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La lavorazione della lana dai monti alla costa in epoca romana: alcuni casi nell’Abruzzo Settentrionale

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Il presente lavoro verte su una raccolta delle evidenze archeologiche ed epigrafiche attestanti l’attività laniera nei territori facenti parte della V Regio in epoca romana e che oggi corrisponde alla Provincia di Teramo. Tale contributo nasce, infatti, dall’intento di delineare un quadro d’insieme sulla produzione laniera nel territorio teramano e, in particolare, di definire la distribuzione dei luoghi di rinvenimento di queste attestazioni: premessa fondamentale per poter individuare eventuali centri di produzione manifatturiera, ma anche per verificare se tali attività fossero predominanti in centri urbani, o piuttosto presso gli insediamenti rurali. In tal caso, potranno essere avanzate ipotesi sulle possibili relazioni economiche intercorse tra le differenti realtà insediative per quanto concerne l’intera filiera produttiva: dal reperimento della materia prima, alla sua trasformazione, fino al settore terziario del commercio.

Si tratta di un lavoro preliminare, con l’auspicio di poter porre le basi per futuri studi di dettaglio in materia. L’argomento trattato in questa sede è poco studiato in Abruzzo e, per quanto riguarda la provincia di Teramo, non si dispone di dati editi sugli strumenti impiegati nella trasformazione della fibra e portati alla luce fino ad oggi. In questa fase della ricerca, infatti, per la raccolta delle evidenze archeologiche è stato indispensabile la consultazione del Database presso l’Ufficio del Catalogo della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Chieti e la visita dei musei archeologici della Provincia1.

Per quanto concerne i centri urbani un interessante caso studio proviene da Interamnia Praetuttiorum, odierna Teramo, e municipium in età augustea2. Presso Largo Madonna delle Grazie è stato rinvenuto un edificio a continuità di frequentazione dal II secolo a.C. al III secolo d.C. con considerevoli mutamenti architettonici e funzionali. Ad una domus di età repubblicana, e dunque riconducibile alla prima fase, si sovrappose in età augustea un’altra residenza, di cui si conserva il peristilium e un impianto termale privato3. In occasione degli scavi condotti nel 1993 furono portati alla luce numerosi strumenti inerenti alla lavorazione tessile4, conservati presso il Museo Civico Archeologico “F. Savini” di Teramo5 (fig. 1).

Pesi da telaio rinvenuti presso la Domus di Largo Madonna delle Grazie di Teramo. Museo Civico Archeologico “F. Savini” di Teramo (foto dell’autrice).
 Fig. 1. Pesi da telaio rinvenuti presso la Domus di Largo Madonna delle Grazie di Teramo. Museo Civico Archeologico “F. Savini” di Teramo (foto dell’autrice).

In dettaglio sono stati rinvenuti 67 pesi da telaio, 13 fusaiole in argilla e 2 aghi da cucito, uno in bronzo e l’altro in osso. Dalla consultazione dei dati a disposizione, si è appreso che tutti i pesi da telaio sono riconducibili al I-II secolo d.C. ed è dunque un dato molto rilevante. Il numero cospicuo di questi manufatti coevi, infatti, indurrebbe ad ipotizzare l’esistenza di un luogo specializzato nell’attività di tessitura (una textrina), che potesse andare ben oltre l’autoconsumo; un’attività artigianale che, del resto, sembra essere confermata anche dalle varie fusaiole ivi rinvenute6. In epoca italica e romana la filatura e la tessitura potevano essere svolte nei medesimi edifici e anche all’interno di abitazioni private, pur trattandosi di attività produttive a carattere manifatturiero7. La filatura e la tessitura non necessitavano infatti di strutture e impianti particolari, ad eccezione di uno spazio relativamente ampio per la tessitura, affinché venissero installati uno o più telai8. Tali spazi erano facilmente ricavabili all’interno di grandi domus; varie sono infatti le domus di Ercolano e Pompei nei cui pressi sono stati rinvenuti graffiti, veri e propri registri, grazie ai quali si viene a conoscenza del numero dei lavoratori e della quantità di fibra affidata a ciascuno per la trasformazione9.

Riguardo ai pesi da telaio di Largo Madonna delle Grazie di Teramo, sono tutti esemplari in argilla di forma troncopiramidale10; 30 di questi sono conservati nella loro forma integra o lievemente scheggiati. Un peso da telaio (n. inv. 120179) reca una “P” rovesciata su una delle superfici laterali11, un’incisione non di facile interpretazione. In primo luogo, infatti, sarà necessario comprendere se tale lettera è stata apposta prima o dopo la cottura12. Nel primo caso la lettera “P” potrebbe essere ricondotta all’onomastica dei proprietari o lavoratori della figlina dove è stato realizzato, o al proprietario della textrina che ha commissionato gli utensili. Se inciso dopo la cottura, la lettera alfabetica potrebbe essere funzionale alle operazioni di tessitura e, ad esempio, la “P” potrebbe essere interpretata come P(ondus), anche se generalmente la lettera in questi casi è seguita da un numerale. Non si esclude un riferimento onomastico riconducibile ai proprietari del manufatto o comunque a chi li utilizzava13.

Su una delle superfici laterali di un altro peso da telaio (n. inv. 120303) invece sono presenti tre fori non passanti allineati in orizzontale, e sulla base superiore è inciso un solco rettilineo realizzato prima della cottura14. I tre cerchi laterali potrebbero far riferimento: ad un’indicazione numerale; ad una serie riconducibile alla disposizione dell’oggetto sul telaio; o semplicemente ad un elemento ornamentale. Per quanto riguarda il solco sulla sommità è invece probabile che fosse funzionale al fissaggio dei fili. Uno studio di dettaglio successivo consentirà una descrizione più esaustiva dei pesi da telaio, così come per le fusaiole15.

Da questa prima raccolta della documentazione materiale emerge come non siano stati rinvenuti presso Largo Madonna delle Grazie né fusi né rocche, entrambi strumenti impiegati nelle operazioni di filatura, malgrado la presenza di fusaiole. Anche in questo caso sarà necessaria un’indagine più accurata: i fusi e le rocche, oltre ad essere manufatti meno conservati, spesso sono di difficile riconoscimento per via della loro frammentarietà e per la loro morfologia (astiforme) generica e confondibile con altri utensili.

Nel III secolo d.C. nell’edificio di Largo Madonna delle Grazie fu installato un impianto artigianale. A questa fase insediativa, infatti, risale una grande vasca centrale a forma di “U”, inserita nel settore occidentale del precedente peristilio, e connessa a vasche più piccole, ad altri ambienti e ad un sistema idrico per la raccolta delle acque. La presenza delle vasche e delle canalette hanno indotto ad ipotizzare l’esistenza di una fullonica16; ma non è da escludere che tali impianti fossero destinati alla tintura dei tessuti. In entrambi i casi si tratta di attività che trovano coerenza anche con l’ubicazione dell’edificio, ai margini del cuore del centro cittadino. Effettivamente tra il III e il IV secolo d.C. diverse grandi domus della città furono abbandonate, e in alcuni casi rioccupate per differenti usi, fenomeno riconducibile al venir meno dell’influenza e del fasto dei proprietari delle medesime dimore facenti parte della classe dirigente cittadina17. Nel caso del sito di Largo Madonna delle Grazie è però interessante osservare come malgrado il rinnovamento dell’assetto urbano, si preservò la connotazione di un’area specializzata nella lavorazione tessile (fig. 2).

 Pianta della Domus di Largo Madonna delle Grazie di Teramo (da Angeletti 2006).
 Fig. 2. Pianta della Domus di Largo Madonna delle Grazie di Teramo (da Angeletti 2006).

La presenza di attività tessile a livello manifatturiero ad Interamnia è attestata anche da un’epigrafe in cui è menzionato un purpurarius di condizione libertina. La stele funeraria in travertino venne rinvenuta nel 1890 lungo la riva del Tordino, in prossimità dell’attuale frazione di Villa Butteri; non molto distante da questa località è stata ipotizzata, infatti, la presenza di una necropoli di epoca romana18.

In un’altra domus di Teramo sono stati rinvenuti altri strumenti connessi alla lavorazione tessile: si tratta della domus di Torre Bruciata, indagata al di sotto della Chiesa di S. Anna. Da questa residenza provengo due fusaiole e un rocchetto in argilla19. Il numero esiguo delle evidenze archeologiche escluderebbe l’individuazione di un centro produttivo: se è vero che entrambe le classi di materiali sono da ricondurre alla lavorazione tessile20, va tenuto conto che questa consisteva in una delle principali attività domestiche delle donne in antico.

Maggiormente lacunosi sono invece i dati per altri centri del Teramano, dai quali proviene un numero inferiore di attestazioni materiali. Per quanto concerne gli insediamenti urbani, manufatti riconducibili alla lavorazione tessile sono stati rinvenuti in due centri lungo la costa adriatica.

Nel primo caso si tratta della colonia romana di Castrum Novum, odierna Giulianova, istituita nel II secolo a.C. Da questo centro provengono 8 pesi da telaio; 9 fusaiole; 2 aghi e 2 rocchetti, attualmente conservati presso il Museo Civico di Giulianova. Dai dati raccolti finora, si è appreso che tutti questi materiali vennero rinvenuti lungo Via Gramsci e nei pressi di Bivio Bellocchio, al di sotto dei quali furono portati alla luce i resti del centro abitato di epoca romana21. Al momento, in assenza di dati puntuali di scavo, non è possibile avanzare ipotesi in merito ai contesti di rinvenimento di ciascun manufatto, anche se è molto probabile che la maggior parte di essi siano da ricondurre ad ambienti residenziali22, mentre la quantità limitata degli strumenti tessili indurrebbe a vagliare l’ipotesi di una produzione domestica23.

In Località Case Feriozzi a Martinsicuro, dove sono state riportate alla luce tracce dell’insediamento romano di Castrum Truentinum24, nel corso degli scavi tra gli anni ‘90 e i primi del 2000 sono stati rinvenuti 3 fusaiole e 3 aghi in osso; anche in questo caso non si conosce, tuttavia, l’esatta ubicazione di rinvenimento. Malgrado il numero esiguo delle attestazioni per l’epoca romana, è interessante osservare come per la fase precedente, nei pressi di Colle Marzio dove è stato rintracciato l’abitato protostorico di Martinsicuro (XII-IX s. a.C.), sono stati portati alla luce diversi pesi da telaio, fusaiole, rocchetti e aghi da cucito25. La sproporzione quantitativa di questi manufatti tra le due epoche potrebbe indicare per il territorio un mutamento produttivo nel corso dei secoli. In realtà il rinvenimento di un’epigrafe datata al I secolo d.C. nei pressi di Monteprandone, non molto distante da Martinsicuro, in cui viene menzionato il purpurarius Caius Marcilius Eros26, dimostrerebbe come la lavorazione e il commercio del tessile continuassero a rivestire un importante ruolo nell’economia locale anche in epoca romana.

Passando ad analizzare i contesti rurali, di particolare rilevanza è la villa rustica di Grasciano, nelle vicinanze di Notaresco, da dove provengono 14 pesi da telaio; 3 fusi in osso (gli unici al momento attestati nel teramano); 1 fusaiola; 3 rocchetti; 17 aghi da cucito.

In generale, per quanto concerne le ville rustiche, risulta difficoltoso poter distinguere una produzione domestica destinata all’autoconsumo da quella su vasta scala, per via dell’esiguo numero di strumenti ivi rinvenuti e, nel caso del territorio oggetto di esame, per i limitati studi sugli insediamenti rurali. Nel caso della villa rustica di Grasciano i 14 pesi da telaio indubbiamente confermano l’esistenza almeno di un telaio di medie dimensioni27, mentre resta aperta la questione sulla portata della produzione.

In Italia una produzione tessile a carattere manifatturiero è stata rintracciata in diverse ville rustiche in area lucana, in Puglia e nei territori corrispondenti all’antica X Regio28. È interessante osservare come tutte queste aree nella Penisola furono in epoca romana, e non solo, interessate da una florida attività pastorale e soprattutto dall’allevamento ovino e dalla transumanza. Attività che si sono riscontrate anche nei territori intorno a Notaresco, nelle cui prossimità correvano le antiche calles che garantivano il collegamento dai Monti della Laga alla costa marittima. Questo dato trova coerenza con il rinvenimento, sebbene in numero esiguo e in maniera sparsa, di pesi da telaio e aghi da cucito in altri contesti rurali nelle vicinanze di Notaresco.

È altrettanto significativo constatare come invece siano nettamente inferiori, e in alcuni casi totalmente assenti, le attestazioni del tessile nelle ville rustiche lungo la costa teramana. Dalla villa rustica in Località Le Muracche, nelle vicinanze di Tortoreto, ad esempio, provengono solamente 1 peso da telaio; 1 fusaiola; 2 aghi da cucito e l’unico esemplare di uncino noto nella provincia29. Questo divario tra le aree interne e la costa si spiegherebbe nella diversa vocazione produttiva all’interno delle ville rustiche, chiaramente determinata e condizionata dalle differenti risorse e condizioni del territorio. Nella provincia di Teramo le ville rustiche lungo il litorale erano interessate ad una produzione connessa all’agricoltura, come nel caso delle Muracche dove è stata rintracciata una produzione vinicola30. Le ville rustiche più interne invece, data la disponibilità di pascoli, sorgenti, e la presenza delle vie tratturali, furono maggiormente interessate ad attività connesse alla pastorizia.

In assenza di testimonianze epigrafiche e letterarie solo uno studio approfondito sugli strumenti impiegati nell’attività tessile consentirà di stabilire con maggior precisione quali tipologie di fibre furono lavorate nei centri insediativi dell’Abruzzo Settentrionale; ma sicuramente una delle principali fu la lana, considerando la disponibilità della materia prima. La pastorizia e l’allevamento transumante hanno avuto in epoca romana, e nei secoli precedenti, un ruolo dominante nell’economia dell’Abruzzo. Nel caso della provincia di Teramo tale fatto è confermato non solo dalla presenza di vie tratturali, percorse sia per la transumanza verticale che orizzontale, ma anche dalla localizzazione di alcuni ricoveri pastorali tra l’alta Valle del Vomano e i Monti della Laga, che testimoniano gli spostamenti stagionali delle greggi31. A tal riguardo, significativa è la localizzazione lungo la Val Vomano, nei pressi di Montorio, di un tempio dedicato ad Ercole, divinità poliedrica, vicina al mondo pastorale32.

Per l’individuazione dei centri di produzione tessile, allo stato attuale delle ricerche, sebbene i casi analizzati confermino che le attività di tessitura e filatura erano svolte sia nei centri urbani che nelle ville rustiche, solamente per il caso della domus di Largo Madonna delle Grazie ad Interamnia si può ipotizzare un livello manifatturiero della produzione. È inoltre interessante ricordare come entrambe le attestazioni di purpurarii – siano stati essi dei commercianti di porpora, di tessuti o responsabili delle operazioni di tintura – provengono da realtà urbane localizzate in aree nevralgiche per gli scambi commerciali: lungo la Salaria e la Flaminia e, nel caso di Castrum Truentinum, nei pressi di un approdo fluviale, che garantivano sia il collegamento tra l’interno e la costa che con le regioni limitrofe33. La lavorazione tessile in contesti urbani è confermata, inoltre, dalla presenza di una fullonica sempre ad Interamnia, e un’altra è stata ipotizzata anche nella colonia di Hatria34.

In assenza di indagini puntuali sul sistema delle ville rustiche nell’Abruzzo Settentrionale e della loro economia, non è possibile escludere al momento una produzione tessile nei pressi di questi impianti. I casi di Interamnia e Notaresco, però, sembrerebbero dimostrare come la trasformazione delle fibre avesse luogo soprattutto nelle aree medio-interne della regione, circostanza che può essere spiegata con la vicinanza ai luoghi di reperimento della materia prima. Bisogna inoltre valutare che tali centri erano ubicati in prossimità di importanti snodi viari e lungo i declivi vallivi, che fungevano da corridoio di transito dall’interno alla costa, garantendo dunque l’arrivo dei tessuti lavorati nei centri costieri maggiormente coinvolti negli scambi commerciali sia via terra che via mare (fig. 3).

 Localizzazione delle attestazioni relative alla produzione e commercio della lana nella Provincia di Teramo in epoca romana (elaborazione dell’autrice).
 Fig. 3. Localizzazione delle attestazioni relative alla produzione e commercio della lana
nella Provincia di Teramo in epoca romana (elaborazione dell’autrice).

Bibliografia

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Notes

  1. Colgo l’occasione per ringraziare la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Chieti e i Funzionari archeologi: il Dott. Vincenzo Torrieri per aver concesso la presa visione dei dati riguardanti la città di Teramo; la Dott.ssa Gilda Assenti per la consultazione dei dati inerenti a Giulianova, Notaresco, Tortoreto e Martinsicuro.
  2. Staffa 1997, 177-182; Id. 2006a.
  3. Angeletti 2006, 131-133.
  4. Staffa 1997, 182, nota 140.
  5. Alcuni di questi manufatti sono presenti all’interno del Catalogo del Museo di Teramo: Museo Teramo 2006.
  6. In mancanza della documentazione di scavo edita, non è possibile avanzare altre ipotesi; sarebbe infatti interessante comprendere se i pesi da telaio e le fusaiole siano stati rinvenuti nel medesimo ambiente dalla domus, o in vari, al fine di far luce sull’organizzazione spaziale dell’attività e la presenza di uno o più telai verticali.
  7. Di Giuseppe 2012, 479-480.
  8. In realtà molto probabilmente in antico i telai non erano strutture permanenti, ma venivano montati e allestiti in base alle necessità: Quercia 2018, 405.
  9. Di Giuseppe 2012, 484-485.
  10. Tra i vari pesi rinvenuti presso il sito di Largo Madonna delle Grazie c’è un esemplare in calcare e con corpo globulare (n. inv. 120180). Malgrado questo presenti un foro passante sulla sommità, allo stato attuale della raccolta dei dati non è stato inserito tra i pesi da telaio, in previsione della ricerca di confronti che possano contribuire ad una più corretta attribuzione di utilizzo.
  11. Sangiovanni 2006a, 277.
  12. Informazione che potrà essere dedotta solo quando si prenderà visione del manufatto.
  13. Antolini & Marengo 2012, 158-165.
  14. In questo caso tale informazione è stata riportata nella scheda del catalogo del Museo di Teramo: Sangiovanni 2006a, 277.
  15. È in previsione uno studio dei pesi da telaio e delle fusaiole provenienti da Largo Madonna delle Grazie, che terrà conto soprattutto dei loro parametri misurabili, al fine di ipotizzare le varie tipologie di produzione tessile. Questa analisi al momento non è stata possibile, poiché il Museo dove tali manufatti sono conservati è stato chiuso per lavori di messa in sicurezza e ristrutturazioni a causa dei recenti eventi sismici che hanno interessato il centro Italia, pertanto ad oggi non è stata possibile un’analisi autoptica.
  16. Angeletti 2006, 132.
  17. Staffa 2006a, 91.
  18. Staffa 2006b, 198, nota 82.
  19. Sangiovanni 2006b, 284.
  20. Mentre le fusaiole costituiscono il principale marker archeologico rivelatore di attività di filatura, oltre al fuso e alla rocca, più difficile è l’attribuzione dei rocchetti. Questi, infatti, potevano essere impiegati come contrappesi sul telaio nella tessitura a tavoletta, ma anche come spolette su cui avvolgere il filo ottenuto: Gambacurta & Ruta Serafini 2012, 353.
  21. Staffa 1997, 185-188.
  22. Fatta eccezione per un ago (n. inv. 171694), rinvenuto all’interno della tomba femminile (T.6 in Via Turati).
  23. Le prossime indagini sugli scavi archeologici del secolo scorso permetteranno di approfondire i vari contesti.
  24. Staffa 1996; Id. 2009, 201-203, nota 38.
  25. Staffa 2009, 34.
  26. CIL, IX, 5276. Buonocore & Firpo 1998, 813; Staffa 2009, 56-57, fig. 82.
  27. Dati puntuali saranno presentati solo a seguito della registrazione delle dimensioni di questi pesi da telaio. Il numero dei pesi impiegati su un telaio varia in base alle misure della larghezza del tessuto da realizzare, e dunque per avanzare ipotesi sul quantitativo di pesi è necessario in primis conoscere il loro spessore. D’altronde frequenti sono stati i rinvenimenti in Italia di concentrazioni tra i 6 e i 30 pesi da telaio ricondotti ad un telaio armato: Quercia 2018, 405-407.
  28. Marzano 2013, 14-15.
  29. Il materiale è conservato presso il Museo di Teramo: peso da telaio (n.inv.105699); fusaiola (n. inv.148753); uncino (148786); aghi (nn. inv. 37895- 37916). Iezzi 2006, 297- 299.
  30. Per la villa rustica il Località Le Muracche: La Penna 2006.
  31. Staffa 1991, 200-211, 216, 233-247.
  32. Staffa 1991, 202-204.
  33. Staffa 1996, 334-338; Id. 2001, 381-382.
  34. Al di sotto di Piazza Duomo sono stati rinvenuti, ai livelli datati al III secolo d.C., grandi dolia rivestiti di calcestruzzo e una grande vasca; Sommella 1985, 388-390; Azzena 1987, 57-60.
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ISSN : 2741-1818
Posté le 30/07/2021
10 p.
Code CLIL : 4117 ; 3385
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Comment citer

D’Arcangelo, Simona (2021) : “La lavorazione della lana dai monti alla costa in epoca romana: alcuni casi nell’Abruzzo Settentrionale”, in : Rigato, Daniela, Mongardi, Manuela, Vitelli Casella, Mattia, a cura di Adriatlas 4. Produzioni artigianali in area adriatica: manufatti, ateliers e attori (III sec. a.C. – V sec. d.C.), Pessac, Ausonius éditions, collection PrimaLun@ 8, 2021, 355-362, [En ligne] https://una-editions.fr/lavorazione-della-lana-dai-monti-alla-costa-in-epoca-romana/ [consulté le 23 juillet 2021].
doi.org/10.46608/primaluna8.9782356134073.21
Illustration de couverture • Particolare della stele del faber P. Longidienus, Museo Nazionale di Ravenna. DOI
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