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La percezione degli spettacoli gladiatori nei graffiti di Pompei ed Efeso: uno studio comparativo

da

Premessa

Dediche di anfiteatri, epitaffi di gladiatori e iscrizioni celebranti in tutto il mondo romano munifici editores attestano in maniera eloquente la diffusa popolarità dei munera gladiatoria1.

Le rovine degli stessi edifici a ciò deputati, anfiteatri e caserme gladiatorie (ludi), sono un’eloquente testimonianza, anche in assenza di documentazione epigrafica, dell’organizzazione e della generale fortuna di questi spettacoli2. Ai nove fascicoli della serie Epigrafia Anfiteatrale dell’Occidente Romano pubblicati tra il 1988 e il 2017, se ne aggiungerà prossimamente uno dedicato alla sola Pompei, che possiede un patrimonio di edicta munerum e di graffiti gladiatori senza confronti. In effetti il riflesso della generale popolarità di questi spettacoli è oggi certamente sottorappresentato, a causa della perdita di una documentazione, graffita e dipinta, difficile da quantificare anche nel fortunato caso pompeiano.

Mentre le epigrafi su pietra presuppongono un’incisione meditata e controllata, i graffiti, per la loro stessa natura, sono l’espressione immediata di uno stato d’animo estemporaneo e si rivelano quindi particolarmente utili al fine di cogliere gli umori del pubblico prima e soprattutto al termine delle pugnae3, anche se non possiamo escludere che talora autori dei graffiti siano stati i gladiatori stessi e non gli spettatori, soprattutto quando essi furono tracciati sulle pareti di strutture frequentate in primo luogo dai combattenti (come il ludus).

I graffiti gladiatori consistono spesso in raffigurazioni anepigrafi, ma talora esse sono accompagnate dai nomi di singoli combattenti o di una coppia di avversari, eventualmente con l’aggiunta dell’esito del duello.

Graffiti gladiatori sono sopravvissuti molto più sporadicamente anche a Roma e a Ostia, ma è solo a Pompei che le circostanze storiche con le conseguenze dell’eruzione del 79 hanno consentito la conservazione di molti intonaci, generalmente datati agli ultimi decenni o anni di vita della città, dato che dopo il disastroso terremoto del 62 la città si era trasformata in un grande cantiere.

Graffiti gladiatori si sono tuttavia conservati anche in alcune città orientali, in particolare a Efeso, che in questa sede ci si propone di mettere a confronto con Pompei, pur nella consapevolezza della diversa importanza storica e consistenza della documentazione: Pompei conta infatti alcune centinaia di testi, tra tituli picti e graffiti gladiatori4; Efeso, capitale della provincia d’Asia, solo una ventina di tituli scariphati.  Inoltre bisogna tenere conto del differente arco cronologico dei graffiti delle due città: quelli pompeiani hanno come sicuro terminus ante quem il 79 d.C., mentre gli efesini sono inquadrabili in base ai contesti di ritrovamento soprattutto nell’ambito del II e III sec. d.C. Il caso di Efeso, pur se modesto a confronto con quello pompeiano, testimonia, comunque, insieme ai numerosi rilievi gladiatori iscritti, la grande popolarità di questi spettacoli in una provincia in cui, prima dei Romani, avevano prevalso manifestazioni ludiche differenti5.

Il confronto tra queste due realtà deve tenere conto anche delle diverse vicende dei rispettivi edifici di spettacolo: Pompei ospita uno dei più antichi anfiteatri d’Italia, con una capienza all’incirca di ventimila spettatori; Efeso, come la maggior parte delle città orientali a eccezione di Dura Europos, preferì invece adattare al nuovo scopo il teatro, perché fosse possibile svolgervi munera e uenationes6: l’edificio, costruito in età ellenistica sfruttando una conca naturale del terreno, aveva un diametro dell’arena di 36,45 m, a fronte di una precedente orchestra di soli 25,8 m; il complesso poteva ospitare all’incirca 24 000 spettatori7.

Efeso rappresenta in ogni caso un’eccezione nel panorama orientale, in quanto conserva le incisioni di gladiatori che furono graffite sulle pareti di edifici certamente non  adibiti a spettacoli, come magazzini o domus. In altre città limitrofe, come esempio ad Afrodisia, numerose iscrizioni estemporanee furono invece realizzate all’interno del teatro8. I graffiti gladiatori efesini, pur non provenendo da luoghi deputati agli spettacoli, trasmettono comunque importanti informazioni circa i gusti e le reazioni della popolazione locale.

Solo a Pompei riusciamo tuttavia a tracciare un vero e proprio “itinerario del fanatismo” collegato con gli spettacoli, grazie a graffiti rinvenuti sia presso l’anfiteatro e la caserma gladiatoria, sia a maggior distanza e persino dentro alcune case private9.

La riflessione che proponiamo in questa sede si divide in tre paragrafi. Il primo è dedicato alle classi gladiatorie maggiormente attestate nei graffiti pompeiani ed efesini, i quali, ammesso che riflettano il gusto degli amatores, potrebbero offrire una spia utile a comprendere il successo riscosso localmente dalle singole specialità.

Un graffito spesso fissa sul muro un preciso momento del combattimento, forse quello che più aveva impressionato lo spettatore: si passerà quindi a considerare quali “fotogrammi” fossero rimasti più impressi nella mente degli spettatori. La rappresentazione del gladiatore in una determinata postura potrebbe infatti consentire di ipotizzare il momento che aveva particolarmente colpito chi aveva assistito all’esibizione, tra le stoccate iniziali, il vero e proprio scontro e la fine del duello, talora fatale per uno dei due combattenti. 

La ricerca troverà poi la sua conclusione nella mappatura dei luoghi in cui a Pompei sono stati rilevati i graffiti gladiatori e nei possibili itinerari percorsi dai gladiatori per raggiungere dalla caserma l’anfiteatro. Questo, non tanto nell’ipotesi che autori dei graffiti fossero i gladiatori stessi, quanto, piuttosto, nell’idea che fossero gli abitanti, che in occasione della pompa gladiatoria si accalcavano lungo le vie percorse dai duellanti, non resistendo alla tentazione di esprimere con i graffiti le loro impressioni e acclamazioni verso i propri “beniamini”.

Tale censimento permetterà anche di verificare se questi graffiti fossero stati realizzati, tendenzialmente, subito dopo lo spettacolo, e quindi presso l’anfiteatro stesso, o anche in momenti, se non addirittura giorni, successivi, in luoghi comunque ben frequentati della colonia, fino all’interno delle abitazioni private. Il grado di impulsività dello spettatore in linea teorica deve presupporsi più immediato quando il graffito venne tracciato vicino all’anfiteatro, inferiore, ma non per questo meno intenso, se realizzato in contesti topografici differenti e più distanti, nello spazio e quindi, verosimilmente, anche nel tempo.

Nel caso efesino invece questa mappatura, con le relative riflessioni sui percorsi dei gladiatori e/o degli spettatori, non è al momento possibile perché i graffiti gladiatori editi provengono tutti dall’interno di un unico complesso residenziale, costituito da diverse domus a peristilio che occupavano un’area fra la basilica e l’agorà, non lontano comunque dal teatro (Hanghaus 2; vd. sotto)10.

Se a Efeso si può fare un raffronto fra graffiti e stele gladiatorie, questo non è purtroppo possibile a Pompei per la mancanza di monumenti funerari gladiatori; bisogna inoltre sempre tener presente che i graffiti pompeiani sono circoscritti a un arco cronologico molto più ristretto rispetto a Efeso e anteriore di circa un secolo. Le iscrizioni estemporanee per loro natura sono di durata effimera e la cronologia dei graffiti pompeiani in linea di massima è compresa tra gli anni successivi al terremoto del 62 e l’eruzione del 79; per i graffiti rinvenuti all’interno della caserma eretta nella regio II, dobbiamo invece tenere presente che essa proprio nel 62 fu abbandonata. A Efeso le datazioni dei graffiti gladiatori sono posteriori e oscillano in genere tra la fine del II e l’inizio del III s. d.C., ultimo periodo di splendore della città anatolica. Nel 262 la capitale d’Asia subì un disastroso saccheggio a opera dei Goti, che si accanirono soprattutto sull’Artemision. Inoltre, dal IV s. gli spettacoli gladiatori vennero meno nelle province orientali.

Le armaturae nei graffiti di Pompei ed Efeso

Lo studio di un graffito gladiatorio presuppone non solo la conoscenza delle singole specialità, ma anche la consapevolezza dello sviluppo nel tempo della gladiatura, indispensabile per inquadrare correttamente le diverse raffigurazioni. Dal momento che i primi equipaggiamenti gladiatori furono ispirati alle armature delle popolazioni sconfitte dai Romani, all’inizio ad esibirsi furono gladiatori armati al modo dei Sanniti e dei Galli. Solo più tardi furono introdotte nuove classi, denominate in base alle tecniche di combattimento o a qualche particolarità dell’armatura, quali il secutor, il retiarius e il murmillo, specialità che con il tempo prevalsero sulle precedenti. Il Trace, invece, rappresentò una curiosa eccezione: questa specialità sopravvisse infatti per tutta la durata della gladiatura, potendo contare sempre su numerosi amatores11. Il riconoscimento delle singole classi gladiatorie si rivela fondamentale per comprendere quali fossero le specialità più diffuse e amate nei diversi contesti ed epoche.

Pompei offre un’immagine abbastanza articolata delle specialità e dei tipi di duello più amati dai cittadini grazie ai numerosi graffiti, che si rivelano una fonte preziosa per documentare le varie armature e testare le tendenze del pubblico, compensando in tal modo l’assenza, per ora, di rilievi funerari gladiatori, ben documentati in altre città d’Italia. Tale vuoto è solo in parte colmato da alcuni rilievi o pitture con raffigurazioni di duelli sulle fronti dei sepolcri di editores, insufficienti per un’analisi dettagliata delle specialità predominanti12.

Pompei conta a oggi circa 270 graffiti di natura gladiatoria13, tra invettive, acclamazioni, nomi e raffigurazioni di combattenti, ma il 14% risulta oggi non più leggibile (11%)14, o d’identificazione incerta (3,7%)15. Le tabelle finali censiscono 213 graffiti epigrafici, cui vanno aggiunti nomi di gladiatori e acclamazioni, che non permettono purtroppo l’identificazione delle rispettive classi di combattenti.

La prima tabella comprende i graffiti relativi a gladiatori singoli: ben 127, pari al 61% del totale. Questa percentuale, piuttosto considerevole, sembrerebbe dimostrare una tendenza dei Pompeiani a rappresentare singoli gladiatori, piuttosto che coppie di duellanti. La categoria più amata risulta quella dei Traci, con 38 graffiti che ricordano il nome della specialità, o raffigurano il combattente. Un numero non indifferente è pertinente a singole armi, tipiche soltanto della classe del Trace, quali la galea con protome di grifone e la sica (spada con lama ad angolo ottuso). Il vistoso equipaggiamento etnico del trace  impressionava probabilmente gli spettatori, affascinati da un atleta che evocava una terra lontana. Il successo di questa specialità a Pompei trova un riscontro anche a Efeso. Se gli amatores pompeiani saranno stati conquistati dalle peculiarità di quest’armatura, in Oriente essa sarà stata popolare per la stessa vicinanza geografica con la terra d’origine16.

Il Trace più famoso acclamato sui muri di Pompei, in particolare nei graffiti della caserma gladiatoria, è Celadus, celebre al pari del reziario Crescens (vedi Tab. 1): i loro nomi sono stati graffiti vicini, per cui è possibile che essi condividessero la vita nel ludus negli stessi anni (CIL, IV, 4356), ma non si saranno affrontati, perché il Trace non veniva contrapposto al reziario.

La seconda classe cara ai Pompeiani risulta essere stata quella dei murmillones, con 26 graffiti, corrispondenti al 20% delle incisioni di gladiatori singoli. I graffiti ne attestano sì la popolarità, ma non ai livelli del suo rivale, il Trace.

Nettamente al di sotto di queste due armature, stando almeno al numero di graffiti, vengono i retiarii (14) e gli essedarii (12).

La tab. 2 comprende invece i graffiti che ritraggono duelli tra gladiatori, 43 in tutto, pari al 20% dei graffiti gladiatori pompeiani. Si registra in questo caso un prevalere dello scontro Trace vs mirmillone, con 16 graffiti, un tipo di pugna che, stando a quanto possiamo ricavare dall’epigrafia anfiteatrale nel suo complesso, era fra quelli più comuni, insieme al duello fra secutor e reziario. L’esito dei combattimenti, evidente soltanto in otto graffiti, registra un prevalere dei mirmilloni. Se, come pare, i sostenitori dei mirmilloni erano una minoranza rispetto a quelli dei Traci, la volontà di immortalare la vittoria di un loro beniamino potrebbe essere stata dettata dall’euforia per il successo ottenuto contro un rivale più popolare.

La seconda pugna a riscuotere l’interesse del pubblico pompeiano risulta quella che vedeva contrapposti mirmilloni e oplomachi, con sei graffiti e tre vittorie per i secondi, mentre l’esito dei restanti incontri rimane incerto.

Singoli oplomachi sono rappresentati di rado (5 volte), a differenza di quanto accade per i mirmilloni (25 volte). In particolare, CIL, IV, 8969 raffigura una serie di oplomachi vincenti, circostanza che farebbe ipotizzare che l’autore fosse un tifoso di questa categoria.

Interessante è poi l’apparente scarso successo a Pompei del duello secutor vs retiarius, contrariamente a quanto risulterebbe per Efeso, ma la differente cronologia dei documenti potrebbe rendere metodologicamente poco corretto questo confronto. D’altra parte numerose, sono nel I sec., ma anche successivamente, le raffigurazioni su lucerne e mosaici proprio di scontri fra secutores e reziari, la popolarità dei quali potrebbe dunque essersi affermata solo in seguito, rispetto a quanto casualmente sopravvissuto sugli intonaci pompeiani17.

I graffiti CIL, IV, 10236a-10238b, datati al 79 d.C. e incisi sulle pareti di un sepolcro di Via delle Tombe, attestano anche la persistenza di una delle prime classi gladiatorie, quella del Sannita (fig. 1):

Attilius e Hilarus si sfidano su di un muro della necropoli 
di porta Nocera, a Pompei
Fig. 1. Attilius e Hilarus si sfidano su di un muro della necropoli di porta Nocera, a Pompei (Langner 2001, n. 1008).

L’autore del graffito non dettaglia l’equipaggiamento dei combattenti; tuttavia, analizzando l’armatura del gladiatore Hilarus, avversario dell’oplomaco Attilius, si possono scorgere elementi caratterizzanti il Samnes, quali la galea con pennacchio e lo scudo rettangolare18. La fine dei Sanniti e dei Galli nelle arene romane è sempre stata ascritta ai primissimi anni dell’Impero. Pompei con il suo straordinario patrimonio testimonia come, anche se sporadicamente e localmente, i Sanniti continuassero a combattere fino all’età flavia19.

Dai graffiti sembra dunque trasparire il prevalere di alcune classi gladiatorie su altre, almeno quanto a popolarità. Un caso isolato è rappresentato dal pontarius20, in generale poco attestato e il cui nome si spiega più con la tecnica di combattimento, che come classe indipendente21. Un pontarius è stato identificato anche a Mileto, in un graffito che ritrae un gladiatore con tridente, su di una piattaforma22. Complessivamente i graffiti orientali attestano le stesse armature presenti nella documentazione pompeiana, con l’eccezione del murmillo, praticamente inesistente nel panorama dei graffiti e delle stele di Efeso, mentre in Occidente questa specialità gode senz’altro di fortuna nel corso dei primi due secoli dell’Impero23.

A Efeso l’analisi delle classi gladiatorie più diffuse, al contrario che a Pompei, non può basarsi solo sul troppo ristretto dossier di graffiti, ma deve tener conto anche dei rilievi ritrovati nella necropoli dei gladiatori. La realtà efesina sembra così riflettere tratti simili a quelli della città vesuviana: le classi gladiatorie standard sono infatti documentate sia nei rilievi, sia nei graffiti.

L’armatura più comune è quella del secutor, rappresentato singolarmente e riconoscibile dal suo elmo a grata. A quanto parrebbe l’elmo con due soli fori per gli occhi non raggiunse l’Oriente o almeno ebbe una diffusione molto limitata. Il secutor, spesso raffigurato premiato, risulta qui molto popolare, sia nei rilievi, sia nei graffiti. La presenza delle stele di secutores sembra testimoniare la popolarità a Efeso dello scontro fra reziari e secutores24, al contrario che a Pompei. La città campana, infatti, ha restituito soltanto tre graffiti con scontri di questo tipo. La differenza di gusto tra Efesini e Pompeiani si direbbe netta, ma si deve tener conto, come già detto, della differenza cronologica della documentazione, essendo quella orientale posteriore a quella della città campana. Dello scontro si rappresenta la fase della rincorsa, piuttosto che il corpo a corpo. L’unico graffito gladiatorio efesino ritraente uno scontro tra gladiatori si riferisce proprio a un combattimento tra questi due tradizionali avversari25 e tra i numerosi rilievi gladiatori conservati al museo di Efeso uno riproduce lo scontro tra un secutor e retiario (fig. 2).

Scontro tra un retiario e un secutor a Efeso, Museo Archeologico di Efeso
Fig. 2. Scontro tra un retiario e un secutor a Efeso, Museo Archeologico di Efeso (Foto di F. Mancuso).

 La raffigurazione, quattro volte, del gladiatore “pescatore” come morente offre un altro indizio per riconoscere, e contrario, nel secutor, suo tradizionale avversario, il gladiatore più popolare26

La seconda classe più diffusa a Efeso, per quanto concerne i graffiti è quella del reziario, con sei graffiti, seguito dal prouocator con due incisioni. L’assenza del Trace tra i 23 graffiti gladiatori efesini non deve indurre a valutazioni affrettate. Infatti la popolarità del Trace ad Efeso è confermata da alcune stele, come lo splendido monumento funebre del Trace Hippolitus27, e dalla tendenza a rappresentare questa classe gladiatoria nelle limitrofe città orientali. Se allarghiamo lo sguardo ai graffiti e ai rilievi di Hierapolis, pubblicati da T. Ritti28, il successo del Trace risulta confermato. Anche i graffiti di Afrodisia ritraggono spesso il Trace; in un caso l’autore non ha evidenziato i dettagli dell’armatura del gladiatore, ma lo ha identificato con la didascalia ΘΡΑΞ29.

Il prouocator, raffigurato a Efeso tre volte, potrebbe in realtà essere sottorappresentato e incredibile appare poi la completa assenza di mirmilloni, sia nelle stele sia nei graffiti efesini. Anche nelle città vicine la scarsa popolarità di quest’armatura sembra confermata, a tutto vantaggio del suo avversario, il Trace.

Alcuni graffiti raffigurano armi. Di particolare interesse sono proprio le singole armi: quelle maggiormente raffigurate sono la galea e lo scutum. Il caso pompeiano (vd. tab. 3) trova analogie a Efeso30, dove gli spettatori rappresentarono di preferenza elmi a calotta liscia, vicini a quelli del secutor e prouocator,e una manica, comune anche al Trace (vd. tab. 4).

I vari momenti della pugna: un confronto tra Pompei ed Efeso

Dopo aver evidenziato le differenze tra Pompei ed Efeso per quanto riguarda la fortuna delle singole specialità, ci concentreremo ora sulla percezione dei diversi momenti dello spettacolo nei graffiti gladiatori pompeiani ed efesini31.

I circa 270 graffiti gladiatori della città campana fotografano i momenti salienti della pugna, dalle schermaglie iniziali, alle fasi centrali sino alla fine dell’incontro, rivelando un interesse degli spettatori verso tutti e tre questi momenti.

Differente la situazione in Oriente: gli Efesini immortalarono nei loro fugaci graffiti solo alcuni momenti, spesso quelli drammatici, ma non i più cruenti, come a Pompei. Nella città vesuviana il momento più rappresentato, e quindi, si direbbe, il più amato, era costituito dal verdetto finale del duello. Nella tab. 2 sono censiti 12 graffiti di questo tipo: l’esito è indicato con le sigle m(issus), u(icit) o con il theta barrato per indicare la morte. Ovviamente è sempre presente una percentuale di graffiti d’incerta lettura e interpretazione.

Come evidenziato dalla tab. 3, Pompei possiede anche quattro graffiti con annunci di spettacolo, corredati dai risultati. Eccezionale appare il caso di CIL, IV, 2508, una lunga lista di nomi di gladiatori, probabilmente trascritti da un libello distribuito prima o in concomitanza con lo spettacolo, dove l’autore ha trascritto poi anche i risultati di tutti gli incontri, per un totale di più di 50 coppie32.

Due splendidi graffiti di Efeso e di Pompei raffigurano gli istanti immediatamente precedenti l’inizio di una pugna (figg. 3-4).  Quello efesino riproduce lo scontro tra un secutor e un reziario, particolarmente popolare nella città orientale (fig. 3):

Scontro tra un reziario e un secutor a Efeso, Hanghaus 2
Fig. 3. Scontro tra un reziario e un secutor a Efeso, Hanghaus 2 (Langner 2001, n. 1015).

Il graffito pompeiano invece immortala il combattimento tra un oplomaco e un mirmillone (fig. 4).

Libello gladiatorio con lo scontro tra un mirmillone 
e un oplomaco a Pompei, corridoio dei teatri
Fig. 4. Libello gladiatorio con lo scontro tra un mirmillone e un oplomaco a Pompei, corridoio dei teatri (CIL, IV 2451).

Importante è sottolineare lo scarso numero di graffiti pompeiani relativi alle prime fasi del duello (soltanto tre). Efeso sembrerebbe offrire invece uno scenario opposto: l’unico scontro gladiatorio qui raffigurato in un graffito rappresenta proprio l’inizio di un combattimento. Si direbbe che gli Efesini fossero colpiti dalla tensione e dall’ansia che si respiravano prima dell’inizio del duello.

I due graffiti, sicuramente diversi fra loro per stile e per tipo di armatura, hanno un dettaglio in comune: la postura dei due gladiatori che si accingono a dare inizio alla pugna: braccio destro proteso in avanti e sinistro sul fianco. Probabilmente la tattica era analoga nelle varie città dell’Impero romano (figg. 5-6):

Dettaglio del braccio sinistro 
del secutor efesino
Fig. 5. Dettaglio del braccio sinistro
del secutor efesino
(elaborazione grafica di F. Mancuso).
Dettaglio del braccio sinistro del mirmillone pompeiano
Fig. 6. Dettaglio del braccio sinistro
del mirmillone pompeiano
(elaborazione grafica di F. Mancuso).

Un’ulteriore prova può essere fornita dalla posizione del gladiatore nel bel graffito pompeiano CIL, IV, 8576 (fig. 7).

Un trace pochi istanti prima dell’inizio del combattimento: la posizione del braccio destro è la stessa dei due graffiti precedenti, Pompei, palestra
Fig. 7. Un trace pochi istanti prima dell’inizio del combattimento: la posizione del braccio destro è la stessa dei due graffiti precedenti, Pompei, palestra (Langner 2001, n. 770).

Il graffito di Efeso (vd fig. 3) presenta un altro dettaglio interessante da confrontare con la documentazione di Pompei: il nome dei gladiatori. Sopra le teste dei combattenti è stato inciso in greco “AMAP”, abbreviazione del nome greco Ἀμάραντος33. Si tratta di un nome parlante che qualifica il gladiatore come “immarcescibile”.  Nei graffiti gladiatori pompeiani lo riscontriamo in CIL, IV, 1476, per un mirmillone premiato 32 volte (fig. 8)34:

Pompei, casa del Fauno
Fig. 8. Pompei, casa del Fauno (Langner 2001, n. 780).

Ritornando ai due graffiti precedenti è importante sottolineare come l’autore dell’incisione efesina abbia scelto di rappresentare una fase dello scontro per lui di forte impatto emotivo, mentre a Pompei tra l’oplomaco e il mirmillone che si affrontano è stato graffito un libello con la lista delle varie coppie che si sarebbero esibite in quello spettacolo. L’anonimo autore probabilmente volle ricordare solo lo scontro per lui più avvincente, a meno che non si tratti di una scena di genere. In effetti, tra le sette coppie di gladiatori troviamo anche un oplomaco e un mirmillone.

La seconda fase dello scontro raffigurata nei graffiti pompeiani è quella di un momento particolare del combattimento: in realtà spesso è difficile comprendere se si tratti della fine del duello o della sua parte centrale. In questa sede si propone, a titolo esemplificativo, uno dei pochi graffiti che attesti sicuramente la fase centrale di una pugna: CIL, IV, 10236a, un Sannita vs oplomaco (fig. 9).

Pompei, porta Nocera
Fig. 9. Pompei, porta Nocera (Langner 2001, n. 1032).

L’autore del graffito raffigura a sinistra il vincitore, M. Attilius,identificato mediante la sigla u(icit), mentre il Sannita Raecius Felix deve ritenersi lo sconfitto, perché è senza spada, con la galea a terra e in posizione genuflessa. Gli spettatori campani per enfatizzare la vittoria di un gladiatore ricorrevano a due espedienti: la rappresentazione dei combattenti in posa con le sigle u(icit) o m(issus), oppure la fine violenta dello scontro, come nel graffito CIL, IV, 2364a, con la conclusione della pugna tra un Trace e un mirmillone.

Questo graffito non è l’unico del genere: molti altri esemplari pompeiani rappresentano la fine violenta del combattimento. In un caso entrambi i gladiatori risultano feriti: il mirmillone aveva una emorragia importante alla gamba destra, mentre il Trace è stato colpito al petto. La differenza tra i due atleti è comunque netta: nonostante la ferita, il mirmillone vince, dando l’ultimo colpo mortale all’avversario, che crolla a terra. Il graffito, di straordinario impatto visivo, è una fotografia nitida e al tempo stesso violenta dell’imminente fine di uno scontro. L’anonimo autore è riuscito a mettere in evidenza come, anche se ferito, il mirmillone fosse riuscito a capovolgere la situazione e a vincere. Lo spettatore probabilmente era un sostenitore dei mirmilloni, antichi rivali dei Traci nelle arene (fig. 10):

Pompei, regio IX (Langner 2001, n. 1038).
Fig. 10. Pompei, regio IX (Langner 2001, n. 1038).

La drammaticità nei graffiti è un elemento comune alle due città. Le differenze tra Efeso e Pompei emergono nei graffiti di singoli gladiatori. Infatti, mentre i Pompeiani preferivano raffigurare combattenti singoli, in posa o vincitori, a Efeso ci si immedesimava nel pathos dello sconfitto35, incidendo singoli gladiatori vinti o prossimi alla morte. Qui non troviamo però le scene cruenti presenti sui muri di Pompei. In Oriente non sembrano comuni, pur in considerazione del numero limitato di graffiti, incisioni ritraenti gladiatori sanguinanti o finiti tramite un colpo di grazia, come capita invece a Pompei, dove i graffiti trasmettono con vivacità la brutalità dello scontro a sangue.  Sorge il sospetto che in Oriente i combattenti fossero meno violenti o che la violenza negli spettacoli non incontrasse particolare favore da parte del pubblico, ma bisogna tenere conto che i graffiti gladiatori a Efeso non sembrano anteriori agli ultimi decenni del I sec. d.C., quando si intervenne sul teatro per adibirlo ai munera36, e sono quindi posteriori alle incisioni pompeiane.

La stragrande maggioranza dei graffiti efesini non riporta nomi di gladiatori; sorge quindi il sospetto che si tratti spesso di raffigurazioni di genere. Dobbiamo ammettere la possibilità, infatti, che l’impulsività che spingeva lo spettatore a tracciare un graffito non sempre nascesse dalla volontà di raffigurare scene di spettacoli realmente accaduti, quanto piuttosto immagini di genere.

Un graffito ritraente il gladiatore pescatore sintetizza bene il senso della morte incombente che traspare dai graffiti efesini: il reziario ha perso il tridente; ormai ha soltanto il piccolo pugio e la rete, ultimi baluardi di difesa contro il secutor. La sua postura evidenzia come egli stia indietreggiando e come probabilmente, dopo essersi sbilanciato, sia finito in balia del secutor. L’autore ci restituisce un momento tragico, che l’ha colpito emotivamente (fig. 11):

Reziario di Efeso
Fig. 11. Reziario di Efeso (Teauber 2005, tav. 120, n. 345).

Un’ulteriore conferma proviene da un altro graffito efesino. In questo caso ci troviamo di fronte a una serie di reziari senza tridente e rete, ma con il solo pugio, troppo piccolo per difenderli dall’inseguitore. I gladiatori sono rappresentati in sequenza, ma vogliono probabilmente rappresentarne uno solo: l’autore di questa sequenza di graffiti potrebbe aver voluto rendere con questa successione di fotogrammi i momenti precedenti il crollo a terra di un gladiatore vinto (fig. 12):

Sagome di reziarii a Efeso
Fig. 12. Sagome di reziarii a Efeso (Teauber 2005, tav. 120, n. 348).

Non tutti i graffiti efesini puntano alla rappresentazione del tragico; alcuni ritraggono gladiatori stanti, in posizione frontale, a celebrare il vincitore che si presenta al pubblico37.

Un graffito efesino, tradizionalmente riferito a un secutor, riteniamo sia piuttosto da attribuire a un prouocator di nome Eutychianus (fig. 13):

Il provocator di Efeso, Hanghaus 2 (Langner 2001, n. 788).
Fig. 13. Il provocator di Efeso, Hanghaus 2 (Langner 2001, n. 788).

L’autore del graffito ha disegnato il gladiatore in modo sommario, concentrandosi sulla armatura piuttosto che sui tratti somatici. In Oriente le peculiarità degli equipaggiamenti gladiatori colpivano spesso l’attenzione e la fantasia degli spettatori e gli Efesini rappresentavano questi dettagli con dovizia di particolari (fig. 14):

Il provocator efesino, dettagli dell’armatura
Fig. 14. Il provocator efesino, dettagli dell’armatura (elaborazione grafica di F. Mancuso).

Prendendo in considerazione i dettagli dell’armatura, si consideri l’elmo: la pesante galea del prouocator riprendeva quella dei legionari e molte volte aveva delle protezioni per gli occhi, ben visibili anche nel nostro graffito. L’elmo del secutor, liscio, invece non presentava paraocchi, ma soltanto dei semplici fori o una grata. Il pettorale è un elemento fondamentale per identificare il prouocator: nel graffito efesino questa protezione viene resa tramite linee ondulate che attraversano la parte superiore del busto, al di sotto del collo, oscurato dallo scudo. Questa protezione, chiamata anche cardiophylax, comprendeva pure una cinta che avvolgeva il petto all’altezza del cuore per tenere ferma la placca metallica. Il secutor al contrario non portava il pettorale,ma poteva contare solo su di una manica al braccio destro. Il cardiophylax è a tutti gli effetti un elemento-guida nell’identificazione dei prouocatores, al pari della falx supina per i Traci. Lo scutum riprende la forma rettangolare e le dimensioni medio/grandi di quello del prouocator. Il secutor aveva sì uno scudo oblungo, ma concavo per non concedere appigli alla rete del retiarius, come si osserva in un graffito efesino (vd. fig. 3). Lo schiniere esclusivamente a protezione della gamba sinistra è altro elemento tipico del prouocator. Il secutor non aveva infatti lo schiniere, ma soltanto una placca metallica a protezione della tibia, applicata a entrambi gli arti inferiori. Il gladiatore del graffito efesino esibisce un’ocrea molto estesa che copre il ginocchio, un ennesimo dettaglio che rinvia a un prouocator. La volontà dell’autore del graffito di rappresentare lo schiniere in un modo così accentuato potrebbe sottolineare l’importanza e la visibilità di questa protezione. Sullo schiniere sono presenti delle linee diagonali, che potrebbero equivalere alle fasciature consone al gladiatore in questione. Infine, il corto gladius è ugualmente un elemento di riconoscimento: la corta arma era infatti tipica di questa classe, mentre il secutor maneggiava una spada non altrettanto corta38

Un analogo tipo di equipaggiamento è raffigurato in un graffito pompeiano (CIL, IV, 2468), dalla porticus del teatro (fig. 15):

Il provocator di Pompei (Langner 2001, n. 785).
Fig. 15. Il provocator di Pompei (Langner 2001, n. 785).

 M. Valerius è stato identificato con un prouocator, in particolare in considerazione del pettorale e dello schiniere alla gamba sinistra39. È evidente, pertanto, come lo straordinario patrimonio rappresentato dai graffiti pompeiani si riveli determinante per una conferma dell’ipotesi qui prospettata.

Un’altra serie di graffiti pompeiani particolarmente interessanti è rappresentata da quelli incisi fuori Porta Nocera (CIL, IV, 10237-10238 a-b), già citati al capitolo 1 (vd. fig. 1): sembra di trovarsi di fronte alla trasposizione su intonaco di un edictum muneris, maal tempo stesso anche di un libello; è presente infatti sia il nome dell’editor, sia il risultato degli scontri, che videro il prevalere di Hilarus (samnes) e di Attilius (oplomachus), gladiatori raffigurati più volte e a distanza di pochi centimetri40.

 La distribuzione topografica dei graffiti pompeiani

L’ultimo aspetto che vogliamo indagare è quello della distribuzione topografica dei graffiti pompeiani, riassunta nella carta che segue (fig. 16):

 La distribuzione dei graffiti gladiatori nel tessuto urbano di Pompei
Fig. 16. La distribuzione dei graffiti gladiatori nel tessuto urbano di Pompei (elaborazione grafica di F. Mancuso ed E. Avanzo).

Purtroppo per Efeso la documentazione è insufficiente per disegnare una analoga, estesa, mappatura.

La pianta mette in evidenza come i graffiti gladiatori si concentrino in particolare lungo le vie principali, presso la caserma dei gladiatori e i principali punti di aggregazione cittadina, come il foro e il teatro. In un raggio di 200 metri, tra la zona del foro e gli edifici circostanti, si contano 34 graffiti. Dopo la regio V, la zona che gravita tra la regio VIII e la VII risulta la più ricca per numero di graffiti. Anche se la distanza con l’anfiteatro è notevole, gli edifici del foro e quelli circostanti attestano per numero di graffiti la popolarità dei munera nella vita pompeiana. In questo caso a influire sarà stata la natura del luogo e non la vicinanza con l’anfiteatro. Infatti, nel foro, spesso gremito di gente, dovevano scoppiare facilmente anche discussioni e risse sui protagonisti degli spettacoli e dalle parole si sarà facilmente passato se non alle mani, all’incisione di graffiti da parte degli opposti amatores.

Una valutazione differente può essere fatta per le zone limitrofe all’anfiteatro: la vicinanza stessa con l’edificio deve aver portato i Pompeiani a privilegiare i muri prossimi all’arena per i graffiti di natura gladiatoria (tab. 5).

A meno di 50 m dall’anfiteatro è la palestra41, celebre per l’affresco raffigurante la rissa fra Pompeiani e Nocerini che ebbe luogo nel 59 d.C. e che comportò l’interruzione per dieci anni degli spettacoli gladiatori42: qui sono stati trovati graffiti di varia natura, ma una parte considerevole, circa trenta, è riconducibile al mondo gladiatorio. Si trattava di uno spazio porticato su tre lati e con un grande cortile centrale; ascrivibile alla piena età augustea, questo edificio era adibito a campus per la formazione fisica e gli allenamenti della gioventù43. La vicinanza stessa con l’anfiteatro deve aver spinto i frequentatori a tracciare qui numerosi graffiti a soggetto gladiatorio, anche se, a quanto pare, tale spazio non fu mai utilizzato come luogo di allenamento, neppure dopo il terremoto del 62, quando la vecchia caserma gladiatoria divenne agibile e venne abbandonata a favore della porticus del teatro grande.

La caserma della regio V aveva diversi ambienti di rappresentanza attorno al vasto peristilio cinto da 24 colonne in muratura44. La distanza considerevole dall’anfiteatro permette di formulare varie ipotesi sugli itinerari percorsi dai gladiatori per raggiungere l’arena: tenendo anche conto della presenza dei graffiti individuati lungo tali tragitti, proponiamo qui quattro ipotesi di percorso (figg. 16-19).

Il percorso A misurava in lunghezza circa 850 m e partiva da via di Nola, dove era il ludus. Un indizio che ha aiutato gli archeologi a identificare come caserma gladiatoria questo edifico è stata proprio la presenza di graffiti all’interno di esso e nelle vie circostanti45. La regio V con 99 graffiti accertati risulta essere il quartiere che ospita più incisioni gladiatorie. Il tragitto, dopo aver attraversato gran parte di via di Nola (450 m), virava per via di Nocera, in direzione dell’omonima porta. Non ci sono graffiti lungo questa via, ma essa è in gran parte ancora da scavare. Dopo aver percorso per circa 450 m via di Nola la familia gladiatoria si dirigeva verso via di Castricio e dopo 250 m arrivava all’anfiteatro. I graffiti sui muri di questa via sono tre, presso gli incroci con i tre vicoli che verranno menzionati successivamente. Il percorso A sembra essere il più congeniale, perché percorreva strade molto larghe e facilmente controllabili dalle autorità cittadine. Tuttavia, sembra improbabile che via dell’Abbondanza, il decumano di Pompei, non fosse stata interessata dal cammino dei gladiatori (fig. 17):

Percorso A (elaborazione grafica di F. Mancuso).
Fig. 17. Percorso A (elaborazione grafica di F. Mancuso).

Si propone pertanto anche un percorso B. Questo ha una lunghezza variabile a seconda di quale dei tre vicoli fosse percorso dal “corteo”. La partenza è sempre da via di Nola, percorsa per 150 m. Dopo aver virato per via di Nocera, i gladiatori giravano per via dell’Abbondanza, lungo la quale sono stati trovati cinque graffiti46. Dopo un centinaio di metri, i combattenti potevano scegliere tre strade per raggiungere l’anfiteatro. A Est si aprivano infatti tre vicoli: il vicolo della Venere, il vicolo di Giulia Felice e il vicolo dell’Anfiteatro. Finora è stato individuato un graffito per ciascun vicolo; sembrerebbe pertanto che non vi fosse una via preferita. I muri orientali del ludus sono costeggiati dal vicolo dei Gladiatori (fig. 18):

Percorso B
Fig. 18. Percorso B (elaborazione grafica di F. Mancuso).

Prendiamo ora in considerazione questa terza via come possibile itinerario C. Il percorso C ha una lunghezza di 700 m. Il vicolo dei Gladiatori è una strada stretta e lunga che intercetta tre assi stradali. È plausibile che il tragitto degli atleti prevedesse anche la possibilità di passare per questo vicolo. Gran parte della strada non è purtroppo stata scavata e perciò anche il numero di graffiti ne risente. Sono del resto qui assenti anche incisioni di altro genere. Percorrendo in direzione O-E vicolo dei Gladiatori per circa 450 m, gli atleti si sarebbero ritrovati direttamente in via di Castricio, che dopo 250 m immetteva direttamente nell’anfiteatro. L’itinerario C, pur in assenza, al momento, di graffiti, risulterebbe congeniale alla pompa gladiatoria, sia per la larghezza delle strade, sia per la comodità dei percorsi (fig. 19).

Percorso C
Fig. 19. Percorso C (elaborazione grafica di F. Mancuso).

L’ultimo tragitto che proponiamo è una variante dell’itinerario C. Il percorso D ha una lunghezza che variava dai 450 ai 550 m. I gladiatori, dopo esser partiti dall’omonimo vicolo e averlo attraversato per 300 m, arrivavano a via dell’Abbondanza; da qui il percorso è analogo a B. Questo itinerario ha restituito più evidenze archeologiche di C, perché percorreva vie che sono state scavate (fig. 20).

 Percorso D
Fig. 20. Percorso D (elaborazione grafica di F. Mancuso).

I quattro itinerari qui suggeriti sembrano tutti plausibili. La localizzazione periferica dall’anfiteatro e la vicinanza della caserma gladiatoria ad assi viari importanti permettevano in effetti di optare fra più percorsi. Impossibile è immaginare l’emozione che provavano gli antichi Pompeiani mentre assistevano a un evento non così comune come la parata dei gladiatori e molti di loro saranno stati indotti a incidere sui muri graffiti che cristallizzassero la loro passione.

Un altro luogo di concentrazione di graffiti gladiatori è la zona del teatro. Dopo il terremoto del 62, come detto sopra, il ludus di via di Nola venne infatti abbandonato e la caserma trasferita presso la porticus post scaenam del teatro: la struttura venne allora adibita a ludus, con alloggi per il lanista e celle per i gladiatori. Essa ha restituito infatti nove graffiti gladiatori, che confermano come l’edificio fosse divenuto il nuovo ludus di Pompei.

Il censimento effettuato in questa sede ha rivelato una concentrazione di graffiti anche nelle zone periferiche della città, in particolare all’interno delle ricche domus della regio VI: la casa del Fauno ospita ad esempio sei graffiti gladiatori, oltre a diversi altri incerti.

I tituli scariphati rinvenuti lontano dall’anfiteatro potrebbero avere diverse spiegazioni. Per i quartieri periferici occorrerà pensare forse al ricordo di uno spettacolo fissato sull’intonaco in un momento successivo. Un altro fattore da considerare è la vicinanza con le porte di accesso alla città: in questi casi i graffiti potrebbero essere attribuiti a spettatori in procinto di uscire da Pompei, affluendo qui in occasione degli spettacoli anche abitanti di città vicine. L’ultimo gesto prima di allontanarsi dalla città o subito dopo aver superato le porte d’accesso poteva essere quello di tracciare un graffito che desse un’idea dell’impressione lasciata dallo spettacolo; stessa motivazione probabilmente anche per i graffiti sui muri delle tombe.

Un bilancio conclusivo

Nonostante la ricchezza della documentazione pompeiana, le lacune sono certamente molte, ma le continue scoperte lasciano ben sperare. Efeso, invece, nonostante la rilevanza del sito, ci ha restituito finora solo testimonianze frammentarie e di incerta valutazione. La presenza anche qui di graffiti gladiatori è comunque la prova che i munera avessero un certo seguito anche nella capitale asiatica, dove il campione molto limitato di graffiti permette di formulare ipotesi che devono essere messe a confronto con i dati ricavabili dalle numerose stele figurate. Altri graffiti sono stati individuati sui muri del teatro di Efeso, ma essi non sembrano pertinenti a gladiatori, bensì forse ad attori47.

I graffiti pompeiani ed efesini in genere sono sufficientemente dettagliati da consentirci l’identificazione delle armature, cosa che non sempre si verifica per i rilievi. Analizzare un graffito vuol dire spesso poter stabilire la classe gladiatoria cui il combattente apparteneva. Il caso del prouocator di Efeso rappresenta al riguardo un importante esempio. Alcune classi gladiatorie, come il secutor e il prouocator, avevano equipaggiamenti molto simili, ma i graffiti, se osservati attentamente, possono fornire spie utili a una identificazione precisa delle singole categorie48 (vd. figg. 12-13).

Il percorso dei gladiatori dal ludus all’anfiteatro pompeiano ha invece un minor grado di certezza, anche se la distribuzione dei graffiti gladiatori nel tessuto urbanistico della cittadina potrebbe fornire qualche indizio da non sottovalutare. Per Pompei la ricerca sulle testimonianze pertinenti al mondo anfiteatrale è sempre in aggiornamento, grazie al ritrovamento di graffiti ed edicta munerum, e il quadro risulterà più chiaro al termine della sistematica revisione di tutta la documentazione finora edita, prevista per il prossimo fascicolo della collana EAOR.

CategoriaNumero GraffitiCIL, IV
THRAEX37163549, 1770 (pp. 1688-1689), 2444 (p. 1771), 2508 (p. 1775)50, 3542 (p. 1370), 3547 (p. 1370), 4286 (p. 1821), 4289 (p. 1822 – Celadus), 4290 (p. 1822), 4297 (p. 1822 – Celadus), 4308 (pp. 1823-1824), 4309 (p. 1824), 4335, 4341-4342 (p. 1825 – Celadus), 4345 (p. 1825 – Celadus), 4349 (pp. 1825-1826 – Celadus), 4356 (p. 1826 – Celadus), 4371, 4397 (p. 1828 – Celadus), 5307, 8268, 8561b, 8574 – 857651, 8587, 8590, 8712, 8792, 8969e, 9013, 9196, 9893, 10230; Langner (2001), nn. 808, 809, 812
MIRMILLO241476 (p. 1663), 1635 (p. 1676)49, 2319 (p. 1755)52, 3544 (p. 1370), 3546 (p. 1370), 4312 (p. 1824), 4327 (p. 1824), 4329 (p. 1825), 4336, 4371, 4379 (p. 1827), 4387, 4407 (p. 1829), 4420 (p. 1829), 6772 (p. 1894), 6776, 8077, 8576, 8590, 8693, 9018,  Langner (2001), nn. 781, 784, 808
RETIARIUS151421 (p. 1661), 1481a53, 1644 (p. 1677), 1991 (p. 1721)54, 4318 (p. 1824 – Crescens), 4353 (p. 1826), 4356 (p. 1826 – Crescens), 8269, 8382, 875555, 8915 (Crescens), 8916 a, b (Crescens), 8959; Langner (2001), n. 830
ESSEDARIUS122508 (p. 1777)56, 4280 (p. 1821), 4281 (p. 1821), 4291 (p. 1822), 4295 (p. 1822), 4296 (p. 1822)57, 4301 (p. 1823), 4333 (p. 1825), 4334 (p. 1825), 4386 (p. 1827), 4393, 4413 (p. 1829)
HOPLOMACHUS51481a (p. 1664)53, 8969f; Langner (2001), nn. 801, 802, 803
EQUES32437 (pp. 1770-1771), 4420 (pp. 1829-1830), 8590
PROVOCATOR22483 (p. 1775), 8528
SECUTOR21293 (p. 1643); Langner (2001), n. 787
SAMNES11481a (p. 1664)53
ARMATURE INCERTE234789-4797 (p. 1850), 5177 (p. 1873), 6734, 6833 (p. 1900), 6837 (p. 1901), 6889 (p. 1905), 8559, 8707, 8749, 8791, 8906, 8959c, 8967, 8981, 9021, 9057
Tabella 1. Gladiatori singoli a Pompei.
ScontroNumero GraffitiCIL, IV – esito combattimento
MURMILLO/THRAEX161421 (p. 1660 – V. TRAEX), 1474 (p. 1663 – V. MURMILLO), 1653 (p. 1679 – incerto), 1773 (p. 1688 – V. MURMILLO), 2364a (p. 1761 – V. MURMILLO), 2387 (p. 1762 – V. THRAEX), 2508 (p. 1777 – incerto, scontro citato 7 volte)58, 8056 (V. MURMILLO), 8969c (V. THRAEX), 10221 (V. MURMILLO)
HOPLOMACHUS/MURMILLO61422 (p. 1660 – V. HOPLOMACHUS), 2451 (p. 1772 – esito incerto)59, 5215 (p. 1875 – esito incerto), 8969d (V. HOPLOMACHUS), 8969g (V. HOPLOMACHUS); Langner (2001), n. 1013 (esito incerto)
HOPLOMACHUS/SAMNES410236a-10238b (V. HOPLOMACUS)
SECUTOR/RETIARIUS34393, 4870 (p. 1855), 5275 (p. 1878)60
DIMACHAERUS/HOPLOMACHUS22508 (esito incerto, scontro citato due volte)58
HOPLOMACHUS/THRAEX22508 (esito incerto)58, 8969d (V. HOPLOMACHUS)
PROVOCATOR/PROVOCATOR28055 (V. OCEANUS)61; Langner (2001), n. 1012 (esito incerto)
ESSEDARIUS/RETIARIUS12508 (p. 1777 – V. ESSEDARIUS)58
HASTARIUS/RETIARIUS11911 (p. 1712 – esito incerto)62
HOPLOMACHUS/SECUTOR18969 a (V. HOPLOMACHUS)
SECUTOR/PONTARIUS11293 (p. 1643 – esito incerto)
CLASSI INCERTE41499 (p. 1665), 4822 (p. 1852), 8981, 9038
Tabella 2. Scontri tra gladiatori (v. = vittoria) a Pompei.
Tipologia ArmaturaNumero GraffitiCIL, IV
FALX SUPINA22396 (p. 1763)63,2397 (p. 1763)
FUSCINA25264 (p. 1878)64; Langner(2001), n. 951
GALEA122089 (p. 1728), 4710 (p. 1845), 5275 (p. 1878)65, 815466, 8358, 8529, 8920; Langner (2001), nn. 97367, 975, 978, 979
OCREA11770 (pp. 1687-1688)
RETIS28183; Langner (2001), n. 853
SCUTUM71770 (p. 1687), 4708 (p. 1845), 4710-4711 (p. 1845), 8741, 10116; Langner (2001), n. 958.
SUBLIGACULUM18791
ARMI DI DIFFICILE IDENTIFICAZIONE104789-4797 (p. 1850), 5264 (p. 1878)
Tabella 3. Singole armi a Pompei.
Numero GraffitiCIL, IV
42426 (p. 1769), 2426a (p. 1769), 2451 (p. 1772)68, 2508 (p. 1777)
Tabella 4. Libelli gladiatori a Pompei.
CategoriaNumero Graffiti
GALEA369
MANICA1
PROVOCATOR3?70
RETIARIUS671
SECUTOR872
ARMI DI DIFFICILE IDENTIFICAZIONE273
Tabella 5. Classi gladiatorie e armature a Efeso.
REGION. GRAFFITI GLADIATORI ACCERTATI74
I15
II33
III6
IV0
V99
VI21
VII30
VIII21
IX19
Tabella 6. Distribuzione dei graffiti nelle regiones di Pompei.

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  • Taeuber, H. (2002): “Graffiti als Hilfsmittel zur Datierung der Wandmalereien im Hanghaus 2”, in: Krinzinger, ed. 2002, 93-100.
  • Taeuber, H. (2016): “Graffiti und Inschriften”, in: Rathmayr, ed. 2016, 233-258.
  • Teyssier, E. (2009): La mort en face : le dossier Gladiateurs, Arles.
  • Thür, H. (2005): Hanghaus 2 in Ephesos. Die Wohneinheit 4. Baubefund, Ausstattung, Funde, Vienna. 
  • Tosi, G. (2003): Gli edifici per spettacoli nell’Italia Romana, Roma.
  • Tuck, S.L. (2021): “Ludi and Factions as Organizations of Performers”, in: Futrell & Scanlon, ed. 2021, 534-544.
  • Varone, A. (2007): “Inscriptions and Paintings along Via dell’Abbondanza: A Slice of Real Life in the Pompeii of the 1st Century AD”, in: Curuni Spiridione & Santopuoli, ed. 2007, 268-277.
  • Varone, A. (2012):Titulorum graphio exaratorum qui in CIL vol. IV collecti sunt imagines, Roma.
  • Ville, G. (1981): La gladiature en Occident des origines à la mort de Domitien, Roma.
  • Wachter, R. (2019): Pompejanische Wandinschriften: lateinisch-deutsch, Berlino.
  • Wiedemann, T. (1992): Emperors and Gladiators, Londra-New York.
  • Wilmott, T., ed. (2009): Roman Amphitheatres and Spectacula: A 21st Century Perspective, Oxford.
  • Wistrand, M. (1992): Entertainment and Violence in Ancient Rome: The Attitudes of Roman Writers of the First Century A.D, Göteborg.

Notes

  1. Premessa e un bilancio conclusivo sono di G.L. Gregori; Capitoli 1-3 di F. Mancuso.
  2. Cfr. Chamberland 2021.
  3. Per un quadro generale sul fenomeno e la diffusone dei graffiti, con le loro implicazioni anche di carattere psicologico: Baird & Taylor 2011; Baratta 2016; Benefiel 2016; Corbier 2016; Huhtamo 2016; Keegan 2016.
  4. Il numero non si riferisce a quello delle schede di CIL, IV, ma al computo effettivo dei graffiti, dal momento che, sotto uno stesso numero, sono stati talora pubblicati più testi. Il numero di pagina dentro parentesi tonda si riferisce al supplemento di Solin et al., ed. 2020, contenente addenda e corrigenda ai graffiti editi da Mau e Zangemeister e l’edizione dei nuovi edicta munerum (CIL, IV, 11033-11039). Una selezione di edicta e graffiti gladiatori pompeiani ora in Wachter 2019, nn. 368-393; 394-466.
  5. Gli influssi romani nell’Oriente romano sono affrontati principalmente da Carter 1999; Mann 2011; Noreña 2011; Graf 2015.
  6. In generale per gli anfiteatri si veda ancora Golvin 1988; per gli edifici di spettacolo in Italia anche Tosi 2003.
  7. Sear 2006, 335.
  8. Si veda in proposito la documentazione raccolta da Roueché 1993, comprendente numerosi graffiti con invettive e riferimenti sia ad attori, sia a gladiatori di opposte fazioni.
  9. Per un interessante contributo sui sistemi di comunicazione all’interno degli anfiteatri si veda Sheppard 2019.
  10. Taeuber 2002; Thür 2005.
  11. Per una sintesi sulla storia della gladiatura e alcuni aspetti specifici (onomastica, stato giuridico, specialità): Ville 1981 e, su singoli aspetti, Mosci Sassi 1992; Coarelli 2001; Gregori 2011; Rinaldi Tufi 2018.
  12. Si vedano: Sabbatini Tumolesi 1980; D’Ambrosio & De Caro 1987. In particolare, sul rilievo gladiatorio dalla Necropoli Marittima di Pompei: Capaldi 2020.
  13. Garraffoni & Funari 2009.
  14. Pari a 29 graffiti.
  15. Pari a 10 graffiti.
  16. Sulle fazioni presenti nelle tifoserie gladiatorie: Tuck 2021.
  17. Mosci Sassi 1992, 162-164, 171-172; Coarelli 2001, 154-155; Rinaldi Tufi 2018, 86-88.
  18. Caldelli 2001, 290.
  19. Un altro sannita è riscontrabile nel graffito CIL, IV, 3789, con la raffigurazione del gladiatore Phaedimus Sullanus.
  20. CIL, IV, 1293 (p. 1643).
  21. Bacchielli 1989. Cfr. Mosci Sassi 1992, 155-156; Rinaldi Tufi 2018, 88.
  22. Langner 2001, n. 828 (tav. 42).
  23. Mosci Sassi 1992, 144-145; Coarelli 2001, 155-156; Rinaldi Tufi 2018, 83-85.
  24. Vd. ad es. Robert 1940, nn. 210, 213, 215, 218.
  25. Taeuber 2016, taf. 100 n. 80.
  26. Taeuber 2016, taf. 120 n. 348.
  27. Museo archeologico di Efeso.
  28. Ritti 1985.
  29. Roueché 1993.
  30. Taeuber 2016, taf. 126 nn. 374, 375, 379, 380, 381.
  31. Sulla psicologia di uno spettatore dell’anfiteatro: Wistrand 1992; Teyssier 2009; Kruschwitz 2010; Fagan 2011; Chamberland 2012.
  32. Solin 2020.
  33. Sull’onomastica gladiatoria: Ville 1981, 306-310; Sabbatini Tumolesi 1984; Gregori 2011, 41-47.
  34. Il nome del gladiatore è stato letto in CIL come Panthacathus,ma sembra preferibile la lettura di Molle 2005.
  35. Taeuber 2016, taf. 120 n. 348.
  36. Golvin 1988, 239.
  37. Langner 2001, 46.
  38. Il graffito risulta importante anche per la datazione dell’intonaco su cui è stato tracciato al 450 d.C. Lo straordinario ritrovamento di questo graffito ha determinato in proposito un acceso dibattito tra gli studiosi. Costantino fin dal 325 d.C. aveva proibito lo svolgimento degli spettacoli gladiatori nelle province orientali ed Efeso non fu risparmiata da questa decisione (Wiedemann 1992, 156-158). Pur ammettendo che questa disposizione non abbia avuto immediata applicazione, per la grande popolarità degli spettacoli anche nell’Oriente romano, sembra improbabile che a distanza di oltre cento anni dal divieto l’autore del graffito potesse ancora descrivere in maniera così circostanziata e ricca di particolari un evento ludico cui non aveva potuto personalmente assistere: Krinzinger 2002, 96.
  39. Cfr. Mosci Sassi 1992, 161; Coarelli 2001, 155; Rinaldi Tufi 2018, 86-88.
  40. Sulla campagna di scavo della Necropoli di Porta Nocera: D’Ambrosio & De Caro 1987.
  41. De Carolis 2003; Pesando & Guidobaldi 2006.
  42. Huet 2004; Fernández Uriel 2007, 206-214; Fagan 2011, 93-96; De Vivo 2020.
  43. Pesando & Guidobaldi 2006, 77.
  44. L’edificio non deve essere confuso con la Schola armaturarum (III 3, 3), di recente crollata e ora in fase di ricostruzione.
  45. Sugli scavi della caserma gladiatoria: Esposito et al. 2011.
  46. Cfr. Varone 2007.
  47. Roueché 2002, 257-273.
  48. Sui rilievi pertinenti ai munera gladiatoria vd. Papini 2004; Coulston 2009.
  49. Il Trace e il mirmillone, realizzati a pochi centimetri di distanza, sono del tutto indipendenti tra loro. Non si tratta quindi di un combattimento.
  50. Libello censito anche nelle tabb. 2-4. Il Trace della colonna 2 è citato da solo e non si conosce il suo avversario.
  51. Graffito collegato al Trace di CIL, IV, 8574: si legge Galerii, probabilmente da riferire al Trace graffito pochi centimetri sopra.
  52. L’identificazione del mirmillone è di H. Solin, che specifica come l’immagine sia perduta.
  53. Graffito che comprende tre combattenti: un oplomaco, un Sannita e un reziario.
  54. Nel graffito sono presenti due reziari.
  55. Secondo il CIL il gladiatore potrebbe tenere in mano un vessillo o una rete. Quindi è probabile, ma non sicura, l’identificazione con un reziario.
  56. Libello gladiatorio già citato sopra. L’essedarionella colonna 1 è citato singolarmente e non si conosce il suo avversario. Si veda a tal proposito: Solin 2020; Mosci Sassi 1992.
  57. Gli essedari graffiti a pochi centimetri di distanza (CIL, IV, 4295-4296 [p. 1822]) si chiamano entrambi Amarantus come due gladiatori di Efeso (vedi sopra, nel testo). Non si tratterà del medesimo essedario riprodotto più volte?
  58. Coppie inserite all’interno di un libello.
  59. Si tratta di un libello con al centro la raffigurazione di un combattimento tra oplomaco e mirmillone.
  60. Si tratta probabilmente dello scontro tra un secutor e un reziario. Il CIL descrive “un gladiatore che insegue un altro poco equipaggiato”.
  61. L’identificazione di due prouocatores non è sicura. Aracintus, il gladiatore sconfitto, è equipaggiato con una sica leggermente ondulata e che potrebbe richiamare la falx supina del Trace. Oceanus sicuramente è un prouocator per via della galea liscia con pennacchi e ocrea soltanto sulla gamba sinistra. Se lo scontro non fosse tra due prouocatores, il graffito testimonierebbe la pugna tra un Trace e un prouocator, piuttosto rara, ma attestata epigraficamente.
  62. Il CIL registra un gladiatore con la fuscina e l’avversario con l’asta; rimane per la verità incerta la figura dell’hastarius.
  63. Per tale graffito si veda: Varone 2012.
  64. Raffigurazioni di armi gladiatorie, delle quali si riconosce soltanto la fuscina del reziario.
  65. Galea di Trace e secutor.
  66. Elmo di dubbia natura.
  67. Chiaramente di un Trace.
  68. Graffito raffigurante lo scontro tra un mirmillone e un oplomaco. Al centro è stato graffito un libello (vedi tab. 2).
  69. Tre galeae sonostate incise vicino al prouocator Eutychianus (cap. 2): esse potrebbero spiegarsi come un’iniziale bozza della realizzazione finale del gladiatore, oppure sono da riferire a tre gladiatori distinti.
  70. Il numero è incerto, come già detto alla nota precedente: le galeae incise vicino al gladiatore potrebbero riferirsi a lui o ad altri prouocatores andati perduti con il tempo.
  71. Uno dei tre reziari è Amarantos, che si scontrò contro un omonimo secutor; si tratta dell’unico graffito ritrovato a Efeso ritraente un duello tra gladiatori. (vedi cap. 2).
  72. Uno degli otto secutores è Amarantos, avversario di un omonimo reziario (vedi cap. 2).
  73. Si tratta di graffiti difficili da decifrare. Forse vi erano rappresentate una galea e la rete del reziario.
  74. I graffiti inseriti sono sicuramente gladiatori. mancano all’interno di essa le incisioni dubbie, disperse e i graffiti collocati presso le necropoli.
ISBN html : 978-2-35613-549-0
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EAN html : 9782356135490
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Volume : 23
ISSN : 2741-1818
Posté le 23/04/2024
27 p.
Code CLIL : 3385; 4117
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Comment citer

Gregori, Gian Luca, Mancuso, Fabio, “La percezione degli spettacoli gladiatori nei graffiti di Pompei ed Efeso: uno studio comparativo”, in : Bell, Sinclair W., Berlan-Gallant, Anne, Forichon, Sylvain, dir., Un public ou des publics ? La réception des spectacles dans le monde romain entre pluralité et unanimité, Pessac, Ausonius éditions, collection PrimaLun@ 23, 2024, 321-348, [en ligne] https://una-editions.fr/reactions-du-public-romain-face-aux-animaux [consulté le 24/04/2024].
doi.org/10.46608/primaluna23.9782356135490.13
Illustration de couverture • Montage S. Forichon et SVG, à partir de :
Sezione interna del Colosseo con spettatori e finta caccia al leone (1769-1770), Vincenzo Brenna, Victoria and Albert Museum, Londres (d'après Gabucci, A. ed. (1999): Il Colosseo, Milan, p. 166-167) ; Relief dit de Foligno (130×55 cm), Détail, Museo di Palazzo Trinci, Foligno, Italie (photo de S. Bell) ; Mosaïque dite du Grand Cirque de la villa de Piazza Armerina, Détail, Sicile (d’après Gentili, G. V. et A. Belli (1959) : La Villa Erculia di Piazza Armerina: i mosaici figurati, Collana d’arte Sidera 8, Rome, pl. X) ; Diptyque en ivoire dit des Lampadii (29×11 cm), Détail, Santa Giulia Museo, Brescia (d’après Delbrueck, R. (1929) : Die Consulardiptychen und verwandte Denkmäler, vol. I-II, Studien zur spätantiken Kunstgeschichte, Berlin-Leipzig, vol. II, pl. 56) ; Mosaïque dite de Gafsa (4,70×3,40 m), Détail, Musée du Bardo, Tunis (d’après Blanchard-Lemée, M., M. Ennaïfer, H. et L. Slim (1995) : Sols de l’Afrique romaine : mosaïques de Tunisie, Paris, p. 196, fig. 143).
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