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Nota sulla produzione fittile in Istria dopo l’Antichità

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In Istria (fig. 1), la produzione di ceramica dopo l’Antichità non sembra aver avuto una grande diffusione, né è stata un settore principale dell’economia regionale. Il motivo è facilmente comprensibile: erano rari i luoghi dove si aveva insieme disponibilità di materia prima (argilla), fonte energetica (legno), e che quindi non ci fosse bisogno di organizzare un sistema di trasporto con tutte le difficoltà che ciò poteva comportare. Dove questi due aspetti c’erano, vi è stata qualche traccia di continuità di produzione di laterizi (alla foce del Quieto e a Pirano). A causa poi dell’impoverimento delle tecniche edilizie dopo l’Antichità, non c’era più richiesta né possibilità di produrre questo materiale almeno fino al Basso Medioevo.

Carte de l'istria avec la localisation des sites dont parle l'article
Fig. 1. Carta dell’Istria con la localizzazione dei siti citati nel testo. I triangoli verdi vuoti indicano figline antiche, abbandonate; i triangoli verdi pieni segnalano tracce di fornace in periodi successivi all’antichità.

Dalla Tarda Antichità in poi in Istria si rinuncia ad usare materiale fittile di nuova produzione (che bisogna far arrivare dalla zona della bassa pianura friulana e veneta, quindi dal punto di vista dei costi poco conveniente). Solo in grandi opere di età bizantina c’è ancora qualche arrivo di materiale fittile nuovo ma non prodotto in Istria e probabilmente importato assieme ad altro materiale edilizio: così i tubuli sopra l’arco d’entrata della basilica eufrasiana, un tempo considerati materiale di reimpiego presi da qualche impianto termale antico di Parenzo, oggi sono considerati arrivati assieme al resto del materiale che serviva per edificare la basilica. Ma questo è un caso sicuramente eccezionale1. Del resto tardive tubature di scarico costruite in maniera antica a Parenzo, databili alla fine del V sec., sono ricavate da spatheia nordafricani, di cui erano pieni i magazzini di Classe2.

Nei rari casi in cui si usa il mattone, è sempre un pezzo di reimpiego proveniente da edifici antichi. A titolo di esempio ci sono alcuni esempi di chiese altomedievali e protoromaniche del Polese (le due basiliche di Gurano e San Michele a Bagnole), che nelle pavimentazioni utilizzano spicae disposte a spina di pesce provenienti da edifici di età romana3. Usarlo per decorare il pavimento della chiesa ci suggerisce che era materiale raro e considerato di pregio. Infatti, in tutti i restanti casi fino all’età moderna le lastre di pietra saranno l’unico pavimento presente nelle chiese e case istriane. L’uso di mattoni, coppi ed embrici, per quanto è dato vedere tra il materiale di scavo, diminiuisce nella Tarda Antichità per riapparire nel maturo medioevo. In vero va segnalato che in alcuni contesti archeologici (scavi nel nucleo storico di Parenzo-Palazzo Sincich, Stanzia Blek) sono stati osservati mattoni e coppi caratterizzati da un processo tecnologico molto grossolano e un aspetto molto diverso dagli embrici antichi; che potremmo datare ad un periodo altomedievale o comunque protoromanico, forse il segno di qualche sporadica produzione locale, soprattutto che una produzione avrebbe un’attestazione documentaria dell’anno 804, infatti nel Placito del Risano sia accenna al lavoro nelle mattonaie: « tegorias nu(m)q(qaum) fecimus »4.

Gli anforacei prodotti localmente scompaiono durante la Tarda Antichità e il Medioevo, sostituiti da altri contenitori, fra questi anche le botti in legno; continua ad essere prodotta la ceramica grezza, quella che in età antica si usava solo per la cucina, e nei contesti altomedioevali istriani diventa prevalente5. Quasi certamente in Istria c’erano dei luoghi in cui queste olle si producevano di più, accanto alla produzione micro locale e domestica, ma non avendo nessun riferimento in merito, non sappiamo dove e come circolassero queste forme tipiche per l’Altomedioevo6. In Istria, in quanto spazio d’incontro tra la popolazione slava e romanza (la colonizzazione slava è attestata al principio del IX secolo, ma i primi contatti sono databili dal VII secolo), si è focalizzata sull’osservazione della ceramica grezza di possibile produzione slava7.

Le fonti medievali dell’Istria non ricordano esplicitamente la produzione di ceramica. Solo per Pirano vi è la notizia di uno scudellario attestato nel 1356, anche questo venuto da Venezia8. Vi sono alcune carte trecentesche sul trasporto via mare di coppi e mattoni da Capodistria a Trieste9.

I luoghi in cui si producevano i vasi stavano solitamente fuori dalla città. E sono attestati per lo più da ricerche subacquee. A Valdibora a Rovigno sono stati trovati scarti di produzione di maiolica10; ugualmente a San Giovanni della Cornetta11 e a Possert nella parte interna dell’Istria12. I rinvenimenti subacque nell’acquatortorio del Parentino, forse poco lontano da Porto Bussolo, collocano qualche produzione anche qui; da ricordare che a Parenzo nel 1674 si costruì una fornace « per le terre cotte »13.

Un’attività di produzione di mattoni che ha avuto una durata abbastanza lunga è stata quella dell’Antenal, attestata già nel XV secolo. In questo caso potremmo pensare ad una certa continuità d’uso dei medesimi luoghi, forniti di materia prima – l’argilla del Quieto – per la produzione di mattoni anche nel Medioevo. Dato che in epoca postclassica scompare l’uso del laterizio, sia come mattone, sia come coppo, e non è stato studiato ancora quando riappaia, dobbiamo immaginare che la produzione di questo materiale (del resto presente in minima quantità negli strati archeologici di cronologia medievale) si era certamente rarefatta. Dalle conoscenze che disponiamo al momento, possiamo dire che il mattone comincia ad essere riutilizzato nel XIV secolo per la pavimentazione di alcuni spazi pubblici, pianoterra di palazzi comunali e logge, abitudine che sarà in uso fino al XVI secolo, quando abbiamo attestazioni di pavimentazioni di chiese ricoperte con mattonelle. L’uso del mattone per le murature in alzato è usanza ancora meno attestata in Istria, i primi riscontri, tuttora visibili, si vedono su alcune murature di case tardogotiche a Parenzo (ma anche a Pirano e Capodistria) che sono databili alla seconda metà del XV secolo14. L’uso del mattone non avrà grande successo in Istria e tornerà nell’edilizia solo nel XIX secolo, quando verranno messi in funzione moderne fabbriche per la produzione di mattoni e coppi. Negli strati archeologici medievali ci si imbatte in qualche avanzo di coppo. Anche i coppi, che certamente erano presenti nell’edilizia (ma in Istria si copriva molto con le lastre di pietra) sono prevalentemente tardomedievali (XV sec.). Non ci sono ancora sufficienti elementi per distinguere mattoni prodotti in loco da quelli importati. Il caso di produzione quattrocentesca più conosciuto è quello dell’Antenal, dove si sa che un procuratore di San Marco, Sebastiano Erizzo, prese in appalto un luogo all’Antenal e il vicino bosco del Licè, nel 1483 per installare una fabbrica di mattoni15.

A Valdibora, nell’insenatura a nord di Rovigno, tra il materiale di importazione c’era una serie di oggetti usati nel processo di produzione, recipienti cilindrici o caselle che servivano per ricoprire, proteggendoli, i manufatti da mettere nella fornace; poi trepiedi con punte aguzze, che venivano impiegati nella seconda cottura e ancora i dischi distanziatori per tenere separati i palchetti sui quali venivano poste le caselle16. Dallo studio delle forme la produzione si può collocare tra XVI e XVII secolo. Si tratta di vasellame rivestito di ingobbio invetriato o smaltato e colorato, mentre le decorazioni sono dipinte o graffite17. Anche a sud di Rovigno sono stati tirati fuori dal mare strumenti sussidiari usati nel processo produttivo18. Nella baia di Vestre sono stati anche pubblicati divisori e biscotti recuperati durante le ricerche subaquee19. Sulla costa dell’Istria settentrionale il sito che ha restituito la maggior quantità di frammenti riconducibili ad un processo produttivo è stato rinvenuto nei pressi di San Giovanni della Cornetta. Anche qui gli indizi sono i treppiedi, biscotti con incisioni decorative e oggetti deformati20. A causa di un motivo decorativo che si ripete, motivo dell’albero dal cui tronco crescono fronde, e che è assente nei centri di produzione in Italia settentrionale, è stato proposto come fregio caratteristico dell’officina di S. Giovanni21.

Le fonti etnografiche presentano un panorama produttivo molto ridotto, concentrabile in pochi centri istriani, seguibile dal tardo XVIII secolo fino alla metà del ‘900. Si tratta di produzioni a livello famigliare, che tramandavano il mestiere da padre in figlio, il prodotto consisteva in recipienti di diverse forme di ceramica grezza, spesso simile alla ceramica grezza da cucina che si usava fin dalla preistoria. Questa produzione non assunse mai livelli di manifattura organizzata, né dinamiche di lavoro con divisione dei compiti. L’etnologo Milićević, che maggiormente si occupò della produzione vasaia, individuò quattro paesi in cui questa tradizione era presente: Rakalj in Istria meridionale, Ćukarija (zona di Hum-Colmo), Pavletići e Zubini, sui pendii settentrionali del Quieto22. Si osservi che in tutti i casi questi paesi sono vicini a potenziali depositi di argilla estratti da terreni legati al fiume. Rakalj prelevava le argille dalla zona del fiume Arsa che si trova nelle vicinanze, Pavletići e Zubini le traevano dal medio Quieto, mentre Ćukarija dall’alto Quieto, lì dove il fiume principia il suo corso23.

Un dato dovrebbe essere consolidato, la prevalenza dell’argilla che si usa in Istria dovrebbe provenire da contesti di flish legati al fiume Quieto (fig. 2). La tradizione di produrre recipienti in ceramica in questi centri è rimasta viva fino all’inoltrato Novecento, ma le produzioni locali di questo tipo, in età medievale e moderna dovevano essere più frequenti di quanto immaginiamo, solo, non sono state finora archeologicamente individuate e fissate. È interessante notare che a Rakalj, un forno era usato sia per la cottura del pane, sia per la cottura dei recipienti. Quindi quando troviamo dei forni attivi in età medievale o moderna possiamo immaginarli polifunzionali24.

Quieto: trasporto d’argilla per mattoni (da AA.VV. 1989).
Fig. 2. Quieto: trasporto d’argilla per mattoni (da AA.VV. 1989).

Nel XIX secolo sono presenti in Istria dei centri in cui si producono mattoni. Uno è tuttora in funzione nel territorio di Cerovlje. Ma non pare esserci nessuna tradizione locale.

In conclusione va detto che la produzione di materiale fittile che contraddistinse l’Istria antica non ebbe nei secoli successivi riprese. Solo gli impianti della foce del Quieto testimoniano lo sfruttamento delle stesse risorse nei medesimi spazi che erano stati usati a tal scopo dall’Antichità fino ad oltre la metà del secolo scorso. Qui fino a poco oltre la metà del XX secolo sono stati in funzione degli stabilimenti per la produzione di mattoni che estraevano l’argilla in loco. Restano in piedi due camini collegati al forno, e dei capannoni diroccati. Agli inizi del ‘900 lo stabilimento dell’Antenal (fig. 3) era dei Modiano con forni a sistema Hoffman25. Una tale continuità remota sarà forse ravvisabile in futuro nell’area del Piranese o del Capodistriano, dove, assieme all’Antenal era concentrata la produzione di materiale in cotto, soprattutto edilizio.

Antenal: attività intorno alla fornace di calce e laterizi (da AA.VV. 1989).
Fig. 3. Antenal: attività intorno alla fornace di calce e laterizi (da AA.VV. 1989).

Del resto la grossa differenza rispetto all’Antichità si palesa nel fatto che era venuta meno la necessità dei contenitori per olio, le anfore, che fu invece il vero perno che mise in moto la produzione in Istria, certo seguita anche da materiale edilizio e ceramica sigillata e comune (quest’ultima almeno per Loron), ma che senza il grande momento di olivicoltura, che lanciò l’olio istriano in età augustea, sicuramente non ci sarebbe stato.

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Notes •••

  1. Opinione espressa in forma orale dal Prof. Dr sc. Ivan Matejčić.
  2. Scavo ancora inedito nel Museo del territorio parentino. Per gli spatheia a Classe, Cirelli 2014, 542.
  3. Terrier et al. 2008, 280 e Mustač 2017 per Bagnole. Cfr. Munda & Benčić 2019, 7-8.
  4. Per il Placito del Risano : Petranović & Margetić 1983-1984, 64. Va detto che finora negli strati tardoantichi e altomedievali anche quando venivano raccolti frammenti di mattoni e coppi non veniva data loro nessun importanza, proprio perché non potevano essere datati con più precisione, né fornivano informazioni cronologiche. La raccolta di questa tipologia di materiale è appena all’inizio, e potrà in futuro dimostrare l’incidenza del mattone e del coppo nell’edilizia altomedievale istriana. Fin d’ora però si può dire che questa non fu certo rilevante e dove veniva usata riguardava i tetti per ciò che concerne i coppi e i mattoni solo per fare qualche arco di finestra o qualche fornetto domestico. E. Cirelli propone una datazione dei mattoni di Torre al XIV secolo: Konestra et al. 2019, 419.
  5. Cunja 1996; Bekić 2014.
  6. Allo studio della ceramica grezza proveniente da contesti tardoantichi e altomedievali sono dedicate una serie di validi contribuiti. Lusuardi Siena, ed. 1994.
  7. Riconoscere e distinguere questa ceramica e darle una connotazione etnica è arduo. È però plausibile ritenere che queste prime comunità slave stanziatesi in Istria, oltre al materiale acquistato, usassero recipienti di loro produzione. E tenendo conto delle difficoltà che ogni tipo di incontro tra gruppi etnici differenti provoca, un tempo come oggi, è possibile che questi gruppi ricorressero di meno a materiale importato e di più a materiale prodotto in loco. Questa produzione ovviamente non si ricollega al sistema produttivo antico. La indichiamo solo per evidenziare un’attività di produzione locale, ma che non assunse proporzioni di rilievo, e fondata su una quantità di materiale molto esigua. Sull’argomento vedi Marušić 1985. Per un’attenta rilettura della questione, con una contestualizzazione più ampia e ricca di spunti vedi Bekić 2016, in specifico p. 142-162.
  8. Guštin 2004.
  9. Cammarosano 2009.
  10. Bradara et al. 2007.
  11. Cunja 2004.
  12. Višnjić 2012.
  13. I reperti sono inediti e sono stati raccolti da subacquei amatori e consegnati al museo di Parenzo. Per la fornace di 1674, v. Benussi 1910, 195.
  14. Prelog 1957., Štefanac 2002.
  15. Parentin 1974.
  16. Bradara et al. 2007, Bradara 2006, 47-50.
  17. Bradara 2016, 267.
  18. Ead., 268.
  19. Surić & Višnjić 2014, 219-223.
  20. Guštin 2004.
  21. Ead. 61.
  22. Milićević 1976; Milićević 1987a; Milićević 1987b.
  23. Sulla produzione etnografica di vasi in Istria vedi anche Kocković Zaborski 2015.
  24. È indubbio che dopo la stagione antica non si potrà più parlare di produzione su larga scala. Quindi l’infrastruttura che circondava questi potenziali fornaci medievale e moderne erano molto rudimentali e fragili, per questo non riconoscibili. In Istria sono abbastanza frequenti toponimi che rimandano a fornaci (Monforno, Fornasa, Fornase ecc.) per lo più indicano fornaci per la produzione di calce, ma ad un’attenta mappatura e osservazione si potrebbero individuare altre funzioni.
  25. Parentin 1998, 41.
ISBN html : 978-2-38149-003-8
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ISBN html : 978-2-38149-003-8
ISBN pdf : 978-2-38149-004-5
Posté le 18/05/2020
7 p.
Code CLIL : 4117 ; 3385
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Comment citer

Benčić, Gaetano (2020) : « Nota sulla produzione fittile in Istria dopo l’Antichità », in : Machut, Pierre, Marion, Yolande, Ben Amara, Ayed, Tassaux, Francis, éd., Adriatlas 3. Recherches pluridisciplinaires récentes sur les amphores nord-adriatiques à l’époque romaine, Bordeaux, Ausonius éditions, collection PrimaLun@ 2, 2020, p. 13-19, [En ligne] https://una-editions.fr/nota-sulla-produzione-fittile-in-istria-dopo-lantichita [consulté le 15 juin 2020].
doi.org/http://dx.doi.org/10.46608/UNA2.9782381490038.2
accès au livre Adriatlas 3. Recherches pluridisciplinaires récentes sur les amphores nord-adriatiques à l'époque romaine
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