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L’impiego di nuove tecniche digitali per la lettura delle iscrizioni: un esempio di disegno automatico dal modello 3D e un’applicazionevirtuale della RTI

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Premessa

Nelle operazioni di rilievo, inteso in senso generale, i migliori risultati si ottengono dalla stretta integrazione di tecniche diverse, ognuna con le sue peculiarità e il proprio grado di precisione: così nel rilievo topografico che, con l’ingresso delle nuove tecnologie, vede l’impiego coordinato di Total Station, ricevitori satellitari e fotogrammetria oppure nel rilievo architettonico o archeologico con l’integrazione di misure dirette ed indirette, scanner laser e fotogrammetria di prossimità. Allo stesso modo il rilievo epigrafico trae grande giovamento dall’impiego sinergico e coordinato delle vecchie metodiche manuali1 e delle nuove tecnologie2, sempre in continua evoluzione e con frequenti aggiornamenti3. Non ha molto senso istituire graduatorie di importanza tra le diverse tecniche, contribuendo ognuna con la propria specificità al risultato finale. Solo in rari casi di emergenza si può ricorrere a metodi semplificati, introducendo qualche approssimazione4. Il risultato migliore deriva dalla stretta integrazione tra l’osservazione diretta dell’iscrizione e le ispezioni e le elaborazioni su modelli 3D ottenuti applicando le nuove tecnologie al rilievo epigrafico5.

In passato il rilievo delle iscrizioni, dopo un preliminare eidotipo schizzato sul carnet di appunti (pratica sempre attuale e consigliabile anche oggi, utilissima per appuntare una prima lettura, le misure dell’iscrizione, la natura del supporto e utili osservazioni sul contesto) prevedeva l’utilizzo di pochi metodi di calco diretto:

  • calco a secco (frottage) su carta da schizzi sottile con qualche variante nell’esecuzione: matite o bastoncini di grafite sfregati manualmente, polvere di grafite distribuita con tamponi di garza, fogli di carta carbone pressati con ruvida tela di juta6. Il calco aveva le dimensioni dell’originale, ma la qualità era legata al tipo di pietra e allo stato di conservazione perché per sua natura incapace di distinguere gli elementi intenzionali (i solchi delle lettere, i segni di interpunzione, le linee di preparazione) da quelli accidentali (scheggiature, alveoli, abrasioni ecc.). Aveva da un lato il grande vantaggio della rapidità di esecuzione, ma soprattutto poteva evidenziare anche deboli solchi poco evidenti all’osservazione diretta, sia perché così già in origine come le linee di preparazione, sia a causa della consunzione nel tempo. Dall’altro limitava fortemente il controllo critico al momento dell’esecuzione, obbligando ad una fase di revisione dei particolari. Purtroppo non consentiva la registrazione di informazioni sul fondo del solco delle lettere. Questo aspetto ha condizionato negativamente per molto tempo la modalità di restituzione grafica (lettere con campiture nere anche per i solchi di sezione triangolare, quindi senza il disegno dello spigolo vivo al fondo);
  • calco a umido con carta da filtri: il calco aveva le dimensioni dell’originale, salvo una leggera contrazione durante l’asciugatura e registrava in modo permanente anche il fondo dei solchi. Veniva eseguito adagiando sulla pietra preventivamente bagnata uno o più fogli di carta del tipo privo di colla. Con un pennello bagnato si picchiettava la superficie cercando di farla aderire in tutti i punti, anche all’interno delle lettere. Ad essicazione avvenuta il foglio poteva essere staccato e arrotolato senza difficoltà. Poteva conservarsi indefinitamente. Per la restituzione grafica però era necessario ricalcare il bordo delle lettere dal lato a contatto con la pietra, operando “al rovescio”;
  • apografo su pellicola trasparente fissata in modo stabile sul pezzo, servendosi talvolta di un particolare dispositivo7. Il calco grafico veniva effettuato seguendo fedelmente con grande attenzione il contorno delle lettere a mezzo di pennarelli indelebili a punta superfine. Dato lo spessore minimo della pellicola e la sua cedevolezza alla pressione esercitata dalla punta scrivente, la mano avvertiva la sensazione tattile del bordo dei solchi ed era, in un certo senso, come guidata dalla risposta data dalla pietra. Con l’esperienza si raggiungeva una perfetta integrazione tra la sensazione tattile e la coordinazione occhio-mano. Il metodo ha giustamente avuto una larga diffusione. Poiché non consisteva nella registrazione passiva delle informazioni, obbligava a sciogliere i dubbi sul momento, selezionando i soli elementi necessari. Il principale svantaggio nei confronti degli altri metodi era costituito dai tempi di esecuzione più lunghi. Per alcuni si tratterebbe di una pratica non oggettiva, quasi priva di scientificità a motivo della percentuale di soggettività introdotta dal rilevatore-disegnatore per cui si dovrebbe privilegiare la sola rappresentazione fotografica, l’unica a riprodurre “oggettivamente” le iscrizioni. Questa proposizione è nulla più che un infondato pregiudizio e non vale discuterne oltre. La fotografia non è un atto oggettivo, anche quando si pone finalità di documentazione. Essa è stata e rimane uno strumento utilissimo nel rilievo epigrafico quando utilizzata con consapevolezza e soprattutto in stretta integrazione con gli altri metodi. Le fotografie digitali che hanno sostituito quelle di tipo analogico sono diventate oggi fondamentali per lo sviluppo delle tecniche fotogrammetriche di tipo automatico.

Il rapido excursus sui metodi tradizionali di rilievo diretto delle iscrizioni, impiegati per lungo tempo, non ha il carattere di rievocazione storica, né ha intenti nostalgici. Del resto le stringenti norme di tutela dei beni archeologici indirizzano verso metodi di calco indiretto. Serve invece per evidenziare similitudini e punti di contatto con gli attuali metodi di rilievo indiretto resi possibili dall’adozione delle nuove tecnologie. La famiglia dei calchi diretti, di cui il calco a umido con la carta da filtri è il componente più economico e rapido, è stata sostituita dai modelli digitali in tre dimensioni, ottenuti con metodi anche molto diversi tra di loro: la fotogrammetria degli oggetti vicini o close range photogrammetry, di tipo automatico Structure from Motion (SfM)e il 3D scanning eseguito con strumenti laser o a luce strutturata.

I modelli 3D che si ottengono hanno il grande vantaggio di poter essere misurati, ruotati nello spazio virtuale, ingranditi per una migliore ispezione, illuminati con fasci di luce provenienti dalle direzioni più convenienti, variamente manipolati ad es. sezionandoli quando necessario oppure srotolandone la superficie come nel caso dei miliari, utilizzati per ricavarne disegni metricamente corretti ed infine condivisi a distanza con la più larga platea di soggetti interessati8. La possibilità di trasferire sulla superficie dei modelli la consistenza materica (texture) degli oggetti completa l’operazione di sostituzione pressoché integrale della realtà col suo modello virtuale. Tuttavia nel caso di iscrizioni con le superfici variamente degradate o ricoperte da agenti biologici risulta invece utile e, talvolta, decisivo poter esplorare il modello privato della colorazione della nuvola di punti9 e della texture, ma solo con i toni neutri del grigio. Questa è una prima similitudine con i calchi di carta. Dal modello 3D può essere ricavato (questo è un altro punto in comune con le vecchie metodiche) il disegno bidimensionale. Si arriva ora al nocciolo della questione: una volta che tutti gli studiosi interessati siano in possesso del modello 3D, ci si potrebbe legittimamente chiedere se abbia ancora un senso ricavarne un disegno che qualcuno potrà sempre definire non oggettivo, quindi privo di valore. Ma ogni disegno, qualsiasi disegno di una realtà tridimensionale, è una “riduzione” del continuo al discreto operata da un “soggetto” che seleziona i soli punti e linee che ritiene necessari. Operazione di riduzione della realtà, non certo di impoverimento, non banale e non priva di rischi, da condurre con criteri scientifici. Purtroppo manca ancora un corpus di convenzioni grafiche studiato specificamente per le necessità epigrafiche e condiviso da tutti che possa uniformare le rappresentazioni grafiche come da molto tempo è stato fatto per altri ambiti del disegno. Altri strumenti a disposizione dell’epigrafista per comunicare il suo personale punto di vista, per il momento, non ne vediamo.

Ho l’onore di presentare in questa sede una breve sintesi delle innovazioni introdotte nell’ambito della collaborazione con i Dipartimenti umanistici dell’Università di Sassari, analizzando due esempi emblematici: nel primo caso si tratta del celebre cippo di Forum Traiani in Sardegna, che indistintamente tutti gli editori avevano collocato nell’età di Caracalla e Geta Augusti10, ma che va anticipato di una quarantina di anni, con Marco Aurelio e Commodo con il nome di quest’ultimo eraso ma non reinciso; il che ha conseguenze significative sul governo provinciale della Sardinia provincia imperiale anche nel corso dell’età degli Antonini. Nel secondo caso, studiato per iniziativa del Laboratorio di Epigrafia per l’Archeologia, si tratta della dedica a Nettuno Augusto effettuata a Thignica in Africa Proconsolare, durante l’età di Gallieno con la XIII potestà tribunicia, il cui nome è completamente eraso assieme a quello di Cornelia Salonina. Siamo negli anni immediatamente successivi alla cattura di Valeriano da parte dei Persiani e nell’anno della deductio ex forma di una parte di nuovi coloni arrivati nell’area oltre la Fossa Regia.

L’oggetto n. 1

Cippo altare rinvenuto nel 1995-1996 all’interno del complesso delle grandi terme romane di Fordongianus (OR), in tenera ignimbrite locale, rozzamente modanato e dedicato alle Ninfe per la salus del governatore della Sardinia Q. Baebius Modestus (AE, 2001, 1112). Il monumento è in buono stato di conservazione, le lettere sono nitidamente incise e ancora presentano tracce di rubricatura (fig. 1).

Il cippo altare da Fordongianus. Foto A. Ibba.
Fig. 1. Il cippo altare da Fordongianus. Foto A. Ibba.

La problematica

L’eccellente conservazione del monumento e il disegno già pubblicato sembravano rendere superflua ogni ulteriore analisi. Tuttavia l’interpretazione fino allora data del nome eraso, lasciava spazio a qualche dubbio. Per questo motivo l’attenzione si è concentrata sulla damnatio del secondo imperatore alla fine della linea 4 che era stato interpretato come Geta, elemento che permetteva di datare il testo al 211 d.C., nel breve lasso di tempo intercorso fra la morte di Settimio Severo e l’assassinio del suo secondogenito. A condizionare la lettura dei primi editori (fig. 2) furono probabilmente la prima lettera, marginalmente interessata dall’erasione e intesa come una G, e il tratto superiore della terza lettera, facilmente interpretabile come i bracci di una T. In realtà se la prima lettera poteva essere alternativamente intesa come una C o una G, la seconda lettera, normalmente interpretata come E, mostra superiormente un tratto curvilineo, ben distinguibile e privo di riscontri con quelli delle altre E presenti nel testo, tutte fra loro molto simili: dato il contesto, si tratta invece senza ombra di dubbio di una O. A queste osservazioni si aggiunga che gli stessi bracci della supposta T sono troppo rigidi rispetto a quelli ondulati e brevi delle altre T presenti nel resto dell’iscrizione ed infine che la lacuna finale AE avrebbe dovuto occupare uno spazio ridotto rispetto alla superficie erasa11.

Disegno con la lettura del nome di Geta.
Fig. 2. Disegno con la lettura del nome di Geta.

Sulla base di queste considerazioni si è cominciato a ragionare su una restituzione alternativa che, per la presenza di ANTONINO, non poteva che essere [[COMMOD]]. Verso questa interpretazione ci spingono infatti (fig. 3) sia i tratti evidenti delle prime due lettere, sia quelli meno percepibili, ma leggibili sulla pietra con l’uso della luce radente, delle lettere OD e delle aste della seconda M, finora interpretati come parte di una A. Per quanto riguarda la presunta T, l’asta potrebbe in realtà appartenere ad una M (rimangono visibili tracce anche dell’altra asta montante nella parte superiore); i supposti bracci invece sembrano con molta evidenza essere stati prodotti dal tagliente trasversale della martellina usata dal lapicida. Il probabile uso di questo utensile per l’erasione è giustificato dalla natura del supporto (ignimbrite), molto più tenero di molti calcari, basalti o graniti: si può notare in questo caso come questo solco, così anomalo rispetto a quello delle altre T, abbia invece un andamento straordinariamente parallelo a quello delle altre tracce della scalpellatura ed è quindi più verosimilmente frutto della lavorazione effettuata per eradere il testo, secondo il tipico modus operandi di un operaio che scalpelli una superficie lapidea impugnando una martellina12. Nella porzione di superficie interessata dall’erasione bisogna distinguere quindi le parti residue dei solchi delle lettere (ricavati presumibilmente con una unghietta) dalle tracce tra loro parallele lasciate dall’impatto del tagliente della martellina. La superficie rimanente è irregolare e dovuta al distacco di scaglie, più o meno grandi, della pietra.

Particolare dell’erasione. Foto G. Oppo.
Fig. 3. Particolare dell’erasione. Foto G. Oppo.

Le soluzioni adottate e i risultati

Un modello digitale 3D della base fu realizzato nel mese di dicembre 2014 con l’uso del laser scanner brandeggiabile Creaform HandyScan. Tuttavia, a causa di settaggi della risoluzione non appropriati, il modello 3D privo di texture non si era rivelato utile, né suscettibile di ulteriori sviluppi13.

Nell’esempio presentato il modello virtuale tridimensionale è stato realizzato con tecniche di fotogrammetria automatica del tipo “Structure from Motion”(SfM), struttura dal movimento, una tecnica appartenente al campo della computer vision, la visione artificiale. Quest’ultima tende a riprodurre la vista umana mediante l’interpretazione automatica del contenuto delle fotografie. Si tratta di un insieme di processi che hanno lo scopo di creare modelli approssimati della realtà tridimensionale a partire da immagini bidimensionali. La Structure from Motion è analoga alla visione biologica che ricostruisce la struttura tridimensionale degli oggetti a partire dalle immagine retiniche14. Muovendosi nell’ambiente reale gli oggetti intorno si muovono, quindi le informazioni sulla struttura 3D sono ottenute da immagini in movimento. Nel mondo virtuale l’individuazione automatica di punti caratteristici necessaria per mettere in correlazione le foto avviene per mezzo di diversi algoritmi. Nel caso in esame il dato di partenza è costituito da un set di 128 foto digitali dell’iscrizione, che sono state elaborate col software Agisoft Metashape Pro. Ne è risultata una nuvola densa di oltre 51 milioni di punti da cui poi è stato ricavato un DEM (Digital Elevation Model) di circa 4,5 milioni di facce. Dal modello complessivo del monumento è stato estrapolato un modello parziale relativo alla sola zona interessata dall’erasione di cui mostriamo sinotticamente la mesh15 nella visualizzazione wire-frame, il modello solido e il modello ombreggiato (fig. 4). Queste elaborazioni non costituiscono però il risultato finale ma solo il punto di partenza di altre che ci proponiamo di descrivere nel seguito.

Elaborazioni del modello 3D: 1. Mesh o modello a filo di ferro; 2. Modello solido; 3. Modello ombreggiato.
Fig. 4. Elaborazioni del modello 3D: 1. Mesh o modello a filo di ferro; 2. Modello solido; 3. Modello ombreggiato.

L’ortomosaico (fig. 5)

Ortofoto dal modello 3D.
Fig. 5. Ortofoto dal modello 3D.

Si tratta di una particolare elaborazione che restituisce una foto perfettamente rettificata e con punto di vista all’infinito, esente da deformazioni prospettiche. Non è una foto semplicemente raddrizzata: la si può ottenere infatti solo se si dispone di un modello matematico della superficie dell’oggetto e di molte foto prese da differenti punti di vista. Una volta messa in scala costituisce la base ideale per ottenere il disegno dell’iscrizione.

Il disegno elettronico

Nella pratica, servendosi di una tavoletta grafica16 e di un software CAD17, si può disegnare sull’ortomosaico in formato vettoriale ricalcando con la penna attiva direttamente la forma delle lettere come un tempo si ricavavano gli apografi su pellicola trasparente. La differenza sostanziale con la classica esecuzione dell’apografo è costituita dal fatto che si perde la risposta tattile della pietra nei confronti della punta scrivente. In compenso con la tecnica digitale c’è il vantaggio di poter ingrandire a piacimento i particolari col solo limite dato dalla risoluzione dell’immagine digitale. Si ottengono così disegni metricamente corretti, (fig. 6) caratterizzati dalla flessibilità di trattamento grafico ai diversi ingrandimenti richiesti, cosa non possibile con i disegni in formato raster18.

Disegno vettoriale dell’iscrizione.
Fig. 6. Disegno vettoriale dell’iscrizione.

Il DEM (Digital Elevation Model)

Il modello digitale della superficie dell’iscrizione può risultare utilissimo per ulteriori elaborazioni. In questo caso, in stretta analogia alle rappresentazioni cartografiche, è stata ricavata una restituzione “a curve di livello” del settore interessato dall’erasione. Le curve di livello19, (fig. 7) di equidistanza ridottissima, consentono di apprezzare la diversa profondità dei solchi delle lettere, quella dei colpi assestati dalla martellina impiegata per l’erasione, distinguendole da quelle della superficie di distacco delle scaglie in conseguenza di tale operazione. Si noti come è possibile leggere l’iscrizione senza che un solo tratto risulti opera di un disegnatore. Questo elaborato può essere considerato una sorta di disegno “automatico”, passando dal continuo al discreto senza l’intervento “soggettivo” di un disegnatore e superando così le obiezioni mosse in passato sulla mancanza di “obiettività” dell’apografo su pellicola trasparente per il rilievo delle iscrizioni.

Restituzione a curve di livello.
Fig. 7. Restituzione a curve di livello.

Il DEM colorato (fig. 8)

Digital Elevation Model a falsi colori.
Fig. 8. Digital Elevation Model a falsi colori.

Si tratta di una elaborazione del DEM a falsi colori dove i toni più caldi corrispondono ai punti più elevati e quelli più freddi corrispondono a quelli più bassi. Risulta molto efficace per restituire visivamente in modo molto intuitivo la profondità dei solchi delle lettere, in questo caso abbastanza uniforme a cui si contrappone la scalpellatura, irregolare e localmente più profonda.

Con specifici programmi di grafica 3D20 (fig. 9) è possibile rielaborare ed esaltare alcune caratteristiche dei modelli virtuali a seconda delle esigenze di studio. Nell’esplorazione delle superfici delle iscrizioni risulta molto utile poter indirizzare fasci di luce virtuale nelle zone di interesse con le inclinazioni e le direzioni di provenienza più adatte a favorire la visibilità dei solchi. L’esplorazione della superficie di modelli privati della texture e anche della colorazione dei punti si rivela efficacissima nel caso di superfici dove siano presenti macchie di colore, non importa di quale origine, che possono essere confuse con l’ombra dei solchi delle lettere.

Ombreggiatura virtuale a luce radente con Mesh Lab.
Fig. 9. Ombreggiatura virtuale a luce radente con Mesh Lab.

Si possono ricavare poi degli snapshot, ossia delle istantanee bidimensionali dei modelli rielaborati. Ne conseguono vantaggi per lo studioso, che può evitare di tornare sul luogo di conservazione per ulteriori ricerche, e per il reperto, che non deve essere sottoposto a continue manipolazioni.

L’oggetto n. 2

Iscrizione monumentale proveniente dal santuario delle acque, poi Aedes Neptuni a Thignica (attuale Aïn Tounga, Tunisia) contenente la dedica all’imperatore Gallieno e a sua moglie Salonina21. L’iscrizione, in origine collocata probabilmente sopra l’architrave della porta di ingresso della cella del santuario si compone di due blocchi di lunghezza sensibilmente differente. Il secondo – il più corto – risulta spezzato secondo un piano orizzontale in due frammenti esattamente combacianti. La titolatura è stata erasa con l’impiego di una piccozza, ma non così accuratamente, tanto che è ancora possibile intravederne le lettere22.

La problematica

I due blocchi iscritti giacciono separati tra di loro a breve distanza dal monumento, su di un terreno leggermente in pendenza. Il primo si trova rovesciato rispetto alla giacitura che aveva nel monumento. La posizione è assolutamente sfavorevole per l’applicazione in situ della particolare tecnica che si intende utilizzare, né è possibile movimentare i blocchi a causa del loro peso (si stimano circa 1,1 tonnellate per il primo blocco e 0,6 tonnellate per il secondo) senza l’intervento di mezzi meccanici.

La soluzione adottata e i risultati

Una tecnica sempre più utilizzata per la documentazione dei Beni Culturali è la Reflectance Transformation Imaging (RTI) dovuta ai ricercatori di Hewlett-Packard Labs23, tramite Polynomial Texture Mapping (PTM)24. Il software che abbiamo utilizzato per l’applicazione della RTI è stato sviluppato da “CHI25. La RTI è un metodo di fotografia computazionale per l’acquisizione della forma e del colore della superficie degli oggetti. Le immagini digitali dell’oggetto da rilevare vengono scattate da un unico punto di vista, ma a ciascuna di esse corrisponde una fonte di luce proveniente da direzioni e con angolazioni incidenti sempre diverse. Conseguentemente le ombre prodotte sono variabili. Un software di visualizzazione26 consente di riprodurre sullo schermo del computer l’illuminazione secondo le direzioni e gli angoli desiderati, evidenziando dettagli non altrimenti visibili ad una esplorazione diretta. Ogni immagine RTI, infatti, è solo apparentemente bidimensionale: essa contiene invece informazioni sulla riflettanza27 derivanti dalla forma del soggetto che vengono condensate in ogni singolo pixel insieme all’informazione sul colore. Nel momento in cui l’utilizzatore interrogherà l’immagine, ogni pixel sarà in grado di riflettere la luce a seconda della direzione richiesta, offrendo spunti percettivi che possono risultare superiori alla manipolazione di un modello 3D. L’acquisizione delle immagini per soggetti di non grande dimensione viene effettuata normalmente utilizzando cupole rigide o analoghi dispositivi che allo stesso tempo fanno da supporto alle sorgenti di luce puntiforme (normalmente vengono impiegati LED di potenza a luce bianca) e allo stesso tempo impediscono l’ingresso della luce dall’esterno. Un apposito dispositivo di sincronizzazione luce-scatto fotografico rende abbastanza veloce l’intero processo.

Tuttavia sia per la posizione sul terreno, sia per le dimensioni ed il peso dei blocchi che rendono difficoltoso il loro spostamento, oltre alla difficoltà di isolare il soggetto dalla luce ambiente naturale, si è preferito optare per una soluzione alternativa. La tecnica RTI è stata applicata sperimentalmente in modo totalmente virtuale. Anziché sull’oggetto reale, si è operato separatamente sui modelli 3D dei due blocchi realizzati con la tecnica della fotogrammetria degli oggetti vicini del tipo SfM. Le foto necessarie da processare con la RTI sono state quindi ottenute dai modelli utilizzando una fonte di illuminazione anch’essa virtuale sistemata di volta in volta in punti prestabiliti.

Ecco una sintetica esposizione delle diverse fasi:

sono stati preliminarmente realizzati con la fotogrammetria image based i modelli 3D dei due blocchi dell’iscrizione. Al modello solidoè stata applicata la texture fotorealistica. Ogni modello così creato è stato trasportato in uno “studio” virtuale costituito dall’ambiente del software open source di modellazione tridimensionale “Blender28. Lo scopo era di replicare virtualmente ciò che avviene nell’applicazione della tecnica RTI nel mondo reale: l’oggetto è sostituito dal modello 3D fotorealistico; la cupola rigida è replicata non nella sua consistenza materica, ma nel solo reticolo geometrico indispensabile per fissare le sorgenti luminose nella posizione corretta. Non è necessario infatti isolare l’oggetto dalla luce ambiente dato che si ha un controllo totale delle luci. La “cupola” emisferica (fig. 10) di dimensioni adeguate al blocco iscritto è costituita, utilizzando una metafora geodetica, da 16 “semi-meridiani” equidistanti e una serie di 6 “paralleli” equidistanti a partire da 15 gradi fino a 65 gradi di “latitudine” ai cui incroci sono state fissate le sorgenti di illuminazione spot (alternativamente 3 per ogni quarto di meridiano, nella figura rappresentate da pallini rossi). La camera da presa è stata posta in corrispondenza del “polo nord”, con direzione normale alla superficie iscritta del blocco posta centralmente sul piano “equatoriale”. Il dimensionamento della cupola è in funzione della grandezza dell’oggetto: questo non deve superare il 25-30 % del diametro della cupola per la buona riuscita del procedimento. A lato del modello 3D del blocco sono state poste due sfere di colore nero e dalla superficie lucida riflettente, in perfetta analogia al caso reale. Ciò affinché, dopo la sessione di acquisizione, il software RTI Builder usato per l’elaborazione possa ricavare la direzione di provenienza della luce di ogni foto mediante la traccia da essa prodotta sulla superficie lucida delle sfere. Ogni istantanea scattata con una sola fonte di luce proveniente da una direzione sempre diversa è costituita da un render del modello 3D (fig. 11).

Gli elementi della RTI riprodotti nell’ambiente del software Blender.
Fig. 10. Gli elementi della RTI riprodotti nell’ambiente del software Blender.
Render fotorealistico del secondo blocco iscritto, ottenuto con Blender.
Fig. 11. Render fotorealistico del secondo blocco iscritto, ottenuto con Blender.

I 48 diversi render ottenuti per sessione sono stati elaborati con RTI Builder come se si trattasse di immagini scattate dal vero. Al termine del processo sono possibili svariate elaborazioni avendo la facoltà di variarne i parametri. Nella fig. 12 raccogliamo alcuni dei risultati che possono essere ottenuti con una visualizzazione mediante RTI Viewer. La migliore elaborazione, tra le diverse possibili, soprattutto ai fini dell’esecuzione del successivo disegno dell’iscrizione è risultata essere quella denominata “specular enhancement”. L’amplificazione delle ombre che si ottiene, dato che nella stessa immagine coesistono ombre relative a direzioni multiple della luce, unita a una resa della superficie iscritta priva di texture può risultare decisiva nella decifrazione di iscrizioni di difficile lettura. Le immagini prescelte (fig. 13) sono state importate in un software idoneo per la vettorizzazione manuale29. Dopo averla opportunamente scalata, utilizzando una tavoletta grafica30 è stato ricavato il disegno31 (fig. 14) come se si stesse operando sull’oggetto reale. Nell’operazione di disegno vettoriale si aveva la possibilità di confrontare l’immagine su cui si lavorava con altre dello stesso oggetto diversamente elaborate. Oppure era possibile visualizzare contemporaneamente l’iscrizione su un secondo schermo con RTI Viewer, variando in tempo reale la direzione della luce radente per evidenziare meglio i particolari da disegnare (fig. 15).

 Elaborazioni del secondo blocco ottenute con RTI Builder:
1. Specular enhancement; 2. Luminance unsharp masking; 3. Image unsharp masking; 4. Specular enhancement (con utilizzo di parametri differenti da 1).
Fig. 12. Elaborazioni del secondo blocco ottenute con RTI Builder: 1. Specular enhancement; 2. Luminance unsharp masking; 3. Image unsharp masking; 4. Specular enhancement
(con utilizzo di parametri differenti da 1).
Elaborazione “specular enhancement” dell’iscrizione completa, utilizzata per il disegno.
Fig. 13. Elaborazione “specular enhancement” dell’iscrizione completa, utilizzata per il disegno.
Disegno vettoriale dell’iscrizione.
Fig. 14. Disegno vettoriale dell’iscrizione.
 Particolare del disegno dell’area erasa.
Fig. 15. Particolare del disegno dell’area erasa.

Questo procedimento è senz’altro utile quando per svariati motivi non c’è la possibilità di una applicazione diretta della tecnica in situ. Per contro esso richiede tempi di elaborazione sensibilmente più lunghi.

Conclusioni

La fotogrammetria degli oggetti vicini è un utilissimo strumento nello studio delle iscrizioni, consentendo di ottenere modelli tridimensionali fotorealistici con facilità e a basso costo. Ci sono casi però dove può risultare decisivo esplorare il modello 3D privo di colorazione e texture. La RTI risulta invece preziosa nell’analisi e nell’interpretazione dei testi epigrafici quando è importante osservare come la luce interagisce con la superficie iscritta e come si comportano la riflettanza e la texture. In entrambi i casi presi in esame sono stati utilizzati modelli 3D ottenuti con la fotogrammetria SfM .

Nel primo caso abbiamo mostrato alcune delle elaborazioni possibili dei modelli digitali che possono risultare utili nella lettura delle iscrizioni. Ci sembra importante avere, in casi particolari, la possibilità di ricavare un disegno automatico dell’iscrizione.

Nel secondo caso è stata proposta l’applicazione in modo totalmente virtuale della RTI. Il risultato assolutamente soddisfacente dell’esperimento ne incoraggia l’uso nei casi in cui risulti impossibile l’applicazione della modalità normale.


Riferimenti bibliografici

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Notes

  1. Ganga 1997.
  2. Sechi et al. 2015.
  3. Mastino & Ganga 2020.
  4. Ganga et al. 2021.
  5. Aounallah et al. 2019.
  6. Di Stefano Manzella 1987, 30.
  7. Ganga 1997, 358.
  8. Comte & González Bordas (à paraître); vedere anche il contributo degli stessi autori a questo volume, 20-21.
  9. Sulla nuvola di punti (point cloud, nuage de points), si veda Comte & González Bordas in questo volume, 16, n. 23.
  10. Serra & Bacco 1998; AE 1998, 671; Zucca 2003.
  11. La scoperta è stata effettuata su segnalazione del compianto Giuseppe Oppo.
  12. La martellina è caratterizzata da due taglienti opposti all’impugnatura, dei quali uno parallelo al manico di legno, l’altro ortogonale. Nell’uso indifferente dell’uno o dell’altro, i colpi assestati in rapida successione per cancellare le lettere lasciano sulla pietra tracce pressoché parallele tra di loro.
  13. Per superare queste difficoltà di recente la Scuola Archeologica Italiana di Cartagine (SAIC) si è dotata di uno scanner brandeggiabile a luce strutturata, di ultima generazione, che permette di ottenere modelli 3D completi di texture.
  14. Si può supporre grossolanamente infatti che l’occhio si comporti come una macchina fotografica. La metafora può risultare fuorviante perché non esistono immagini statiche nella visione. I continui movimenti e micromovimenti saccadici dell’occhio sono di frequenza variabile e sottendono angoli visuali di ampiezza variabile Si tratta in realtà di un meccanismo biologico estremamente complesso.
  15. Sulla mesh(maillage, malla) si veda in questo volume Comte & González Bordas, 16, n. 24 e Triguero, 66.
  16. È stata usata una tavoletta Wacom Cintiq Pro 16 con strumento di puntamento Pro Pen 2.
  17. Software Autodesk Autocad. È stata utilizzata la funzione “schizzo” a mano libera, per il disegno di polilinee. I parametri relativi all’incremento nella acquisizione dei segmenti della polilinea e alla tolleranza dipendono dalla risoluzione dell’immagine utilizzata, per cui non è possibile dare indicazioni generali. Le polilinee sono state arrotondate trasformandole in spline.
  18. Dal tedesco: griglia. Le immagini sono composte da una griglia di quadratini, i pixel. Ingrandendo l’immagine si ingrandiscono i pixel e l’immagine perde di qualità. Nei disegni vettoriali invece le primitive geometriche (punti, linee) sono definiti da funzioni matematiche, i vettori. Possono essere facilmente manipolati senza che la qualità cambi con l’ingrandimento dell’immagine.
  19. Le curve di livello sono le linee che uniscono i punti di uguale distanza verticale rispetto a un piano di riferimento. L’equidistanza tra due curve adiacenti corrisponde alla differenza di quota.
  20. MeshLab_64bit_fpv 2020.07, Visual Computing Lab, ISTI-CNR.
  21. Ruggeri & Ganga 2020, 73-91.
  22. Mastino 2018, 181-200.
  23. Malzbender et al. 2001. Vedere Comte & González Bordas in questo volume, 11.
  24. Zhang & Drew 2014.
  25. RTI Builder vers. 2.0.2 GPL – V3.0 liberamente scaricabile da https://culturalheritageimaging.org/ (consultato il 31/10/2023). “CHI” (Cultural Heritage Imaging) è una organizzazione no profit che sviluppa software e favorisce l’adozione di pratiche di imaging digitale con lo scopo di preservare e proteggere il patrimonio culturale.
  26. RTI viewer 1.1.0 liberamente scaricabile da https://culturalheritageimaging.org/ (consultato il 31/10/2023).
  27. É la misura della frazione di radiazione luminosa incidente che viene riflessa da una superficie.
  28. La versione 2.78 di Blender disponibile al momento (2016).
  29. Al momento (2016) si disponeva del software di raddrizzamento fotografico con CAD integrato Giotto Plus-Trace 4.0.2012.
  30. Tavoletta Wacom Graphite mod. ET-0405-U con area di lavoro da 4×5”. Questo tipo di tavolette grafiche obbliga a tracciare il disegno con la penna attiva su di un’area di lavoro abbastanza ristretta senza un riscontro diretto, dovendo controllare sullo schermo del computer la traccia prodotta.
  31. Mastino 2018, 186.
ISBN html : 978-2-35613-546-9
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EAN html : 9782356135469
ISBN html : 978-2-35613-546-9
ISBN pdf : 978-2-35613-548-3
Volume : 27
ISSN : 2741-1818
18 p.
Code CLIL : 4117
licence CC by SA
Licence ouverte Etalab

Comment citer

Ganga, Salvatore, “L’impiego di nuove tecniche digitali per la lettura delle iscrizioni: un esempio di disegno automatico dal modello 3D e un’applicazione virtuale della RTI”, in : Comte, Florent, González Bordas, Hernán, dir., Numérique et lecture de textes épigraphiques altérés, Pessac, Ausonius éditions, collection PrimaLun@ 27, 2023, 47-64 [en ligne] https://una-editions.fr/limpiego-di-nuove-tecniche-digitali/ [consulté le 14/12/2023].
doi.org/10.46608/primaluna27.9782356135469.3
Illustration de couverture • Superposition de différentes améliorations numériques pour l'étude d'une inscription latine.
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