A Paola
Il Circo Massimo probabilmente è il monumento romano del quale abbiamo la maggior quantità di testimonianze, letterarie ed iconografiche, che lo raccontano e lo raffigurano a fronte tuttavia di una estrema lacunosità delle sue parti strutturali. Le scene rappresentate su sarcofagi, mosaici e oggetti quotidiani ci aiutano a ricostruire un contesto rumoroso, affollato, divertente o a volte tragico, uno scenario che con i suoi spettacoli e le cerimonie attraeva ed emozionava il pubblico e sul quale ormai da decenni si stanno concentrando le osservazioni degli studiosi. Le indagini degli ultimi anni sulla struttura del Circo, unitamente alla analisi delle varie tipologie di fonti antiche, hanno permesso di progettare e realizzare un programma di visita dell’area archeologica in Realtà Virtuale ed Aumentata, ‘Circo Maximo Experience’1, un progetto che oltre a costituire un utile strumento per la divulgazione e la conoscenza, sotto forma di immagini virtuali e video ricostruttivi, ha aiutato a ricreare, seppure in via del tutto ipotetica, le corrispondenze visive che si potevano attuare tra le varie parti dell’edificio e lo scenario che si presume potesse avere ‘davanti agli occhi’ lo spettatore antico. Il Circo romano ha rappresentato un esempio unico di spazio e in seguito di edificio che ha ospitato spettacoli per oltre mille anni. Le manifestazioni, le parate, le corse e le forti emozioni suscitate hanno certamente contribuito all’enorme successo delle gare, dei suoi protagonisti e dell’abbondante utilizzo di soggetti circensi nell’iconografia antica, ampiamente rappresentati perché si trattava di riti amati e perpetuati per generazioni, di scenari e simboli universalmente noti e in grado di essere facilmente riconoscibili. Ma al di là degli aspetti sportivi il Circo aveva nei suoi caratteri simbolici e rituali un profondo legame con la sfera religiosa originaria romana2 e un ruolo rilevante nel corso degli spettacoli era svolto dalla presenza, dalla specifica posizione e dalla visibilità dell’imperatore e degli spettatori, della gerarchia sociale rappresentata sugli spalti e dalla collocazione specifica di alcune sue parti strutturali3. Gli stessi sviluppi degli apparati decorativi e propagandistici che accompagnavano l’originaria ideologia religiosa alla base dei ludi si possono anche analizzare attraverso la rete di collegamenti simbolici e i rimandi visivi che si perfezionarono nel tempo tra le varie postazioni interne. L’obiettivo di questo articolo è quello di esaminare alcuni aspetti del Circo di età imperiale proponendo una serie di riflessioni, assolutamente non definitive4, relative alla eccezionale efficacia e potenza dei vari ‘messaggi’ comunicativi che offriva alla platea degli spettatori un tale spazio in relazione alla posizione, alla visibilità di alcune sue parti costituenti e proporre inoltre alcune considerazioni in merito alla accessibilità degli spalti da parte del pubblico (fig. 1).
Il Circo Massimo costituiva lo spazio urbano che permetteva la maggior visibilità in assoluto per gli spettacoli e per gli stessi spettatori pertanto ha svolto nel tempo anche il ruolo di grande contenitore per messaggi più o meno diretti di vario genere. Al suo interno tutto concorreva ad esaltare il connubio tra potere, religione e spettacolo e per la grande capienza e il ruolo svolto dalle varie manifestazioni esso rappresentava il miglior palcoscenico funzionale alla propaganda politica e imperiale. Grazie alla grande capacità di attrazione dei suoi spettacoli si è sviluppato nel tempo un complesso sistema di corrispondenze visive tra le varie parti dello spazio delle corse nel quale un ruolo rilevante era svolto dall’accurata scenografia e dagli arredi, predisposti con sempre maggiore attenzione per stupire gli spettatori.
La disposizione degli apparati, il grandioso scenario degli spalti dal quale uomini e divinità assistevano alle corse, associati alla frequente ricorrenza dei vari ludi, costituivano un ideale palcoscenico per diffondere di messaggi immediati di vario tipo, maggiormente persistenti nella memoria, la nostra ‘memoria emotiva’ come insegnano anche le moderne neuroscienze, perché veicolati e fissati grazie alle forti emozioni e sensazioni suscitate dagli spettacoli e dalle parate. In epoca contemporanea le strategie di vendita e la pubblicità applicano metodologie molto simili per proporre comunicazioni in grado di evocare emozioni e stimoli sensoriali rilevanti e favorire pertanto una maggiore memoria di una esperienza visiva, un marchio, un prodotto o di un determinato messaggio. Lo spazio più ampio che si poteva ritrovare all’interno della città accoglieva dunque la platea ideale perché gesti, simboli e immagini erano amplificati dall’importanza e dalla durata delle rappresentazioni che aveva davanti agli occhi lo spettatore per ore e di cui si era comunque consapevoli: Cauea est ubi populus spectat5. I termini latini spesso utilizzati per collocare gli spettacoli davanti ai palchi e alle tribune, ante, in fronte, sottolineano l’importanza della stessa disposizione ‘topografica’, del punto di vista del pubblico e della gerarchia sociale che veniva rappresentata fisicamente sulle tribune. L’ampia valle del circo si configurò quindi come un grande laboratorio nel quale nel tempo, soprattutto in età imperiale, vennero elaborate sempre più sofisticate strategie di comunicazione e di propaganda. Gli spettacoli che si svolgevano erano i più antichi della città, collegati con le origini mitiche di Roma, e le complesse relazioni tra il composito allestimento religioso della valle e le manifestazioni, i giochi, le parate, hanno comportato nel tempo anche importanti influenze sulla sfera culturale e sociale. Il pubblico numerosissimo che affollava gli spalti aveva davanti agli occhi l’imperatore e il suo seguito con alle sue spalle i simulacri divini e dei defunti imperiali che assistevano ugualmente agli spettacoli dal Puluinar, in una piena corrispondenza visiva e simbolica tra l’autorità politica e religiosa. Le statue delle varie divinità che aprivano gli spettacoli in processione (pompa) inoltre erano particolarmente amate dal popolo perché assistevano e proteggevano ampie categorie sociali6. Sulla piattaforma centrale (euripus o spina) era rappresentato il pantheon delle antiche divinità circensi che sovraintendevano i riti delle corse con gli ornamenti e le decorazioni che celebravano e richiamavano la potenza e le vittorie di Roma (fig. 2).
La stessa presenza e collocazione degli apparati religiosi ed il carattere degli spettacoli evidentemente hanno nel tempo favorito astrazioni più complesse che ebbero una grande influenza nella cultura antica. Si pensi ad esempio alla rappresentazione delle corse come riflesso del fluire del tempo e delle vicissitudini umane, ampiamente ripresa e utilizzata nell’iconografia romana, o al legame particolarmente forte che si crea nel corso dell’epoca imperiale, grazie anche a specifiche e organizzate corrispondenze, topografiche e visive, tra il Circo, l’imperatore e il Sole, il cui tempio sovrastava la linea di arrivo e la vittoria della gara. Migliaia di persone si entusiasmavano per le manifestazioni collegate ai ludi religiosi ma anche per le processioni trionfali che potevano sfilare in gran parte della loro estensione sulla lunga pista con il bottino ed i popoli sottomessi7, eventi che contribuivano a rafforzare i caratteri fondanti della società romana, l’unione e la vicinanza del popolo con il Senato o l’imperatore, il favore espresso dagli dei.
Le cerimonie del Circo Massimo sono state raccontate ampiamente dagli spettatori antichi e le ricostruzioni permettono una buona comprensione di come le sue parti costitutive, ludiche e religiose, fossero esse stesse parte integrante dello spettacolo.
Lo spettacolo della valle Murcia
Lo spazio delle corse e dei ludi si trovava all’interno di uno scenario straordinario grazie anche al paesaggio urbano che lo circondava. La valle del circo, la valle Murcia, con i suoi riti antichi e percorsi urbani costituì un polo di attrazione per lo stesso orientamento dei templi circostanti, dove le stesse divinità sembravano patrocinare la sacralità dei giochi assistendo agli spettacoli. Tra i più importanti si ricordano sulla sommità del colle Aventino l’antico santuario di Diana sede della federazione latina e quello dedicato a Minerva8. Lungo la pendice del colle presso l’emiciclo doveva trovarsi il Tempio di Mercurio (495 a.C.)9 e il Tempio di Venere Ossequiente ‘ad circum’ (295-291 a.C.)10, oltre ad uno dei più antichi fornici di cui resta memoria , eretto da L. Stertinio nel 196 a.C. probabilmente nel tratto terminale sud est del circuito circense, collegato al percorso della processione trionfale nella valle. Dal Palatino, il cui lato meridionale del palazzo imperiale si conformò nel tempo con strutture sempre più monumentali e scenografiche, prospettavano i templi della Vittoria (294 a.C.), della Magna Mater (191 a.C.)11, di Giunone Sospita (91 a.C.) ed in seguito il Tempio di Apollo dedicato da Augusto nel 28 a.C. Sul retro dei carceres erano rivolti verso il Circo altri tre templi, come raffigurato nel mosaico di Piazza Armerina12 (fig. 3).
Alla accurata composizione delle architetture sacre e pubbliche si aggiungeva lo spettacolo del popolo romano in festa, dei tifosi e delle squadre in campo. La scenografia interna e i vari apparati collegati agli spettacoli dovevano impressionare lo spettatore antico con i richiami visivi e i messaggi più o meno espliciti che venivano suggeriti e che assunsero una crescente importanza ai fini della gestione del consenso popolare. Cesare ebbe modo solo per poco tempo di sperimentare le potenzialità offerte dal nuovo Circo da lui in parte costruito con i trionfi, gli sfarzosi giochi offerti e gli onori a sé riservati, ma fu Ottaviano che completò l’edificio e predispose con particolare attenzione nuovi ornamenti ed elementi dall’alto valore simbolico. Egli attuò nel tempo nella città una sofisticata strategia di comunicazione ‘visiva’ basata su nuovi programmi edilizi e di arredo pubblico ma anche sugli spettacoli perché ‘per lo splendore, il numero e la varietà dei giochi superò tutti i suoi predecessori’13 per riempire ‘l’animo e gli occhi dei romani’14. Ebbe comunque la possibilità di valutare fin da giovanissimo gli effetti del coinvolgimento di tale ‘audience’ per la promozione della propria immagine pubblica e del culto imperiale quando, nel 44 a.C., celebrò a proprie spese i Ludi Victoriae Caesaris come giochi funebri in onore di Cesare e seppe sfruttare abilmente l’apparizione di una cometa, che restò visibile per una settimana in cielo proprio durante i giorni dei giochi da lui organizzati, interpretata come segno dell’avvenuta apoteosi del padre (sidus Iulium)15.
‘Non c’è nessuno che frequenti gli spettacoli, che possa rivolgere il pensiero a qualcosa di diverso da questo: a vedere e ad esser visto’16
Il Circo Massimo era probabilmente il luogo più ambito da tutte le classi sociali per poter acquisire visibilità e dal principe per mostrarsi e rinforzare il pubblico consenso. Nessuno spazio pubblico o edificio in città poteva contenere insieme e per molte ore circa un quarto/un quinto della popolazione urbana, con un indice di popolarità e di gradimento assoluto degli spettacoli che si può solo in parte confrontare con un grande evento sportivo contemporaneo. Proprio in forza della sua origine così antica le prime testimonianze sul privilegio di apposite e ben visibili postazioni per gruppi sociali o personaggi eminenti accompagnano la storia stessa della città, a partire dalle iniziali tribune in legno provvisorie che le maggiori autorità cittadine si fecero costruire in epoca regia nel circo in appositi spazi assegnati17. In seguito, nel corso di un processo durato secoli, si sperimentarono soluzioni tecniche funzionali non solo per gli spettacoli (carceres, meccanismi di apertura degli stalli, i contagiri per gli spettatori) ma anche per sostenere gli ampi spalti con installazioni lignee sempre più complesse, dotati anche di cancellate a protezione del pubblico. La più antica postazione d’onore tramandata in epoca repubblicana riguarda la sella curule riservata a M. Valerio Massimo (494 a.C.) presso il sacello di Murcia18, nel settore sudest della valle. Questa si trovava presumibilmente in prossimità della linea di arrivo delle gare e in una zona dove possiamo ipotizzare anche in seguito la sistemazione dei posti più importanti. La pista venne circondata gradualmente da tribune costruite anche sugli edifici circostanti e all’inizio del II sec. a.C. (194 a.C.), in occasione dei Ludi Romani, si separarono i posti (loca) dei senatori da quelli della plebe19, poiché prima assistevano insieme, e nello stesso periodo furono assegnati specifici posti d’onore alla gens Aelia20. Significativi cambiamenti vennero attuati per garantire la visibilità dei cittadini eminenti, sottolineata dall’abbigliamento e dagli ornamenti conferiti. La concessione del 167 a.C. a Lucio Emilio Paolo Macedonico di poter assistere ai ludi circensi in abbigliamento trionfale21 sottolinea la nuova importanza, ormai irreversibile, che rivestiva la propaganda personale veicolata anche attraverso la pubblica esibizione, mentre si potenzia la munificenza degli abbellimenti (luxuria) degli edifici per spettacoli costruiti in città, ancora non permanenti22. I cambiamenti sociali e politici di epoca tardorepubblicana rivelano anche nella disposizione delle classi sociali nei luoghi pubblici e di spettacolo. Nel 67 a.C. venne riconosciuta l’importanza della pubblica visibilità anche della classe dei cavalieri organizzando la loro posizione nei primi sedili del teatro (Lex Roscia theatralis) ripristinando un antico privilegio23, poco dopo venne anche concesso a Pompeo di presentarsi al circo con corona d’oro e ornamento da trionfatore24. Nel 56 o 55 il senato decretò che Catone potesse intervenire agli spettacoli con una veste orlata di porpora; Cesare indossava l’abito trionfale durante i giochi ed introdusse il carro con la sua immagine nel cerimoniale della pompa circense25. A lui si deve la costruzione del primo vero Circo, probabilmente intorno al 46 a.C., un edificio unitario parzialmente in muratura poi completato da Augusto (fig. 4).
Si può ragionevolmente pensare che molte delle precedenti postazioni collocate nei punti di maggior interesse per assistere agli spettacoli siano state mantenute anche per tutelare le acquisite sistemazioni personali o di specifici gruppi sociali. La vista migliore delle corse si godeva dai settori centrali26 in corrispondenza con le linee di partenza e di arrivo delle gare, posizioni che in età imperiale saranno occupate dal Tribunal Iudicum e del Puluinar ai due lati della barriera centrale. A partire dalla fine del I secolo a.C. i luoghi dello spettacolo e dove si riuniva il popolo furono sentiti come gli spazi per eccellenza per presentare il principe in pubblico e aumentarono le disposizioni, spesso disattese e pertanto reiterate, per tutelare i posti nei vari settori della cauea riservati alla classe senatoria, ai cavalieri e agli altri strati sociali distinti per genere e età. Dove ci si sedeva e come si era vestiti definiva la propria appartenenza sociale, di conseguenza la stessa disposizione e ‘messa in scena’ del colorato popolo romano venne regolata, divenendo essa stessa l’esibizione per eccellenza che celebrava il nuovo ordine sociale27. Tuttavia nel Circo non è attestata la separazione di genere quanto piuttosto di classe sociale, anche se le occupazioni di alcuni settori erano frequenti, facilitati dalla stessa composizione e accessibilità dell’ampia cauea28. Lo schema architettonico della nuova struttura circense testimoniato da Dionigi di Alicarnasso, 621 m di lunghezza per 118 m29, sembra recepire le disposizioni e le regole riproposte e sancite da Augusto sulla assegnazione gerarchica dei posti nei luoghi di spettacolo30: i primi gradini nel circo, più vicini alla pista, erano lapidei, presumibilmente più comodi e riservati, il resto dell’ampia cauea era provvisto di più scomodi e stretti sedili lignei (fig. 5).
Ma le disposizioni continuavano a non essere rispettate e si attribuisce a Claudio l’ennesimo intervento di ripristino del settore riservato ai senatori. Il Circo conservava evidentemente una lunga tradizione di preferenze personali o di specifiche categorie per la scelta dei posti dai quali assistere agli spettacoli, pertanto venne consentita anche una maggior flessibilità per sistemazioni alternative: ‘Precedentemente nel circo le diverse classi assistevano agli spettacoli separatamente per conto proprio, come era appunto tradizione, e perciò non avevano posti assegnati. Ma ora Claudio distinse la tribuna [i posti a sedere:έδραν] dei senatori, che ancora oggi appartengono a loro, ed inoltre concesse a coloro che lo volevano di assistere agli spettacoli da un altro posto e di indossare un abito da privato cittadino’31. Queste disposizioni, che rimarcavano in gran parte le precedenti disposizioni augustee, evidenziano anche l’importanza data all’impatto visivo di chi assisteva agli spettacoli poiché la stessa sistemazione uniforme, omogenea e ben riconoscibile delle varie classi sugli spalti contribuiva a sottolineare la stabilità e l’ordine del sistema sociale.
Da Augusto fino a Settimio Severo il numero dei senatori è stato calcolato in circa 60032. Negli edifici per spettacoli era usuale assegnare specifici settori della cauea a determinate classi cittadine33, nei teatri la stessa disposizione interna (proedria, orchestra, tribunalia) facilitava la visione dei settori di pertinenza o di non accessibilità. Nel Circo erano riservati ai senatori un’ampia porzione di posti disposti probabilmente su più file, evidentemente più profondi e comodi rispetto al resto della cauea, forse occupati fin dall’inizio anche da subsellia34. Se si ipotizza uno spazio di seduta a persona largo 50 cm35 si dovrebbe pensare ad un’unica fila a loro riservata, vicina alla pista, lunga 300 m (circa metà lunghezza dell’intero edificio), o, più probabilmente, su tre o più file sovrapposte (il settore con gradini in pietra) e così via, misure che aumentano in caso di spazi personali più ampi.
Per quanto riguarda la molto più numerosa classe dei cavalieri nel 5 d.C. si stabilì nuovamente che questa fosse separata dal resto della popolazione e dagli stessi senatori36. Ma tale disposizione non dovette avere effetti permanenti se non dopo la costruzione da parte di Nerone dei posti a loro riservati nella parte più bassa della cauea, costruiti di fronte (‘anteposuit’37) a quelli della plebe, occupando lo spazio del canale fatto a suo tempo scavare da Cesare intorno alla pista. Questa nuova disposizione sembra in apparentemente contraddizione con le precedenti norme relative ai posti senatorialima potrebbe invece confermare che i nuovi sedili circondavano gran parte della pista ma dovevano interrompersi in prossimità del settore dei senatori.
La visione ravvicinata dello spettacolo è sempre stata un privilegio ma bisogna anche tener presente che a causa delle dimensioni notevolissime del Circo (l’edificio traianeo era lungo circa 600 m38) era possibile scegliere, o meglio occupare, postazioni diverse per svariati motivi e per scelte personali. La caratteristica conformazione all’interno di una valle permetteva a chi prediligeva una osservazione complessiva delle varie fasi delle corse anche di spostarsi più in alto, sui balconi e le terrazze (maeniana) delle case a ridosso dei colli. Augusto nel nuovo circo riserva a sé la postazione nei pressi del Puluinar dove era esibita al pubblico la famiglia imperiale ma amerà assistere agli spettacoli dai piani superiori delle case degli amici e dei liberti sul Palatino (e dopo di lui anche altri imperatori39), forse da una terrazza dalla sua residenza, che si amplia nel tempo40 (fig. 6),che aveva l’indubbio vantaggio di una maggior comodità personale e di una visione complessiva dall’alto del colle delle varie fasi delle corse.
Le esigenze di rappresentanza ufficiale imponevano la presenza della famiglia imperiale al cospetto del popolo, il principe doveva comunque essere partecipe della festa, ad altri infatti occasionalmente verrà rimproverata la pubblica assenza o l’eccessiva riservatezza durante i giochi41.
Un altro fattore di cui tenere conto era costituito dall’orientamento del Circo: gli spalti del lato lungo settentrionale, al di sotto del Palatino, risultano costantemente esposti al sole in inverno e d’estate e questa posizione poteva influire nelle varie stagioni o nell’arco della stessa giornata nella scelta dei posti, non disponendo degli appositi velari invece spesso predisposti in altri più piccoli edifici per spettacoli42.
Nel grande palcoscenico del Circo Massimo anche i vari elementi architettonici erano parti essenziali del programma ludico-religioso delle manifestazioni che si svolgevano, tutto concorreva ad esaltare il connubio tra potere, religione e spettacolo. In età repubblicana le statue delle divinità erano trasportate in processione su tensae e ferculae43 per poter assistere ai ludi circensi da una apposita postazione, forse una semplice piattaforma rialzata, coperta, vicinissima alla pista, da dove probabilmente assistevano ai giochi anche i sacerdoti. Alla loro presenza e visibilità seguì quella dei defunti della famiglia imperiale le cui statue si unirono alla processione a partire da quella di Cesare44. Augusto ricostruì in forme monumentali l’edificio religioso, il Puluinar45, probabilmente nella stessa posizione della struttura precedente cioè in prossimità della pista46. Anche dal punto di vista strutturale è verosimile che tale edificio non poggiasse solo sulle sottostanti murature dei lunghi fornici esterni ma sulla più solida galleria interna in prossimità dell’ima cauea47. Sulla fronte era predisposto uno spazio, forse un podiocon balcone o un palco imperiale, suggestum48, dove il principe sedeva insieme alla sua famigliaper assistere ai giochi49. Con la ricostruzione di Traiano l’edificio sacro si stagliò sulla parte alta della cauea divenendo parte integrante dell’imponente lato nord del Circo a cui faceva da sfondo il palazzo imperiale Palatino50. Nella rappresentazione della Forma Urbis Seuerian51 il Puluinar poggia sullo spazio occupato al piano terra dalla galleria esterna e dai fornici e termina in corrispondenza della galleria superiore interna (fig. 7). La tipologia in pianta è quella di un’ampia stanza decorata da pilastri (oecus?) e occupa in larghezza lo spazio di circa 4 fornici, cioè circa 20 m. Nel mosaico di Luni appare come un vero e proprio tempio esastilo con capitelli corinzi e timpano decorato con corone e acroteri. Si intravede la parte superiore del baldacchino imperiale che poteva essere anche una struttura più articolata.
Questa nuova più alta posizione aveva un valore scenografico oltre che strutturale, ma anche funzionale ai nuovi accessi appositamente creati nell’edificio. Nel mosaico di Luni e nella Forma Urbis si notano una doppia sequenza di scale laterali che emergono dagli ambienti interni più alti pertanto le divinità e l’imperatore accedevano agli spettacoli da due diversi percorsi carichi di significati rituali e simbolici e con effetti altamente spettacolari. Le statue venivano portate in processione (pompa) direttamente dalla pista tramite le porte del podio e le scale degli spalti53. Di certo l’effetto finale doveva essere sorprendente e la stessa scenografia era accuratamente predisposta e rappresentava essa stessa un’immagine potente: l’imperatore e la moltitudine delle divinità alle sue spalle costituiva un’associazione posta costantemente davanti agli occhi del cittadino romano che legittimava e sacralizzava la posizione del principe. Il luogo dove sedeva, a differenza degli altri edifici per spettacoli, adesso è veramente eguagliato a quello della plebe54 poiché il nuovo Puluinar con annesso loggiato imperiale55 si ritrova più in alto ad interrompere le gradinate della media e summa cauea (fig. 8).
Dalla nuova postazione gli dei e l’imperatore godevano della vista migliore delle corse: proprio di fronte si vedeva bene la linea di arrivo e la tribuna dei giudici, che distava un centinaio di metri, mentre allo stesso tempo era garantita la piena visibilità del palco e dei suoi attori da gran parte degli spettatori del Circo (fig. 9 e 7).
L’antico Tempio del Sole56, rappresentato distilo in un denario del 42 a.C.57, venne ben presto incorporato all’interno del lato meridionale del Circo (fig. 10). Già vetusto nel 65 d.C. , venne forse ricostruito dallo stesso Nerone e appare raffigurato in forme monumentali nelle monete di Traiano e Caracalla, dedicato al Sole e alla Luna58.
Il tempio, probabilmente esastilo, si trovava al di sopra della tribuna dei giudici, una terrazza che affacciava sulla pista (fig. 11).
Una associazione che perdura fin dalle origini e che verrà rimarcata fino alla fine dei giochi è quella tra culto solare e corsa equestre con il riconoscimento del Sole come patrono del Circo59. Ma è soprattutto partire da Augusto che il culto del Sole, inizialmente nella sua accezione apollinea, si associa con la propaganda dinastica legandosi sempre di più alla figura imperiale e al nuovo corso della pax augustea e del nuovo ordine: ‘Apollinis nomen multiplici interpretatione ad solem refertur, cuius rei ordinem pergam60. A seguito della dedica da parte di Augusto del tempio di Apollo sul Palatino (nel 28 a.C.) e dell’erezione nel 10 a.C. al centro della piattaforma centrale61 dell’obelisco egizio, proveniente da Heliopolis, ‘Soli donum’, si rafforza il collegamento ideologico tra Sole – Apollo – Circo e la residenza imperiale. Si crea così nella valle un potente legame visivo tra il tempio di Apollo Palatino con in cima il luccicante carro del Sole in bronzo dorato, l’obelisco al centro e il tempio del Sole sull’altro versante (v. fig. 1). Nella costruzione della memoria collettiva antica (e non solo) particolare importanza assumono i messaggi e le corrispondenze visive che si costruiscono in particolari spazi urbani nei quali gli elementi architettonici, di arredo e simbolici perdurano e si ripropongono nel tempo, come in questo caso. Negli spazi pubblici, ed in particolar modo in quelli degli spettacoli, questi sono particolarmente efficaci perché assimilati in profondità, conservati e tramandati per generazioni e nel caso del circo hanno fatto parte per secoli del panorama che avevano davanti agli occhi migliaia di spettatori durante i lunghi tempi delle corse. Il legame dei riti con la figura del principe, rafforzato dalla introduzione nella pompa delle immagini dei defunti della domus augusta62, e la posizione del tempio in prossimità della linea di arrivo63 sono associazioni che hanno potuto contribuire a favorire l’accoglienza dello specifico attributo solare riservato alla figura dell’imperatore e del particolare carattere sincretistico religioso del Sole vittorioso che ha avuto una grande importanza nel corso dell’età imperiale64.
Al di sotto del tempio di trovava la postazione dei giudici, il Tribunal Iudicum, una posizione ideale per sorvegliare la regolarità delle fasi della gara65. Sulle monete di Traiano e Caracalla e sulla Forma Urbis è rappresentata come una terrazza sopraelevata che in parte occupava per alcuni metri la pista, alla quale era collegata da scale. Benché in una posizione d’eccellenza per sorvegliare la correttezza della competizione (fig. 12)66, questa si trovava in uno dei punti probabilmente più pericolosi poiché restringeva la larghezza di questo tratto dello spazio delle corse.
Nel Circo Massimo il Tempio del Sole, il Tribunal ed il Puluinar con loggia imperiale si affrontavano sulla medesima linea visiva: gli spettatori potevano osservare le decisioni dei giudici nelle fasi iniziali e finali e, sull’altro lato, gli umori della corte nel palco imperiale.
I grandi monumenti pubblici di età imperiale erano spesso spazi separati dal contesto urbano circostante e quasi sempre la piena visione interna era ostacolata dalla presenza dei numerosi elementi di arredo, statue e colonne onorarie67; la conformazione dello spazio delle corse obbligava a lasciar libera la pista (che comunque poteva essere opportunamente occasionalmente ‘colorata’) ma consentiva una grande varietà di soluzioni di arredo sugli spalti e sulla barriera centrale, sulla quale gli apparati decorativi furono in parte modificati nel corso dei vari secoli. I caratteri religiosi originari vennero mantenuti fino all’epoca di Cassiodoro ma nel corso del tempo accanto a questi furono periodicamente collocati, alternati alle vasche piene d’acqua, tutti gli emblemi e gli elementi che anche rimandavano alla vittoria e alla potenza di Roma espressi sotto forma di trofei, statue di animali e piante esotiche (leoni, alberi di palma) a simboleggiare la vastità dei territori conquistati (fig. 13).
Le dimensioni della piattaforma (larga circa 10-12 m, lunga circa 370 m e alta poco più di un metro68) consentivano una grande varietà di decorazioni e allestimenti anche estremamente sofisticati in occasioni speciali, ma soprattutto permettevano la visione di gran parte dei momenti della corsa da tutti e due i lati lunghi del Circo.
Il monumentale arco trionfale dedicato dal senato a Tito nell’81, ma presumibilmente realizzato dal fratello, chiudeva l’accesso orientale al centro dell’emiciclo. La costruzione di questo monumento rientrava in pieno nella strategia di propaganda di Domiziano che arricchì Roma di monumenti celebrativi della famiglia flavia, in particolare lungo i nuovi percorsi cerimoniali organizzati intorno al Palazzo imperiale sul Palatino69. Le decorazioni e la dedica (fig. 14) esaltavano le conquiste e il trionfo giudaico di Vespasiano e Tito70 e la stessa posizione era estremamente strategica perché, come è presumibile, l’arco è stato costruito a poca distanza dalla stessa casa natale di Tito ancora ben visibile e nota71. Il passaggio attraverso i fornici era interdetto durante gli spettacoli72, da questo non si poteva accedere agli spalti ma si poteva salire direttamente dalla pista nel corso delle cerimonie trionfali o in altre pubbliche occasioni tramite la scalinata sulla fronte o una rampa lignea collocata al di sopra.
Il suo orientamento coincideva con quello della barriera centrale che era a sua volta leggermente divergente rispetto a quello dei lati lunghi73. L’arco di Tito probabilmente è stato costruito al posto di un monumento trionfale precedente (arco di Stertinio) e la sua posizione e il collegamento visivo diretto che si creava con la spina ed il Puluinar rispondevano evidentemente a più antiche e specifiche esigenze di carattere rituale o a direttrici visive e topografiche al momento di difficile ricostruzione (fig. 15).
Postazione d’eccellenza era anche la loggia al di sopra dei carceres sulla quale sedeva il magistrato o l’autorità che organizzava i giochi. Nel mosaico di Piazza Armerina è raffigurata come un padiglione tetrastilo con frontone triangolare74. La posizione garantiva un’ampia visibilità e popolarità al promotore dei giochi poiché da lì proveniva il segnale di partenza ed era, naturalmente, la zona più attentamente osservata da tutti gli spettatori all’inizio della corsa (fig. 16)75.
Da qui tuttavia, a causa della profondità della pista, non si poteva avere una buona visione di molte fasi della corsa76 (fig. 17).
Nel circo del I secolo sono attestate sulla piattaforma centrale alcune torri lignee (falae). Non è chiaro se venivano utilizzate nel corso degli spettacoli o per permettere a pochi spettatori o ai giudici di assistere da una visuale veramente unica alle corse o ad altri manifestazioni come le cacce (fig. 18)77.
Queste non sono più testimoniate nell’iconografia successiva alla ricostruzione traianea ma tornano ad essere ricordate nel Circo in epoca gota come palchi di eccellenza riservati alla nobiltà romana (turrem circi)78. Non è facile stabilire se si trovassero ancora sulla spina o in altre parti dell’edificio, ma appare verosimile che in assenza dell’imperatore siano state costruite nuove importanti e ben visibili postazioni, come tribune o baldacchini, destinate ai funzionari di alto rango in grado di garantire la visibilità personale e delle corse.
Alcune considerazioni sull’accessibilità degli spalti
Le dimensioni del Circo Massimo sono state ricostruite in via del tutto ipotetica e si basano sui risultati degli scavi e delle indagini pregresse e recenti (2009-2015) nella zona dell’emiciclo che hanno permesso di ipotizzare , in generale, i percorsi della circolazione interna del pubblico79. In età imperiale lo spazio della valle Murcia non permetteva un grande ampliamento della struttura circense, se non in altezza, inoltre lo schema architettonico del circo ricostruito da Traiano all’inizio del II secolo si è sviluppato in gran parte al di sopra delle strutture dell’edificio precedente nel quale le gradinate di circa i due terzi del complesso erano lignee. Pertanto la necessità di continuare a mantenere una grandissima capienza di pubblico ha comportato la creazione di spazi al suo interno meno ampi rispetto ad altri edifici per spettacolo della città. Gli ingressi, i corridoi, le scale e gli stessi gradini esistenti nel settore superstite dell’emiciclo dimostrano che il Circo Massimo era un monumento altamente funzionale ma assolutamente poco comodo in molti settori. L’edificio è stato costruito per contenere il numero più ampio possibile di spettatori, molti dei quali assistevano agli spettacoli stipati, ma la sua grande capienza andava a svantaggio della comodità delle sedute, delle dimensioni ridotte degli ambienti dei percorsi del pubblico (e delle vie di fuga), delle stesse gallerie e delle scale. I numeri degli spettatori riportati dalle fonti ci testimoniano una crescita costante, da Augusto fino al IV secolo, con una capienza che nel corso dell’età imperiale mantiene una indubbia relazione con l’incremento stesso delle manifestazioni e con i numeri della popolazione urbana. Già sotto Augusto il Circo si riempiva, 150.000 spettatori, e la città si svuotava tanto da rendere necessaria una particolare vigilanza cittadina80. Nell’edificio del I secolo, secondo la descrizione di Dionigi, erano presenti numerosi e sistematici accessi ricavati nei fornici esterni, disposti per veicolare il pubblico in modo veloce ed efficiente, alternati agli spazi commerciali e abitativi81. Incorporato al centro del lato curvo forse svettava l’arco di Stertinio, mentre il canale che fino a Nerone circondava i bordi della pista (euripus) doveva permettere l’ingresso dalla pista verso le porte del muro del podio tramite apposite passerelle (rif. fig. 10)82. Le gradinate lignee, come testimoniato da Ovidio, erano affollate e scomode (fig. 19) e il pubblico necessitava di cuscini nelle lunghe ore dei giochi83.
L’aumento di capienza, riportata da Plinio in 250.000 spettatori84 avvenne verosimilmente in gran parte in seguito agli interventi di età neroniana, quando le ricostruzioni di parte delle murature nei fornici esterni permisero di sostenere nuovi e più alti spalti lignei e un nuovo settore venne ricavato verso la pista85. Qui le nuove gradinate riservate ai cavalieri ricoprivano il canale cesariano largo 3 m, pertanto possiamo ipotizzare, se si escludono gli spazi del muro del podio e delle precinzioni, l’aggiunta di almeno altri 3-5 file di gradini intorno alla pista.
Il nuovo Circo edificato da Traiano era interamente in muratura; vennero eliminate gran parte delle strutture lignee ad eccezione dei gradini della summa cauea in ligneis, dei pianerottoli e delle scale interne dei piani alti, ma venne mantenuta la stessa capienza e l’organizzazione generale dei locali e degli ingressi.
Nel IV sec i Cataloghi Regionari riportano la cifra eccezionale di 385.000 loca; le ulteriori postazioni per il pubblico o per nuove categorie sociali per assistere agli spettacoli sono evidentemente ricavate anche all’esterno, su terrazze, scalinate o maeniana addossate agli edifici dei colli adiacenti ma forse utilizzate o costruite a beneficio del pubblico del Circo e come tali conteggiate.
Tuttavia a fronte di un così grande numero di spettatori, per quanto ricostruibile dalla topografia antica, all’esterno del Circo non esistevano grandi spazi per il disimpegno della folla se non verso i due lati minori. Sul retro dei carceres si riunivano centinaia di cavalli e il personale delle squadre86, ma allo stato attuale di questa zona si conosce solo la posizione di alcune basi in marmo che si trovavano prima dei veri e propri stalli di partenza87. Al di là di questi c’era la strada ad duodecim portas e un settore del Foro Boario del quale rimangono i resti di strutture di varia datazione, tra le quali una scalinata ed ambienti voltati, forse stalle, all’interno dei quali nel III secolo è stato ricavato un Mitreo. Nel complesso l’area non era molto ampia in età imperiale ma si stima una distanza tra i carceres e gli edifici vicini compresa approssimativamente tra i 15 e circa 25 m (fig. 20)88, mentre più vasto era il crocevia che si trovava nei pressi dell’emiciclo89. Ma la maggior parte degli spettatori per recarsi agli spettacoli doveva percorrere le strade che circondavano i lati lunghi del Circo ai piedi dei due colli Aventino e Palatino, affiancate da portici. Nel settore dell’emiciclo la strada esterna, larga poco meno di 5 m., nel corso del II e soprattutto III secolo risultava in alcuni punti segmentata dalle numerose arcate realizzate a sostegno della facciata. I corridoi di ingresso e delle scale situati negli ambienti che affacciavano nell’ambulacro esterno al piano terra si alternavano con le numerose tabernae, evidenziando una precisa selezione del pubblico che veniva indirizzato tramite passaggi obbligati nei vari ordini della cauea.
Nello spazio occupato dai primi 13 fornici dell’emiciclo nord est possiamo stimare la presenza di 5 tabernae, 4 locali con accesso diretto verso la galleria interna e l’ima cauea e 4-5 ambienti con scale di accesso verso la galleria superiore (media e summa cauea), alcuni dei quali utilizzati ugualmente per scopi commerciali o altro. La ricostruzione traianea realizzata sulle strutture precedenti ha dovuto adattare su queste la nuova disposizione degli ambienti e degli ingressi, pertanto si notano alcuni adattamenti che non presentano uno schema del tutto regolare. Soprattutto nel settore meridionale dell’emiciclo, lato Aventino, non si evidenzia una alternanza costante dei vari locali: alcune tabernae sono contigue mentre le scale e i passaggi per l’ima cauea utilizzano lo stesso fornice.
Gli ingressi dall’esterno sono abbastanza ampi, ma si restringono man mano che si entra nell’edificio. Senatori e cavalieri per dirigersi verso l’ima cauea entravano da un fornice (largo in media 4 m) dotato di chiusure, quindi attraversavano la galleria interna90 (collegata anche con una scala anche alla galleria sottostante91), dotata di finestre, vomitori e lunghe latrine. Da qui si accedeva direttamente alla cauea tramite una porta92 che immetteva verso alcuni gradini in salita (fig. 21).
L’ingresso sugli spalti non era comodo in quanto nei tre vomitori verso l’ima cauea che sono stati parzialmente indagati è stata ritrovata, nello spazio immediatamente sottostante l’uscita sui gradini, l’apertura di una porta o finestra93 collegata con la galleria inferiore (non indagata), che rendeva pressoché impossibile la sosta dello spettatore ma obbligava al rapido avvio verso le gradinate laterali (fig. 22).
Gli esponenti della classe equestre e i senatori disponevano comunque di un percorso in piano comodo e veloce dovendo percorrere circa 15 m dalla soglia del fornice di ingresso fino alla porta di accesso del vomitorio (figg. 21 e 23).
Inoltre da queste porte alcune piccole scale dirette verso le gallerie inferiori, non indagate, potevano permettere l’utilizzo di ulteriori settori più vicini alla pista, mentre non sono noti al momento le modalità dei passaggi diretti ai primi gradini tramite le porte del podio dalla pista94.
La maggior parte del pubblico del circo tuttavia occupava le parti medio-alte della cauea, pertanto si dirigeva dall’ambulacro esterno verso la galleria superiore del circo tramite le scale costruite nei fornici esterni (fig. 24)95.
Questa galleria che doveva smistare circa i 3/4 del pubblico era tuttavia abbastanza ridotta, essendo larga circa 2,2 m (fig. 25). Il flusso del pubblico poteva inoltre essere rallentato dalla presenza al suo interno di latrine/orinatoi forse con fontanella, destinate al pubblico maschile, disposte a distanze regolari e inserite per motivi di spazio all’interno delle murature. Forse ulteriori latrine per il pubblico femminile si potevano trovare nei fornici del piano terra.
Lo spettatore poteva accedere subito ai settori della media cauea tramite i vomitori che si ritrovano sulla parete opposta96, oppure dirigersi verso i piani superiori tramite aperture ricavate sulla parete esterna della galleria97, percorrendo ulteriori scale e pianerottoli (fig. 26). La ricostruzione dei percorsi del pubblico sembra documentare un rapporto paritario tra ingressi per l’ima e la media cauea, mentre per salire verso i piani alti (summa cauea e summa cauea in ligneis) erano predisposti nella galleria superiore il triplo degli accessi.
Nel complesso del Circo Massimo si ipotizzano circa 160 accessi distribuiti nei due lati lunghi, dei quali 80 diretti verso l’ima cauea e 80 ambienti con scale per la media e summa cauea98. Nel Teatro di Marcello, di età augustea, si ricostruiscono 40 fornici (più due aditus maximi) all’interno dei quali sono ricavati 7 rampe dirette per l’ima cauea e 7 fornici con scale e rampe per i piani superiori99. I Cataloghi Regionari nel IV secolo riportano una capienza di 20.500 loca. Nel Colosseo a fronte di una capienza stimata tra i 40.000 e 70.000 spettatori100 (i Cataloghi Regionari riportano una capienza stimata in 87.000 spettatori) ritroviamo 76 arcate con accessi per gli spettatori delle quali 12 sono riservati ai senatori e 16 alla classe equestre101. Si tratta di edifici di spettacolo diversi per tipologia, cronologia e per la complessità dello sviluppo degli ambienti interni ma dal confronto emerge che l’ampio numero di ingressi che si ritrovano nel Circo, forse mantenuti nella ricostruzione traianea sul precedente schema cesariano, potrebbe essere certamente collegato con l’enorme capacità di spettatori ma anche con la necessità di una distribuzione del pubblico più ampia a causa delle ridotte dimensioni degli spazi utilizzati per il flusso della folla. Il numero di ingressi diretti ai settori più bassi della cauea, uguale a quello delle scale dirette ai settori superiori, sembra far emergere la possibilità che questo settore (ima cauea e maenianum primum?) potesse accogliere anche altre eminenti categorie sociali.
Lo spettatore del Circo, almeno a giudicare dalle tracce di chiusura dei vari fornici, disponeva di tragitti obbligati dall’esterno ma una volta entrato nella cauea evidentemente si poteva muovere e sistemare con una maggiore libertà. I percorsi erano estremamente razionalizzati ma le dimensioni riportate suggeriscono una grande difficoltà di circolazione del pubblico che poteva creare affollamenti in entrata ma anche in caso di rapido sgombero dell’edificio, come dimostrano le testimonianze sull’elevato numero di vittime registrate nei crolli del Circo del II e III secolo, forse causate anche dalle conseguenti resse102. A fronte di una stima media della popolazione della sola città di Roma in periodo imperiale di circa un milione103 risulta evidente come nel tempo il Circo sia stato volutamente organizzato nei suoi vari settori per poter contenere il più alto numero di spettatori. Si tratta di un edificio che non doveva presentare i larghi e comodi sedili dei teatri o degli anfiteatri104 ma che risultava sostanzialmente molto scomodo pur continuando a mantenere nel tempo il più grande favore del pubblico. In occasione degli spettacoli si riservavano specifici spazi complessivi per singole categorie, calcolati in piedi romani, ma in caso di eventi particolarmente importanti è probabile la folla fosse oltremodo stipata o costretta ad assistere agli spettacoli in alcuni settori anche in piedi, come nelle antiche abitudini105. Gli stretti e bassi gradini forse pertinenti alla media cauea, ritrovati numerosi nel corso degli scavi (fig. 27) permettono di giustificare in parte l’ampio calcolo dei ‘loca’ riportato in antico. Le loro misure (circa 35-38 cm di profonditàper circa 28 cm di altezza106)permettevano con molta difficoltà che gli spettatori potessero sedersi su tutte le file se non infastiditi dalle gambe dello spettatore seduto di dietro, come già raccontava Ovidio107. Se le dimensioni di questi gradini si potessero attribuire all’ipotetico spazio dell’intero edificio si supererebbe la capienza di 200.000 spettatori108.
A fronte della scomodità dei gradini di molti suoi settori il Circo Massimo ha mantenuto per secoli in ogni caso una capacità di pubblico enorme dovuta alla grande attrazione popolare delle manifestazioni che ospitava che induceva pertanto gran parte della folla a cercare di occupare i posti e gli spazi migliori fin dall’apertura dei cancelli di ingresso. Si tratta di una capienza che, malgrado sia stata costantemente riproposta dalle fonti antiche, non riusciamo a comprendere del tutto perché continua a sorprenderci per la grande differenza nel confronto con altri edifici per spettacoli antichi, più piccoli e più comodi, ed anche ovviamente rispetto ai parametri di comodità previsti per gli spettatori moderni, ma che evidentemente è stata sempre assicurata nelle varie fasi della lunga vita del Circo proprio in funzione del valore sociale svolto dagli spettacoli e della grande importanza attribuita allo stesso grande palcoscenico interno.
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Notes
* Desidero dedicare questo contributo alla cara amica e collega Paola Ciancio Rossetto, scomparsa nel 2022. Nel corso degli anni passati insieme in Sovrintendenza abbiamo condiviso momenti importanti di amicizia e di studio, molti dei quali trascorsi insieme proprio al Circo Massimo, un monumento che grazie al suo lavoro e alle sue ricerche è stato ‘riscoperto’ dopo tanti anni di oblìo.
- La prima restituzione virtuale del Circo Massimo è stata realizzata dall’Institut Ausonius di Bordeaux in collaborazione con la Sovrintendenza Capitolina, le cui elaborazioni e ipotesi progettuali sono state poi sostanzialmente enunciate anche nel corso del colloquio ‘Le cirque romain 2008: Ciancio Rossetto 2008; Fauquet 2008; Golvin 2008a, Golvin 2008b; Vergnieux 2008. Più recentemente (2019) sotto la Direzione Scientifica di chi scrive è stato sviluppato dalla Sovrintendenza Capitolina all’interno dell’area archeologica un percorso di visita in realtà aumenta e virtuale (Circo Maximo Experience) e alcune immagini realizzate nel corso delle varie fasi del progetto sono state utilizzate a supporto grafico di questo articolo.
- Cfr. Isid., Etym., 18.29.2; Cassiod., Var., 3.51.11; Anth. Lat. 1.197.
- Zanker 1989; Parker 1999; Hekster 2005; Arena 2010; Forichon 2020; Forichon 2021.
- È in fase di ultimazione un progetto di caratterizzazione dell’area del Circo Massimo tramite indagini geofisiche geoelettriche che potrebbe consentire una ulteriore raffigurazione delle strutture attualmente sepolte (Sovrintendenza Capitolina – Ispra).
- Serv. 8.636.
- Come in Ov., Am., 3.2.43- 54.
- Sugli aspetti delle processioni trionfali cfr. La Rocca 2008.
- Bruno 2006, Marcattili 2012. Non si conosce con certezza la posizione e l’architettura del Tempio di Giunone Regina e, più vicini ai carceres, dei templi di Cerere, Libero e Libera (493 a.C) e di Flora (238 a.C.), questi ultimi coinvolti in pieno nelle manifestazioni che si tenevano nella valle del circo (Ludi Ceriales e Ludi Florales).
- Il tempio ‘che guarda il Circo’ (Ov., Fast., 5.669).
- Papi 1999.
- Sul rapporto tra il lusus troiae che si teneva al circo e il tempio della Magna Mater sul Palatino: Brian Rose 2008 in part. pp. 97-98.
- Identificati con i templi di Roma, Iuppiter ed Hercules : Gentili 1957, 23-24. Sui templi del Foro Boario si rimanda a Coarelli 1995b.
- Suet., Aug., 43.
- Vell. Pat. 2.100.2.
- Plin., HN, 2.93-94; Suet., Aug., 10; Or. 1.12.47. Cfr. Ramsey & Lewis Licht 1997.
- Tert., De spect., 25.3.
- Liv. 1.35.8-10: Loca divisa patribus equitibusque ubi spectacula sibi quisque facerent; fori appellati.
- Liv. 2.31.3; Festus p. 344 M=464 L.
- Liv. 34.44.5: gratiam quoque ingentem apud eum ordinem pepererunt, quod ludis Romanis aedilibus curulibus imperarunt ut loca senatoria secernerent a populo; nam antea in promiscuo spectarant. Anche i posti per i senatori senatori nei ludi megalensi furono riservati per la prima volta da P. Scipione Africano maggiore davanti alle gradinate del popolo : ante populi consessum, (Cic., Har. resp.,24).
- Al circo Massimo e Flaminio: Val. Max. 4.4.8.
- Lex de ornamentis triumphalibus L. Aemilii Paulii: Rotondi 1912, 285-286.
- Val. Max. 2.2.4.6.
- Cic., Mur., 40; Vell. Pat. 2.32.3; Rotondi 1912, 374.
- Lex Ampia Atia de triumphalibus ornamentis Cn. Pompei del 63 a.C.: Vell. Pat. 2.40.4; C.D. 37.21; Rotondi 1912, 380.
- Plu., Cat., Min., 39; C.D. 43.43.1; Cic., Att.,13.45.3.
- Fauquet 2002, 410-411. I posti migliori necessitano di frontalità e prossimità. La percezione migliore delle fasi della corsa nel Circo Massimo, a causa della lunghezza della spina, coinvolgeva un maggior numero di spettatori rispetto agli altri circhi romani.
- Cfr. Millar 1977; Kolendo 1981; Hopkins 1983; Parker 1999; Arena 2007; Edmonson 2008; Jones 2008; Fagan 2011.
- Cfr. Ov., Am., 3.2; Ars am. 1.135-162; Juv. 11.202; Mart. 5.14; Polverini 2008. In Humprey 1986, 77: in general… one may conclude that seating at the Circus from this time on was generally but not uniformly by rank.
- D.H. 3.68.1-4.
- Suet., Aug., 14.44.1. Cfr. Rawson 1987.
- Anno 41: C.D. 60.7.3-4; Suet., Claud., 21.7. Cfr. Rawson 1987, 113; Parker 1999; Trannoy-Coltelloni 1999; Edmonson 2008, 4. Il settorespecificoriservato ai senatoriviene ricordato anche in C.D. 61.16.4.
- Talbert 1984, 131-134; Chastagnol 1992, 23-29 e 236-237.
- Kolendo 1981. Sono forse attribuibili al circo le lastre con incisioni ritrovate nel 1888 (Not. Scav. 1888, 226-227) e negli scavi recenti (Pergola 2018, 208). Nell’Anfiteatro Flavio cfr. Orlandi 2001 o la descrizione dei diversi posti, sotto forma di spazi (calcolati in pedes) riservati al Collegio degli Arvali in Acta Fratrum Arvalium, CIL, VI, 1, 2059.
- Alla fine del III secolo si riferisce l’occupazione di subsellia al circo: SHA, Did. Iul., 4.7; Pesc. Nig., 3.1. Nei teatri: Vitr., De arch., 5.6.
- P. Rose stima in media uno spazio per i bisellia di 0,8 m di larghezza per 0.5 m di profondità: Rose 2005, 112, anche Sear 2006, 27.
- C.D. 55.22.4.
- Tac., Ann., 15.32: equitum Romanorum locos sedilibus plebis anteposuit apud circum. Suet., Ner., 11.
- Buonfiglio 2018, 160.
- Augusto: Suet., Aug., 54.1. Tiberio: C.D. 57.11.5. Caligola: Suet., Calig., 18.
- Cfr. Gallocchio & Pensabene 2014. Sulla ricostruzione della terrazza del Palatino (maenianum) protesa verso sud con funzione di tribuna privilegiata per l’imperatore si rimanda a Carandini 2010, 243-258.
- Suet., Ner., 12, anche se non è chiaro il riferimento al Circo Massimo; Plin., Pan., 51; SHA, Marc., 15; Arena 2010, 110-122; Forichon 2021.
- Cfr. C.D. 59.7.8: Caligola concede ai senatori l’uso di cuscini durante gli spettacoli e di poter indossare copricapi per proteggersi dal sole. Sui velari, vedi anche il capitolo di S. Madeleine in questo libro.
- Festus P 364 M: Tensa vehiculum argenteum, quo exuuiae deorum ludis Circensibus in circum ad puluinar uehebantur.
- Nel 44. a.C. : Suet., Iul., 76.1, C.D. 43.45.2; 44.6.3; 47.18.4.
- Si rimanda a :Humphrey 1986, 78-83; Stupperich 1989; Dareggi 1991; Hugoniot 2006; Rodriguez 2005; Van Den Berg 2008.
- Res gestae diui Augusti, 19.1; Suet., Claud., 4.3.
- Sul Circo del I secolo si rimanda a Ciancio Rossetto 2007, 20-24; Buonfiglio 2018, 118-128.
- Il termine definisce il palco imperiale : cfr. Plin., Pan., 51; Suet., Iul., 76 (suggestum in orchestra) e Tac., Ann., 13.5.
- Suet., Aug., 45.1.
- L’edificio non compare sulle monete di Traiano forse perché ostacolava la visione del lato lungo settentrionale (Humprey 1986, 105) oppure perché costruito poco più tardi (Golvin 2008b, 80-83).
- Nella Forma Urbis tale galleria è indicata da due linee continue molto vicine che separano i fornici esterni dalle altre due linee dell’ima cauea: Carettoni et al., ed. 1960, tav. XVII.
- Humphrey 1986, 81./efn_note] mentre il corteo imperiale si rivelava al popolo/pubblico uscendo da appositi percorsi interni ai lati del Puluinar52Forse in seguito collegati direttamente con il palazzo imperiale: Wulf 2002-2003.
- Plin., Pan., 51.
- Golvin propone di comprendere dunque con il termine Puluinar il ναός e la loggia imperiale: Golvin 2008b, 80.
- Il culto di Sol Indiges esisteva nella valle probabilmente in origine come un recinto con altare, privo di tetto, come il tempio della Luna, per far entrare i raggi del Sole: Vitr., De arch., 1.2.5.
- Cfr. Pennestrì 1989, 401-402.
- In riferimento ai ringraziamenti in seguito alla congiura dei Pisoni: Tac., Ann., 15.74; Humphrey 1986, 91-95.
- Tert., De spect., 8.1; Marcattili 2006; Barchiesi 2008.
- Cfr. Macrob., Sat., 1.17. Cfr anche Marcattili 2009, 37-59. Luna e Sol erano antiche divinità italiche che sovrintendevano ai culti agresti, in seguito equiparate ad altre divinità straniere.
- Plin., HN, 36.71; Amm. Marc. 17.4.12 . L’iscrizione sulla base dell’obelisco, come dono al Sole, era ripetuta sui due lati rivolti verso gli spettatori del circo.
- Cfr. Arena 2009 con bibl.
- È verosimile che questa si dovesse trovare al di sotto della postazione dei giudici, quindi sul lato sinistro della spina; Fauquet 2002, 354; 2008, 266-267. Sulle ipotesi di localizzazione della posizione delle linee di partenza e arrivo : Humphrey 1986, 84-91
- Cfr. Humphrey 1986, 94-95.
- Fauquet, 2008, 280.
- Nel Circo di Massenzio la terrazza dei giudici è larga 15.4 per 5.62 m: Ioppolo & Piani Sartorio 1999, 169.
- Cfr. La Rocca 2012; 2015, 70.
- Cfr. Ciancio Rossetto 2008; Buonfiglio 2018, 160; Eulilli & Puzzilli 2018, 177.
- Cfr. Torelli 1987; Coarelli 2009. Torelli 1987.
- Buonfiglio 2017, si rimanda al complesso delle proposte ricostruttive dell’Arco di Tito pubblicate nel Bollettino della Commissione Archeologica Comunale (2017, 163-250).
- Suet., Tit., 1: nam manet aduc et ostenditur. Nel testo la casa è posizionata vicino al Septizonium. Non ci sono al momento elementi certi per localizzare tale toponimo in epoca flavia, tuttavia trovo convincente la proposta di riferirlo alla forma latinizzata del termine greco (ἑπτα ὁδοί) che indicava l’incrocio delle vie che si incontravano in prossimità lato curvo del Circo, ancora usato nel medioevo (Septem uiae): cfr. Brandizzi Vittucci 1991, 8. Altra ipotesi di localizzazione in Guilhembet 2011. Sull’importanza della scelta dei luoghi dei monumenti celebrativi: De Maria 2010.
- Nel mosaico di Piazza armerina l’arco appare chiuso durante lo svolgimento dei giochi da alcune transenne
- Cfr. Buonfiglio 2017.
- Gentili 1957, 23 e fig. 22.
- Cic., Diu., 1.107-108.
- Cfr. Fauquet 2002, 402-404.
- Su questo punto vedi anche il capitolo di F. Grosser in questo libro.
- Cassiod., Var., 4.42.
- Ciancio Rossetto 2007; 2018, con bibl. pregressa; Buonfiglio 2018.
- Suet., Aug., 43 Cfr. anche Thuillier 2008.
- Cfr. D.H. 3.68.
- Per attraversare il lungo canale del Campo Marzio, l’Euripus Virginis, di epoca augustea, profondo m. 1,73 e largo 3,35 m, erano realizzati ponticelli a sbalzo su mensoloni di travertino e marmo, con tre gradini di accesso: Coarelli 1995a; Filippi 2011, in part. pp. 59-63.
- Ov., Ars am., 1.139-158.
- Plin., HN, 36.102.
- Buonfiglio 2018, 137.
- Cfr. i numeri riportati in Junkelmann 2000, 98.
- Bigot 1908, 242-244, Tavv. X-XII.
- Pietrangeli 1940.
- Lo spazio davanti al Settizodio nel IV secolo era un luogo di riunione della plebe Amm. Marc. 15.7.3.
- Tramite porte larghe da 1,20 a m 1,70 m.
- Buonfiglio 2018, 142. La scala non è stata indagata a causa della falda acquifera. La galleria sottostante era realizzata, come la soprastante, con una serie di ambienti voltati comunicanti.
- Larga circa 1,20 m.
- Larga 90 cm.
- Soluzioni di accesso ipotizzate da P. Rose: Rose 2005, 110.
- Le scale sono larghe circa 2,20 m dotate di 13-14 gradini alti e larghi circa 30 cm (un piede romano).
- Con aperture larghe circa 150 cm e gradini.
- Larghe in media 1,35 m.
- Buonfiglio 2018, 162.
- Cfr. Ciancio Rossetto & Buonfiglio 2010, 56-57.
- Rea 2019, 35; Golvin stima circa 55.000 spettatori (Golvin 1988, 380-381).
- Gabucci 1999, 140; Rea 2019, 40.
- SHA, Ant. Pius, 9.1; Chronographus anni CCCLIV: Valentini & Zucchetti 1940, p. 276 (1112 vittime) e p. 280 (1300 o 13.000 vittime).
- Hanson & Ortman 2020, tav. 1.
- Cfr Sear 2006, tav. 3.3.
- Ad es. Cic., Phil., 9.16. Cfr. Golvin 1988, 347-354.
- Si rimanda a Pergola 2018, 222-225. Ogni gradino di 35 cm di profondità era dotato di una ulteriore piccola cornice aggettante di circa 3 cm per una dimensione totale di 38 cm.
- Ov., Ars am., 1.157-158. Più comodi erano invece i sedili dei teatri che secondo Vitruvio (Vitr. 1.7.1) non dovevano essere alti più di un piede e sei dita (42 cm) e profondi 2-2.5 piedi (60-75 cm).
- Si rimanda a Buonfiglio 2018, 161-162.