Il litorale tra l’area del Po e il promontorio di Focara è interamente conquistato da Roma almeno dagli inizi del II secolo a.C. e la realizzazione della via Popilia-Annia nel 131-130 a.C. sancisce la sua organizzazione ‘romanizzata’: come per la Flaminia e l’Emilia, la nuova via consolare indica non solo la conquista ma anche la penetrazione nel territorio e lo sfruttamento delle risorse da parte dei coloni romani, in una regione sempre meno ostile sia dal punto di vista umano che ambientale, grazie agli insediamenti ma anche alle ingenti opere di bonifica e centuriazione1. Già in pieno III secolo a.C. il sito produttivo alla foce del Tavollo a Cattolica (1)2 testimonia la centralità della costa e delle sue vie di transito per i Romani nella trasformazione e commercializzazione dei prodotti del territorio3: il litorale diventa base per la penetrazione e poi per lo scambio anche commerciale con le sue vie, diversificate nei caratteri principali a sud e a nord di Ravenna, area dove prevalgono i percorsi idroviari per le particolarità geoambientali, come recentemente evidenziato da D. Rigato e M. Vitelli Casella in uno studio complessivo sui caratteri e il popolamento della medesima area qui considerata e a cui si fa riferimento per l’inquadramento generale4.
Come attesta Polibio, in età repubblicana la produttività della regione è abbondante e rinomata soprattutto per l’agricoltura e l’allevamento (2.15.1-6), frutto della diffusa piccola proprietà e legata alle città di riferimento, colonie, fora o peregrinae che fossero; prima della realizzazione delle vie consolari, il Po costituisce già da tempo un’arteria di traffico di primaria importanza (2.16.10-12)5. La produzione di laterizi caratterizza sin da subito l’area6, vista la presenza di abbondante materia prima e le necessità contingenti, come la realizzazione della cortina muraria di Ravenna (2) sempre in pieno III secolo a.C.7: non a caso tra III secolo a.C. e I secolo d.C. sorgono importanti centri produttivi sparsi sul territorio oltre a quello del Tavollo, come quelli di Ronta (18) e di Ca’ Turchi di Cesenatico (3), sito presso la costa a poca distanza dalla Popilia-Annia e dalla via del Confine, un percorso forse ancora più antico e sempre attivo8, o ancora quello meno ampio del sito di S. Lorenzo in Strada presso Riccione (4), poi sede di un vicus, e forse quello di via Contea di Santarcangelo (19)9.
È con l’età augustea che il litorale della neonata regio VIII assume le caratteristiche che la accompagneranno per le epoche successive. La scelta di Ravenna come sede della flotta imperiale contestualmente allo sgombero militare dell’Italia sono tra i fattori che portano il settore nord-orientale della regio a presentare vie a carattere misto, con la strada carraia che funge sia da supporto al trasporto, sia da sede autonoma: rimane importante la navigazione di cabotaggio che può ricevere impulso nell’area deltizia anche dalle attività della flotta10. Invece, il settore meridionale rimane caratterizzato da vie carraie parallele al mare di interesse pubblico (consolari (in giallo)) che intersecano percorsi di minore importanza, soprattutto viario ma anche fluviale, provenienti dalla pianura centuriata e dalle valli appenniniche. Al centro è Ravenna (2) e soprattutto il bacino portuale militare di Classe (48), collettore, sin dai lavori di età augustea, della viabilità a livello locale, sia litoranea che interna, da dove attrae una fitta rete di percorsi stradali o misto stradali-fluviali11. Infatti, oltre alle strade strutturate, il Po rimane sempre un’arteria fondamentale: basti citare Vitruvio (2.9.16), che menziona il trasporto fluviale di legname pregiato dalle Alpi Cozie a Ravenna, e Tacito con la sua immagine per cui Padumque et mare commeatibus compleri (3.52.1) con convogli militari per supportare l’esercito di Vespasiano nel 69 d.C. Inoltre, il ramo principale del Po declinava molto più a sud di oggi e fu la base per la realizzazione di ingenti opere idrauliche, dal bacino portuale di Classe alle fosse di navigazione e scolo Augusta e Neronia-Flavia, fino alla probabile sistemazione della foce del Vatrenus ad opera di Claudio, che ne usò le strutture per la magniloquente celebrazione delle vittorie in Britannia nel 43 d.C.12.
Il collegamento tra il Po e Ravenna/Classe, assicurato dalla fossa Augusta, detto Ravenna ad Hostiliam per Padum sulla Tabula Peutingeriana (T.P., 3.5-4.1), è attestato come percorso anche di viaggio già da Strabone (5.1.11) nel I secolo d.C. e ancora da Sidonio Apollinare (ep. 1.5.5) in pieno V secolo d.C. Del resto, la curatela delle strade di interesse imperiale (in giallo) rimane sempre un elemento importante, segnalato dai miliari realizzati e rinnovati soprattutto nel I e IV secolo d.C., ma in età altoimperiale soprattutto dai curatores viarum, i primi funzionari di rango senatoriale ad operare attivamente sul territorio italiano dopo le riforme augustee13: è interessante notare che per la zona considerata sia attestato il solo curator viae Flaminiae14, mentre non è citato alcun altro nome di via o percorso publicus per il litorale cispadano. Vista l’importanza del collegamento tra Roma e Classe, è possibile che il curator abbia sovrinteso l’intero sistema collegato alla Flaminia non solo fino a Rimini (50), ma fino a Classe (48) e Ravenna (2), preoccupandosi delle due direttrici parallele alla costa e dei principali diverticoli, come quello che da Cagli e Urbino evitava la costa fino a Rimini passando anche per S. Pietro in Cotto (5), dove strutture insediative e produttive sono presenti almeno dal I secolo d.C. fino al VII/VIII secolo d.C.15.
Se in età imperiale la fattoria centuriale rimane il principale elemento del paesaggio produttivo della pianura, è pure tra I secolo a.C. e I secolo d.C. che si formano aree produttive specializzate e che sorgono le prime grandi villae. In esse la pars urbana indica non solo il tenore di vita, ma anche la fortuna della produzione e del commercio, come suggeriscono la ricchezza degli apparati decorativi e l’ampia zona produttiva della villa di Russi (6), soprattutto per la fase di II secolo d.C.16: la posizione in una zona fertile e distante dalle aree paludose, in prossimità di importanti vie interne e, probabilmente, del fiume Anemo che rendeva più veloce il collegamento con Classe, rendono questo complesso un esempio massimo del sistema della villa nell’area. A essa si possono affiancare altri esempi a testimonianza della diffusione di questa tipologia insediativo-produttiva soprattutto nell’alta pianura, come, per esempio, le villae di Godo (7), Agosta (8), Mensa Matellica (9), Cassana (10), Quacchio (12) e, per associazione, la necropoli dei Fadieni di Gambulaga (13), che attesta la presenza di una vasta proprietà attiva fin dentro il II secolo d.C.17: tutti questi insediamenti sono posti su vie importanti a livello locale, soprattutto per il collegamento col porto di Classe, mentre per i siti dell’area settentrionale è da rimarcare ancora la vicinanza del Po per il rapporto con Ravenna, ma anche con l’importante snodo viario di Vicus Varianus (47) la cui continuativa importanza è ancora attestata da uno storico greco del VI secolo d.C. come Zosimo (5.37.2)18.
In questa regione la presenza di vaste proprietà imperiali (aree marroni) si lega a produzioni diversificate tra cui spicca quella dei laterizi caratterizzati dal bollo Pansiana nelle sue molte varianti, diffusi in tutto l’arco adriatico e oltre, per più di un secolo fino all’età flavia19. I siti produttivi sono dislocati nel territorio e gestiti dai liberti e dai funzionari imperiali che risiedono in diverse strutture, anche di buon livello, come la villa di Bocca delle Menate (14), o più prettamente produttive come il complesso di Punta Montirone (15). Il centro amministrativo e residenziale principale è Voghenza (16), Vico Habentia nelle citazioni più antiche: i suoi resti e le necropoli la identificano come un piccolo centro urbano di alto livello tanto da diventare sede vescovile probabilmente nel V secolo d.C., e decadrà solo di fronte al mutare dell’idrografia e, quindi, della viabilità, nell’VIII secolo d.C., quando emergerà il Po di Primaro sul Sandalo20.
Le proprietà imperiali sono diffuse anche in altre zone del litorale, forse nell’area cervese, certo nel riminese, soprattutto a sud della città, con delle connessioni con l’area cesenate21. Infatti, il litorale meridionale è in parte compreso in una vasta area di produzione del vino, che gravita sui centri di Rimini (50), Cesena (43) e Faenza (49), nota già dall’età repubblicana e tanto importante da diventare fornitore imperiale tra III e IV secolo d.C. (Varro, Rust., 1.2.7; Plin., HN 15.67; CIL,VI, 1101; Cod. Theod.,11.1.6 e cfr. 11.2.3 (area viola)): per le necessità di trasporto su distanze anche molto lunghe nascono o rimangono attivi molti impianti di fornaci anche di notevoli dimensioni come quelli di Forlimpopoli (17), Santarcangelo (19), e i già citati Ca’ Turchi (3) e Ronta (18). Tali figlinae non si limitano, naturalmente, alla produzione di anfore vinarie: in tutti i siti è documentata la fabbricazione di un’ampia gamma di prodotti, fino alle statuette antropomorfe di buona fattura di Ca’ Turchi22. Sempre da questo sito proviene il bollo P.IVN.CIL: questo indica che la grande fornace apparteneva (in una fase non precisabile) ad un piccolo proprietario interessato al mercato locale, aprendo il problema della localizzazione delle grandi figlinae legate ai bolli più diffusi23. Detto della Pansiana, altri importanti impianti avranno sfruttato la viabilità litoranea cispadana: forse la stessa Pansiana aveva un centro di produzione minore nel riminese, dove si possono collocare gli impianti principali della Cinniana (attiva durante il I secolo d.C.) e della Faesoniana (I secolo d.C.), mentre è possibile che la Solonas (fine I secolo a.C. – metà I secolo d.C.) abbia siti sia nel delta che nel riminese; nel sito della villa di Agosta (8) sono ipoteticamente collocate almeno parte delle produzioni bollate coi nomi di imperatori da Adriano ad Alessandro Severo molto diffuse a Ravenna e Classe, segno della continuità della produttività delle proprietà imperiali24.
Relativamente alla produzione alimentare, sono da sottolineare i recenti ritrovamenti nell’area di Pinarella (20) che indicano la presenza di saline della prima età imperiale vicino a dove sono ancora oggi presenti quelle di Cervia: la particolarità e l’importanza della produzione suggeriscono che anch’esse fossero proprietà imperiale e un punto di riferimento locale. Nonostante l’evoluzione dell’area, ancora in gran parte ignota, questa diviene maggiormente strutturata e documentata in età tardoantica quando compare nelle fonti il territorio Ficuclensis (Synoda romana a. 502, p. 433). Il suo ruolo locale deve essersi mantenuto importante tanto da essere elevata a sede vescovile entro il V secolo d.C. e vedere poco dopo nel suo ambito l’edificazione della sontuosa basilica di S. Martino prope litus maris (23), posta accanto alla via litoranea e forse centro demico: citazioni continuative fino al riemergere nella documentazione delle saline nel X secolo d.C. indicano la vitalità dell’area, ma il cambio di nome in Cervia (attestato già nel IX secolo d.C. in Agnello, 140) e il ridimensionamento della basilica di S. Martino suggeriscono periodi di sconvolgimento se non di abbandono25.
Lungo i percorsi litoranei le fonti antiche, più che la moderna archeologia, attestano l’esistenza di diverse località che potranno essere state, oltre che vici o pagi, mansiones, mutationes, stationes etc., ovvero le necessarie strutture legate alla viabilità soprattutto del cursus publicus26. Nell’area deltizia a nord di Ravenna si trovano: Corniculani (T.P.,3.5 (24)), che potrebbe essere una contrazione per Cornua Volani, quindi una struttura forse con approdo per lo scambio viario; Neronia (T.P., 3.5 (25)) e, più a sud, Augusta (T.P., 4.1 (26)) si ricollegano alle fosse Neronia-Flavia ed Augusta, e probabilmente fanno parte dell’area delle proprietà imperiali; Sacis ad Padum (T.P., 4.1 (27)), che ha restituito materiali imperiali di III secolo d.C., è sullo snodo tra Popilia-Annia e corso principale del Po, in linea, ad occidente, del sito dove dal VI secolo d.C. inizierà a svilupparsi Comiaclum (28) come emporium, diocesi e centro produttivo per merci fondamentali come attrezzi in ferro e sale; Butrium (29) è già citata come antica da Plinio (HN, 3.115) poi è in T.P. (4.1), quando però è probabile che il sito fosse in declino e prossimo all’abbandono27.
A sud di Ravenna Ad Novas (T.P., 4.1 (31)) e il sito di Ca’ Bufalini (32), sorto come impianto rustico, hanno svolto il compito di supporto viario e di centro demico sulla Popilia-Annia, dandosi il definitivo cambio nel VII secolo d.C., quando il secondo sembra diventare un emporium costiero a servizio della navigazione locale; invece i vicini Sabis (T.P., 4.1 (33)) e Rubico (T.P., 4.2 (34)) saranno state mansiones sui punti di passaggio dei rispettivi torrenti. Nel già citato sito di S. Lorenzo in Strada presso Riccione (4) è stato identificato Vico Pupillo o Nicipupulli, come è citato nel Codice Bavaro (n. 36, cfr. 13), centro demico e produttivo sulla via Flaminia attivo soprattutto tra I-III e V-VI secolo d.C.28. Alcuni ritrovamenti di Cattolica (36), databili tra I e IV secolo d.C., sono interpretati come parti di un’ampia struttura di servizio nel punto di congiunzione tra la via Flaminia e il fiume Crustumius, dove probabilmente è da collocare il castrum Conke attestato nel IX secolo d.C. (Codice Bavaro n. 76, cfr. 52) ma forse già bizantino29. Il sito di Colombarone (37) ha restituito un possibile vicus d’età altoimperiale lungo la via Flaminia e, poi, l’impianto di una villa tardoantica da cui partono le fasi della chiesa diS. Cristoforo ad Aquilam citata per fatti del 743 d.C. (Liber Pontificalis, 93.13)30. Si può menzionare come caso emblematico, sebbene posta più internamente rispetto agli altri siti, la Mutatio Competu (Itinerarium Burdigalense, 615.7) o Ad Confluentes (T.P., 4.1 (38)), posta su uno strategico incrocio tra la via Emilia e antichi percorsi locali tra la collina e il mare, che ha restituito impianti produttivi etruschi, fattorie, un piccolo agglomerato e un santuario religioso romani, fino alla tuttora esistente pieve di S. Giovanni in Compito, risalente al VII/VIII secolo d.C.31.
Come si può notare dagli estremi cronologici segnalati in testo e in nota, tra III e IV secolo d.C. c’è una diminuzione dell’insediamento e, presumibilmente, della produttività, soprattutto nell’area settentrionale: la tarda antichità porta ad una diminuzione delle villae e probabilmente ad un peggioramento della viabilità32. Ma nonostante le difficoltà di manutenzione viaria e i sempre maggiori problemi di dissesto idrogeologico, la rete stradale costiera viene mantenuta mentre rimane importante, se non aumenta di impatto, la navigazione sia di cabotaggio che fluviale incentrata sul Po (cfr. Cassiod., Var., 2.20, 5.17.5, 5.18; Hauctaria Prosperi ad annum 493; il c.d. Capitolare di Liutprando del 715 o 730; Richiero di Reims, Historiae 3.57 della fine del X sec.) anche per motivi militari e politici legati alla nuova importanza di Ravenna come capitale dagli inizi del V secolo d.C.33. Indicativa delle mutate condizioni di un territorio meno popolato e più insicuro ma ancora produttivo, è la nascita di nuovi centri: infatti, Argenta (41) e, forse, Ferrara (42) sorgono tra VI e VII secolo d.C. a difesa di Ravenna lungo il Po di Primaro divenuto la principale via fluviale del delta34; in corrispondenza a sud, a riparo anche di Rimini, di castra come Cesena e Monsfereter, già attivi durante la guerra gotica, e forse castrum Conke sulla costa35. Ma sorgono o sono rinnovati tra tardoantico e altomedioevo anche diversi insediamenti con diversa funzione36: oltre a siti di villae rioccupati o continuativi (Russi (6), Mensa Matellica (9), Cassana (10), Colombarone (37)), lungo la fascia costiera si segnalano nuove villae come quella di Bordonchio (45), evoluzione di IV secolo d.C. in senso urbanus di un sito probabilmente legato alla produzione del vino caesenatis, nel quale poi nell’VIII/IX secolo d.C. sorgerà la pieve di S. Martino in Burdunclo; o la villa di Palazzolo (39) voluta da Teodorico; oppure emporia come le citate Comacchio (28) e, forse, Ca’ Bufalini (32); o l’insula Pomposia (46), forse già sito cristiano prima dell’abbazia del IX secolo d.C.; o ancora le fornaci di Santarcangelo (19), rinnovate nel VI secolo d.C. contestualmente all’edificazione della chiesa, poi pieve (quindi centro religioso, amministrativo e forse demico), di S. Michele in Acerbuli37.
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- Russo, E. (1983): “La pieve di S. Michele Arcangelo a Santarcangelo di Romagna”, StudRomagn, 34, 163-203.
- Sacco, D. (2016): “La Valmarecchia e la rupe di Montefeltro dall’età romana al basso Medioevo”, in: Sacco & Tosarelli, ed. 2016, 15-23.
- Sacco, D. e Tosarelli, A., ed. (2016): La fortezza di Montefeltro. San Leo: processi di trasformazione, archeologia dell’architettura e restauri storici, Sesto Fiorentino.
- Samaritani, A. (1996): Presenza monastica ed ecclesiale di Pomposa nell’Italia centrosettentrionale. Secoli X-XIV, Ferrara.
- Sami, D. e Christie, N. (2019): “The Roman road and the mansio of Ad Novas at Ca’ Bufalini (Cesenatico, FC)”, in: Economia e territorio 2019, 172-180.
- Scarpellini, D., ed. (2000): Museo archeologico del Compito, Rimini.
- S. Martino (1996): S. Martino prope litus maris, Firenze.
- Settia, A.A. (2007): “L’incastellamento in Romagna-Montefeltro e le concordanze “padane””, StudMontefeltrani, 29, 7-18.
- Stoppioni, M.L., ed. (1993): Con la terra e con il fuoco. Fornaci romane del riminese, Rimini.
- Tassinari, C. (2006): “La via Popilia”, in: Dall’Aglio & Di Cocco, ed. 2006, 202-212.
Notes
- Dall’Aglio & Di Cocco, ed. 2006 sul sistema stradale dell’antica regio VIII; cfr. Donati 2011 sulla Popilia-Annia.
- I numeri e i termini coloristici in grassetto tra parentesi si riferiscono ai siti segnalati nelle piante in calce. Tutti i siti citati nelle note sono stati consultati l’ultima volta il 1 settembre 2020.
- Malnati & Stoppioni, ed. 2008.
- Rigato & Vitelli Casella 2019; cfr. Cordoni 2016 per un sintetico inquadramento dell’insediamento extraurbano in età romana nell’area orientale della regio VIII.
- Calzolari 2004, 51.
- Cfr. Righini 2010.
- Cfr. Manzelli 2000, 118-124.
- Rigato 2006 sulla via del Confine; Farfaneti 2000, 65-70 e 109-145 su Ca’ Turchi; http://www.archeobologna.beniculturali.it/fc_cesena/ronta_fornaci/fornaci_ronta.htm e http://www.archeobologna.beniculturali.it/fc_cesena/ronta_fornaci/aggiornamento_ronta.htm su Ronta.
- Grossi 1999 su S. Lorenzo in Strada; Biondi 2009, 81-83, 98-99 sulla prima fase del sito di via Contea.
- Medas 2017 sul sistema idroviario padano; Luciano 2019, 4-49, 91-94 su porti e approdi in Italia in epoca imperiale; Bazzocchi 2008 sul rapporto economico e sociale tra classis e regio VIII orientale.
- Cfr. nota 1; Manzelli 2000, 216-220 e Cirelli 2008, 19-30 su Ravenna; Boschi 2011 e Ravaioli 2011 su Classe; Franceschelli & Marabini 2007, 125-135 e Assorati 2015, 36-44 sulla regione entroterra a Ravenna; Ortalli 2013, 313-325 sulla Flaminia.
- Cfr. Calzolari 2004, 28-31.
- Sui miliari cfr. come esempio significativo Donati 2003 con la pubblicazione di un miliario di inizi IV secolo d.C. e le considerazioni sul messaggio politico e viario; sulla cura viarium efficace sintesi in Campedelli 2018.
- Ertman 1976, 72-73, 196-208.
- Bondi & Scozzari 2014 sulla viabilità e i diverticoli della Flaminia a sud di Rimini.
- Guarnieri, ed. 2016: decaduto entro il III secolo d.C., il sito è attivo come luogo di produzione ancora tra IV e V/VI secolo d.C.
- Berti, ed. 2006 sui Fadieni, attivi da fine I secolo a.C./inizi I secolo d.C. Per molti siti sono utili, per sintesi, immagini, raggiungibili tà e bibliografia essenziale, le schede online approntate e pubblicate dall’Istituto per i Beni Culturali dell’Emilia-Romagna: http://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=15836 sulla villa di Godo, attiva tra I e II secolo d.C.; http://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=158338 su quella di Agosta, attiva in due fasi tra I secolo a.C. e IV secolo d.C.; http://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=167057 su quella di Mensa Matellica, attiva tra I secolo a.C. e, con riduzioni, fino al IV/V secolo d.C.; http://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=158935 su quella di Cassana, attiva tra I e II secolo d.C., ripresa parzialmente nel VI/VII secolo d.C.; http://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=156327 su quella di Quacchio, attiva almeno nel II e III secolo d.C. Da segnalare anche: il sito di Ca’ Nova di Ro Ferrarese per la possibilità di un’ampia diffusione di siti minori residenziali-produttivi anche nell’area ferrarese settentrionale almeno nel I d.C., su cui Cesarano & Bruni & Zamboni 2018 con annotazioni anche sulla viabilità della zona; per la “vast size” dell’insediamento la villa di S. Bartolomeo di S. Zaccaria sulla via del Dismano, attiva tra I e V d.C., che però sembra avesse solo la pars rustica, su cui http://www.fastionline.org/excavation/micro_view.php?fst_cd=AIAC_2012&curcol=sea_cd-AIAC_2365.
- Su Vicus Varianus e i problemi di identificazione Campagnoli 2006, 195-196: a prescindere dalle collocazioni, in tutte le letture rimane sempre la centralità viaria della località.
- Peliccioni 2012.
- Bruni 2018 descrive il percorso del Padus di Spina poi vetere, indicando i principali rinvenimenti archeologici e i probabili insediamenti residenziali e produttivi, in particolare l’area dei Fadieni, l’attuale pieve di San Vito, la zona di Vallona di Ostellato, il Podere Patacchina già nei pressi di Sacis. Andreoli, ed. 2001 su Voghenza; vari contributi in Pupillo, ed. 2007, 311-410 e Maiuro 2012, 331-335 sulle proprietà imperiali; http://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=158983 sulla villa di Bocca delle Menate, attiva tra I secolo a.C. e II secolo d.C.; e Bruni 2018, 147, http://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=167722 sull’insediamento di Punta Montirone, attivo tra I e III secolo d.C. Da segnalare anche l’impianto rustico di Salto del Lupo, attivo a più riprese tra I e VII d.C. su cui https://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=167740.
- Maiuro 2012, 326-330.
- Cfr. nota 8 e Maiuro 2012, 330-331 sulle costituzioni del codex Theodosianus; Morigi 2010, 199-206 su Forlimpopoli, attiva soprattutto tra I e II secolo d.C.; Stoppioni, ed. 1993 su Santarcangelo, attiva tra I e III secolo d.C., con ripresa nel V/VI secolo d.C; A cui aggiungere Biondi 2009 coi dati del complesso di via Contea, attivo per le anfore vinarie e non solo da fine I a.C. al IV/V d.C.
- Farfaneti 2000, 143-145. Si possono aggiungere, come figlinae con interesse locale collocate nel riminese, la Axiana (ca. I secolo d.C.) su cui Righini 1998, 36, e le produzioni di Apusii e Seii esposte in Bottazzi & Bigi 2010, 29-116.
- Righini 1998. Le aree imperiali hanno probabilmente anche altre produzioni, ma la documentazione è scarna, come indica il bollo PATRIMONI F(isci) RAT(ionis) REG(ioni) RAVEN(natium) (AE 1994, 712a) che suggerisce solo la realizzazione di piccoli balsamari in vetro. Sulla bollatura Pellicioni 2012, 15-34.
- S. Martino 1996; Guarnieri, ed. 2019 con presentazione dei recenti ritrovamenti di Pinarella con note in Guarnieri & Cremonini & Rizzieri 2021. La presenza di bacini idrici e delle stesse saline suggerisce la commercializzazione pure di prodotti marini: se la pesca poteva essere un fenomeno attivo nei porti ed approdi anche fluviali poco più che locale, ma forse ampliato da pratiche di salagione, rimane incerta l’ipotesi di una diffusa lavorazione del murice sulla costa riminese a partire da un lemma di Pompeo Festo (Gloss. Lat.,L 504), trachali, una parte di murici e porpore, e il legame istituito con gli Ariminenses, su cui Ravara Montebelli 2007, 23 e Ead. 2014, 145-146 (cfr. 116, 121 dove oggetti legati alla pesca rinvenuti nel riminese).
- Cfr. Corsi 2000 sul tema e le strutture.
- Cfr. Tassinari 2006; e Bruni 2018, 145-146 e 150 http://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=161762 su Sacis ad Padum; Gelichi, ed. 2009, e, in ultimo, Rucco 2021 su Comacchio; http://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=161732 su Butrium.
- Su Nicipupulli cfr. nota 8.
- Angelini 2013 sugli scavi; Ravara Montebelli 2007, 9-23 sul sito e i toponimi. Cirelli 2014, 286-288 riporta i dubbi sul documento e l’antichità del toponimo da Settia 2007, 16 che però non cita e non commenta la menzione di militari bizantini nel n. 76 lasciando aperta l’ipotesi di una dimostrazione indiretta dell’esistenza del castrum in età esarcale.
- Colombarone 2008.
- Scarpellini, ed. 2000; Assorati 2006.
- Sulla crisi tardoantica in regione panoramica in Negrelli 2018 e Curina 2018.
- Greci 2016 sul Po; Malnati & Manzelli 2018, 71-81 su Ravenna; Luciano 2019, 50-90, 94-97 su porti e approdi in Italia tra tardoantico e altomedioevo; sul c.d. Capitolare di Liutprando http://www.lombardiabeniculturali.it/cdlm/edizioni/cr/cremona-sicardo/carte/vescovosicardo0730-05-10. Sui traffici lungo il Po e il loro rapporto col territorio cfr. Corti 2018.
- Cfr. Patitucci Uggeri 2005; su Ferrara da segnalare i dubbi sulle datazioni sollevati da Gelichi 2018, 248, compresa la datazione all’VIII secolo d.C. del trasferimento della sede episcopale da Voghenza, forse da posporre.
- Cfr. Assorati 2008; Sacco 2016 su Monsfereter e la sua importanza viaria; su Rimini e la sua importanza Curina & Negrelli 2018; su castrum Conke cfr. nota 29.
- Cfr. Gelichi 2018 e Gelichi & Librenti 2018 sulle evoluzioni e novità degli insediamenti in Emilia-Romagna nell’altomedioevo.
- Cfr. note 16, 17, 22, 27, 28 e 30; https://www.comune.bellaria-igea-marina.rn.it/cultura/cms/page/noimuseo-noimuseo/ con le sottopagine su Bordonchio; http://bbcc.ibc.regione.emilia-romagna.it/pater/loadcard.do?id_card=158310 su Palazzolo; Samaritani 1996, 13-30 su Pomposa; Russo 1983 sulla pieve di Santarcangelo.