34, nt. 11).
  3. Cfr. per il tema del riutilizzo la sintesi contenuta in Coletti & Diosono 2019, pp. 679-709.
  4. Antequera et al. 2010, pp. 180-187, 196-199.
  5. Bertoldi 2011, pp. 110-115; Meneghini 1985, pp. 438-439.
  6. Sulle sistemazioni ad anfore Mazzocchin 2013, pp. 51-59 (con bibliografia precedente). Restano fondamentali i volumi curati da Stefania Pesavento sui contenitori da trasporto d’età romana a Padova (Pesavento Mattioli 1992) e sugli aspetti tecnici e topografici delle bonifiche e dei drenaggi ad anfore in epoca antica (Pesavento Mattioli 1998a).
  7. Allinne 2007, pp. 67-84; Vecchione 2010, pp. 24-37.
  8. Nel caso del Nuovo Mercato l’esistenza di problematiche connesse al regime idrico è testimoniata dall’horreum medio-imperiale occidentale. Le fondazioni a vista in reticolato dell’edificio vennero infatti interrate da poderose colmate di materiale laterizio e ceramico, per elevare il piano di calpestio di circa 1,50 m, proteggendo l’horreum dalle inondazioni del Tevere e provvedendo al drenaggio del terreno. Lo scavo e la rimozione degli interri hanno causato diversi allagamenti nel periodo delle indagini. Per il settore NE, la presenza dei veri e propri ambienti con muri d’anfore e di una viabilità interna potrebbe denunciare la necessità di rendere in qualche modo praticabile la zona, almeno nella seconda fase di vita della discarica (II fase S).
  9. Per quanto concerne i fondi, tuttavia, essi potrebbero essere stati rilavorati prima della messa in opera dei contenitori.
  10. Se si assume il numero di anfore adriatiche in situ come elemento di confronto per il calcolo del NMI nell’intera sequenza stratigrafica, presupponendo la provenienza dei frammenti presenti negli accumuli della discarica dagli allineamenti stessi e di quelli rappresentati nei livelli medio e tardo-imperiali dalla stratigrafia sottostante, il metodo 2 (in particolare NMI2bis) sembra, sulla base dei risultati il più idoneo a valutare l’effettiva quantità di esemplari rappresentati nel contesto esaminato. Tale valutazione risulta opportuna in particolare per le Dressel 6A, che per lo più costituiscono gli allineamenti e presentano particolari condizioni di conservazione mentre è meno puntuale per altre tipologie di contenitori, la cui presenza non è tuttavia altrettanto significativa nel contesto.
  11. Si veda l’orlo inv. 411, US 249, simile alle anforette adriatiche da pesce di tipo Grado 1 e tuttavia di dimensioni maggiori (Fig. 32.1).
  12. Sulle difficoltà di datazione delle sistemazioni ad anfore Mazzocchin 2013, p. 59.
  13. Cfr. nel merito e nel metodo Maritan et al. 2019, pp. 203-210; Cipriano et al. 2020, pp. 103-120.
  14. Cafini & D’Alessandro 2010, pp. 93-100.
  15. Poiché la capacità media di un’anfora Dressel 6A è pari a 40 l ca. (Rizzo 2003, p. 204), il volume delle importazioni restituito dal settore NE del Nuovo Mercato Testaccio corrisponde ad almeno 16040 l di vino. In assenza di confronti diretti, ovvero relitti di Dressel 6A, si può soltanto stimare che si tratti di una quantità di vino molto inferiore a quella (ca. 30050 l) trasportata in epoca più o meno contemporanea da una nave a dolia, quale il Gran Ribaud D (Hesnard et al. 1988, pp. 37-39, 141). Si ringrazia M. Brigitte Carre per il confronto e i relativi calcoli.
  16. Casaramona et al. 2010, pp. 113-122; Tempesta 2010, pp. 189-200. In questi contesti le anfore cretesi sono il 76,6% dei contenitori da trasporto con una preponderanza del tipo AC1 che rappresenta da solo il 64% dell’intero panorama anforico. I dati, parziali ma in via d’integrazione, sarebbero, secondo le colleghe, comparabili sia per quantità assoluta che relativa con contesti dell’isola di provenienza. Un ulteriore confronto viene dalle anfore africane tardo-repubblicane e primo-imperiali del settore NE del Nuovo Mercato, in corso di studio da parte della collega Alessia Contino: esse sono rappresentate da 656 esemplari.
  17. Tali osservazioni sono tanto più interessanti se si considera che le anfore erano riciclabili e che sembrerebbe attestata nel porto fluviale di Roma un’attività di smistamento dei contenitori in esubero (Rodriguez Almeida 2000, p. 125; Rodriguez Almeida 1984, p. 97).
  18. Manacorda 2000, in particolare pp. 72-73.
  19. Si veda anche la diga ad anfore costituita da almeno 1439 contenitori (prevalentemente anfore vinarie adriatiche Dressel 6A), messa in luce per un km ca. nell’agro portuense. Prossima alle Saline e databile tra età augustea e metà del I sec. d.C., la diga valorizzava i contenitori ceramici per l’attitudine alla stabilizzazione dei terreni e alla gestione dei regimi idrici in aree ricche d’acqua (Morelli et al. 2011, pp. 261-285).
  20. Peña 2007, p. 183.
  21. Doppi bolli riferiti ad un solo oggetto, quando è stato possibile verificare tale appartenenza, sono stati contati una sola volta.
  22. Lo spazio del sondaggio 13, in particolare, è stato colmato essenzialmente di parti superiori di contenitori Dressel 6B bollati da Sisenna, già rotti in antico; in questo caso su 278 orli, 59 presentavano un marchio, in una proporzione leggermente superiore a 1/5. Nel riempimento della cave 31, invece, tutti i bolli, con l’eccezione di uno CRISPINILL, sono di MESCAE e si è stimato che i frammenti privi di marchio presenti siano, per la morfologia degli orli convessi e piuttosto massicci, della stessa produzione; in tal caso la proporzione tra le anfore bollate e quelle prive di marchio è però di 1/3.
  23. Tutti i bolli su ansa di Dressel 6A sono attribuibili a queste figlinae, ma non tutti i bolli di queste figlinae sono su ansa (cfr. invv. 1404, 3097).
  24. Brecciaroli Taborelli 1984, p. 80.
  25. Cipriano & Ferrarini 2001, p. 54.
  26. Tale tipo di bollo su contenitori adriatici è tuttavia altrove attestato già nella prima metà del I sec. a.C. (a titolo d’esempio Auriemma et al. 2008, pp. 171, 173, fig. 96 per il bollo SPE).
  27. Per quanto riguarda le altre tipologie anforarie, non si dispone al momento di un campione altrettanto ampio e significativo.
  28. Cfr. Manacorda 2012e, p. 478 per Giancola (BR).
  29. Sulla complessità nell’interpretazione dei ruoli su base epigrafica e sulla ricca casistica individuata nei bolli su opus doliare Braito 2020, pp. 15-24.
  30. Zaccaria 1989, pp. 473-474; si rimanda per la discussione dei casi alle schede epigrafiche.
  31. A titolo d’esempio Manacorda 2012e, pp. 478-481.
  32. Per una sintesi dei diversi modelli di integrazione tra attività agricole e manifatturiere a partire dall’agro di Brindisi Manacorda 2012, pp. 527-528.
  33. Pasquinucci & Menchelli 2002, p. 460; Menchelli & Ciuccarelli 2009. Si confronti a titolo d’esempio la produzione anforaria nel territorio di Cosa in età tardo-repubblicana su cui da ultimo Romeo et al. 2021, pp. 463-474; Romeo et al. 2022, pp. 214-217: sulla base dei dati a disposizione pare possibile ipotizzare una scissione tra produzione agricola e manifatturiera con impianti dislocati lungo le grandi vie di comunicazione marittime e terrestri e un unico caso di atelier connesso a una villa rustica in località La Parrina (Valle dell’Albegna). È probabile che i grandi proprietari dell’entroterra possedessero anche gli impianti di cui potevano parimenti servirsi produttori minori; l’ipotesi alternativa è che vi fosse un’autonoma categoria imprenditoriale impegnata nella manifattura ceramica. Non è da escludere tuttavia la coesistenza delle due circostanze.
  34. Staffa 2004, pp. 54-58.
  35. Staffa 2003, pp. 119-132; Staffa 2008, pp. 143-150; D’Alessandro et al. in corso di stampa.
  36. Le analisi hanno riguardato un solo bollo, inv. 2290, ma si crede di poter estendere il risultato, in quanto pienamente coerente con i dati delle fonti sul personaggio.
  37. Le analisi hanno riguardato due reperti su quattro (invv. 2632 e 3115), ma le caratteristiche macroscopiche dei frammenti e degli impasti fanno propendere per l’omogeneità della serie.
  38. Maritan et al. 2019, pp. 203-210.
  39. Sono invece in via d’ipotesi ascrivibili all’arco adriatico settentrionale i contenitori Dressel 2-4 a marchio TPALFVRI.SVRAE e Dressel 6B L.CORNE“AM”ICI, mentre al brindisino sono riconducibili le ovoidi bollate L.PVBLIC.IVC“VND” e L.“AL”B“ID“AMAE”, quest’ultima in particolare attribuibile alla fornace di La Rosa. Si segnala inoltre l’impasto 36, attestato per le forme NMT_AAD O22 e O18, entrambe Dressel 6B, che trova confronto a livello macroscopico nelle fornaci di Loron. Tali anfore rappresentano tuttavia produzioni minoritarie nel nostro contesto.
  40. Cic., Phil. VIII 8, 23.
  41. Liber coloniarum I, 226, 9-10.
  42. Polverini 1987, pp. 29-46.
  43. Pasquinucci & Menchelli 2002, pp. 457-463. Costituiscono una chiara evidenza degli interessi della classe dirigente, le grandi ville (distanti almeno 1,5 km l’una dall’altra e dotate di lussuosa pars urbana) individuate dalla ricognizione topografica nell’ager Firmanus, le quali, datandosi a partire dal I sec. a.C., presentano una significativa concordanza cronologica con l’avvio della produzione di anfore Lamboglia 2, mentre, nello stesso ambito territoriale, le Dressel 6A paiono strettamente connesse al paesaggio modellatosi a seguito della deduzione di una colonia in età triumvirale. Il territorio venne infatti occupato, dalla fine del I sec. a.C., da fattorie di una certa dignità architettonica, meno prestigiose delle ville precedenti, per le quali il fossile-guida è rappresentato proprio dalle Dressel 6A.
  44. L’identificazione dei personaggi è in alcuni casi quasi certa, in altri plausibile. Sono stati citati in questo primo elenco i soli esempi in cui si sia rilevato un legame più o meno diretto con l’ambito augusteo e siano attestati dall’epigrafia anforaria almeno due elementi onomastici.
  45. Si ripercorrono le riflessioni estesamente presentate in D’Alessandro in corso di stampa a. Tale attività è documentata anche per le Dressel 6B (vd. supra, p. 44).
  46. Occorre tuttavia precisare con riguardo al numero di donne attestate quanto rilevato in generale, vale a dire che le abbreviazioni onomastiche potrebbero celare una parte delle attestazioni (Braito 2020, pp. 45-46).
  47. Braito 2020, pp. 254-256.
  48. Braito 2020, pp. 267-268.
  49. Braito 2020, pp. 34-36.
  50. Braito 2020, pp. 26-27.
  51. Braito 2020, pp. 36-42.
  52. Braito 2020, pp. 90. Nel calcolo era compresa Safinia Picentina, ma non Rubria la cui produzione laterizia era invece collocata nell’ager di Narnia oppure tra Interamna e Carsulae.
  53. D’Alessandro in corso di stampa a.
  54. Da approfondire in questo contesto è il ruolo degli Iulii attestati nell’epigrafia anforaria, per cui si è cautamente ipotizzata l’appartenenza alla familia Caesaris o la discendenza da essa (Cipriano & Mazzocchin 2016, pp. 234-236), ancorché in un contesto proprietario e produttivo estremamente intricato. L’ipotesi dell’esistenza di interessi di un tale livello nel Piceno, indiziata dalle attestazioni di liberti imperiali, potrebbe essere rafforzata proprio dalla presenza in questa zona di famiglie senatorie, attirate dai forti interessi economici in gioco.
  55. Tale ruolo era stato già messo in valore da A. Tchernia (Tchernia 1986, pp. 167-168, 348-349), ben prima degli scavi recenti e dei nostri studi archeometrici e prosopografici (D’Alessandro et al. in corso di stampa), sulla base delle fonti e di sporadici rinvenimenti.
  56. Tchernia 1986, pp. 191-193; cfr. Whittaker 1989, pp. 537-539. Sono elementi da valutare in tal senso la quantità delle importazioni, stimata non eccessiva, e la qualità del vino (grand cru).
  57. Auriemma & Silvestrelli 2013, pp. 439-453. 
  58. Morelli et al. 2011, pp. 261-285.
ISBN html : 978-2-35613-442-4
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EAN html : 9782356134424
ISBN html : 978-2-35613-442-4
ISBN pdf : 978-2-35613-444-8
Volume : 23
ISSN : 2741-1818
Posté le 21/03/2025
19 p.
Code CLIL : 3385; 4117
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Comment citer

D’Alessandro, Lucilla, “Nuovo Mercato Testaccio: contributo alle prospettive di ricerca sulle anfore adriatiche”, in : D’Alessandro, Lucilla, Anfore adriatiche a Roma: I dati del Nuovo Mercato Testaccio, Pessac, Ausonius éditions, collection PrimaLun@ 24, 2025, 275-294, [en ligne] https://una-editions.fr/contributo-alle-prospettive-di-ricerca-sulle-anfore-adriatiche [consulté le 22/03/2025].
doi.org/10.46608/primaluna24.9782356134424.10
Illustration de couverture • Nuovo Mercato Testaccio, settore NE, livelli primo-imperiali: ambiente di seconda fase (amb. 1), anfore Dressel 1 (foto Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma).
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