La cosiddetta Piazza di Rappresentazione occupa la terrazza intermedia del grande complesso architettonico di epoca imperiale. Si tratta di un’enorme terrazza artificiale rettangolare dalle dimensioni di circa m 300 x 1501 (h 5,5 di estensione), che la rendono probabilmente la più grande piazza del mondo romano (fig. 55).
Anche in questo caso, come avvenuto per la terrazza superiore (vd. infra), l’orografia della collina impose l’adozione di soluzioni plasmate ad hoc per il contesto in cui si inseriscono. Cosicché, ad esempio, la pendenza del terreno nel lato orientale del monumento si risolve realizzando due ambienti voltati organizzati su due livelli di quota differenti. Nei lati nord e ovest, invece, si costruiscono gallerie su un unico livello che corrono solo su parte del lato in questione, a causa della presenza di affioramenti rocciosi. Infine, nel lato meridionale l’enorme riempimento di terra del terrazzamento viene contenuto da un poderoso muro realizzato in conglomerato nella parte inferiore e in tre file di blocchi in quella superiore, che fonda direttamente sul banco roccioso.
Ai due angoli di questo stesso braccio sono poi disposte due “torri”, la cosiddetta Torre del Pretori e la Torre de la Antiga Audiència che, con un sistema di scale, assicurano la comunicazione tra la terrazza intermedia e il sottostante edificio circense.
Lo spazio interno della piazza è caratterizzato da un grande podio ampio circa m 14, su cui un muro perimetrale in blocchi decorato con paraste, capitelli tuscanici e un’architrave a tre fasce delimita la piazza.
Il podio e il muro perimetrale interno della terrazza intermedia
Nello spazio interno la piazza è circondata su tre lati da un podio ampio circa m 14 e alto circa m 3,80, realizzato con un enorme riempimento di terra che va dal muro perimetrale interno della piazza fino alla struttura di contenimento sul fronte. Quest’ultima è nota esclusivamente grazie alla documentazione di scavo ed è realizzata con un’opera in grandi blocchi, in alcuni settori disposti per ortostati2 (fig. 56c), e decorata nella parte inferiore da una modanatura in alcuni punti con gola dritta, in altri rovescia3. Al paramento interno di questa struttura si associa un nucleo in conglomerato4 con cortina in opera incerta. Le fondazioni si caratterizzano invece per l’utilizzo di tecniche edilizie distinte, dettate dall’irregolarità orografica della collina: in alcuni tratti sono disposte sul banco roccioso semplicemente regolarizzato, in altri vengono gettate in trincee poco profonde. Nel lato nord e in quello più settentrionale del settore occidentale della piazza, dove il livello geologico si trova a una quota elevata, la fondazione si realizza con l’impiego esclusivo di pochi filari di blocchi disposti a secco. Contrariamente, nella parte più meridionale del lato occidentale5 si attesta un’unica struttura in conglomerato (tav. 5). Infine, nel settore orientale6, al di sopra della roccia regolarizzata, viene associata una muratura in opus caementicium a una in grandi blocchi.
Il piano di calpestio del podio era rivestito da uno strato di cocciopesto, come dimostrato dai rinvenimenti effettuati nel settore occidentale (durante gli scavi condotti presso l’ex Beatari de Sant Domènec), a ridosso del paramento interno del muro perimetrale della piazza7. Quest’ultimo è realizzato con una poderosa struttura in blocchi parallelepipedi posti prevalentemente di taglio, scandita da una serie di lesene coronate da capitelli tuscanici e da un architrave a tre fasce, i cui resti attualmente conservati si riferiscono al lato orientale8 (fig. 57; tav. 6) e occidentale9 (fig. 58; tav. 5) della terrazza. Le testimonianze, seppur esigue, restituiscono delle componenti decorative scolpite nella pietra calcarea come parte integrante degli stessi blocchi che costituiscono il paramento, risultato della lavorazione di mani esperte nel modellare il materiale lapideo. Data la scarsa resistenza della pietra utilizzata, la rifinitura ultima degli elementi era realizzata con stucco poi dipinto, come testimoniano pochi residui ancora visibili su alcuni dei capitelli di lesena conservati (fig. 59). Risulta interessante notare come la sequenza decorativa dei capitelli sia leggermente differente nei due lati della piazza (si veda il catalogo dei capitelli di parasta in appendice). Negli elementi della parte orientale infatti la porzione superiore dell’abaco è scolpita con una modanatura più elaborata (cat. 5-9), mentre nel lato opposto della piazza si limita a una sequenza di listello e ovolo, oltre alla presenza del collarino che risulta completamente assente nei capitelli del lato occidentale (cat. 1-4). Nonostante tale differenza, uno dei pezzi del lato orientale presenta una successione di elementi che riprende lo schema compositivo dei capitelli della parte opposta della piazza. Le lesene conservate sia su un lato che sull’altro della terrazza, non sono sufficienti a restituire una sequenza decorativa ampia tanto da stabilire la presenza di cambi stilistici cadenzati. Tuttavia, la presenza di un solo esemplare di una tipologia differente, rispetto ai cinque conservati nel lato orientale, fa pensare a ragioni legate al cantiere, piuttosto che a una scelta stilistica. È probabile che con l’ultima fase decorativa, quella realizzata dai tectores, il ductus dello stucco di copertura avrebbe uniformato i profili della pietra.
Il muro che delimita la piazza a nord sembra invece avesse un aspetto differente rispetto a quelli occidentale e orientale appena descritti. Pur nella scarsità di resti conservati, dall’osservazione critica di ciò che rimane, si possono desumere informazioni importanti. L’unico muro d’alzato ancora visibile, sebbene in pessimo stato di conservazione, corrispondente alla zona nord-occidentale (presso l’attuale C/Civaderia 22-24), sembra non restituire alcuna traccia della decorazione scolpita nella pietra presente invece sul lato occidentale e orientale10. Associati a questo muro sono stati rinvenuti però numerosi frammenti in marmo, alcuni dei quali modanati11. Si noti come nel 1969 nella stessa zona (C/Vidre 10) venne alla luce un’interessantissima base di colonna in marmo bianco12 con toro decorato con foglie, a cui fa seguito una scozia con anthemion realizzata con palmette alternate a calici capovolti. Si tratta dell’unica base decorata ritrovata a Tarragona e nel nord-est della Penisola Iberica, circostanza che la rende certamente un elemento d’importazione o frutto del lavoro di maestranze itineranti.
Ulteriori dati sul settore nord della piazza provengono dal rinvenimento, nella zona dell’attuale Plaça del Forum, di una porzione di muratura che presenta, sul piano d’attesa del filare superiore della fondazione in blocchi del muro perimetrale interno della piazza, una risega scalpellata (con una profondità di m 0,05) in senso longitudinale. Alla risega si intervallano incassi rettangolari equidistanti (fig. 60a-b), corrispondenti agli alloggiamenti per l’inserimento di lastre e basi di paraste marmoree13. Negli ’60 del secolo scorso era venuto alla luce, sempre nella stessa zona e su notizia di Sánchez Real14, un capitello di lesena in marmo di Luni-Carrara (fig. 60c). Il pezzo, poi studiato da J.J. Menchon15, presenta una sequenza decorativa quasi identica a quella dei capitelli in pietra calcarea, nonché fori da perno, tanto nella parte superiore che in quella inferiore,16 per il fissaggio rispettivamente all’architrave e al fusto della parasta. Ulteriori notizie si desumono inoltre dalla letteratura archeologica. L’erudito locale Hernández Sanahuja, infatti, alla fine dell’800, testimone dei lavori di riedificazione di una casa sita in corrispondenza dell’angolo tra il lato settentrionale e quello occidentale della piazza, descrive la decorazione del muro con lesene: i fusti, così come il paramento in cui erano scolpiti, erano stuccati imitando il marmo locale (il cosidetto marmo di Santa Tecla), mentre basi, plinti e tutto il fronte del podio erano in marmo bianco di provenienza italiana17. Sebbene nel testo non venga fatta distinzione tra i resti del lato nord e quelli del lato ovest18, sembra chiaro che l’autore faccia riferimento alle due diverse tipologie decorative riscontrate. In base alle evidenze rinvenute, è possibile dunque ricostruire la parte settentrionale della piazza decorata con elementi marmorei, mentre i due lati lunghi realizzati in pietra locale e poi stuccati a imitazione del marmo. La stessa differenza caratterizza la decorazione del fronte della struttura di contenimento del podio, come attestato da uno scavo degli anni ’9019 durante il quale venne alla luce la zoccolatura modanata e lastre di rivestimento in marmo (fig. 56a-b). Il fronte della piazza viene dunque a delinearsi come un vero e proprio sfondo scenografico in cui, pur nella semplicità decorativa e cromatica delle partizioni architettoniche, si intuisce una volontà di attribuire alla struttura un messaggio comunicativo di imponenza e maestosità, facendo del podio una sorta di palcoscenico su cui manifestarsi e dal quale assistere alle cerimonie e processioni legate al culto imperiale.
La decorazione finora descritta funzionava, dunque, come una sorta di scenografia del podio, la cui conformazione architettonica finale costituisce un argomento che resta ancora oggi uno dei principali oggetti di discussione sul Foro Provinciale. A lungo è stata dibattuta infatti la presenza o meno di un portico colonnato al di sopra del podio che circondava su tre lati la Piazza di Rappresentazione. Nel 1993 R. Mar20 avanzò una prima ipotesi ricostruttiva proponendo la presenza di un portico sostenuto da colonne con un’unica navata a coprire i m 14 di profondità del podio, teoria che, secondo l’opinione dell’autore, veniva confermata in primis dalla presenza delle paraste decorative lungo i bracci della piazza. Nel 2000 A. Pociña e J. A. Remolà21, in disaccordo con la proposta di Mar, avanzavano l’ipotesi di un podio privo di porticato in cui la decorazione con lesene del perimetro in opus quadratum avrebbe rappresentato solo una sorta di espediente visivo per la creazione di un’illusione ottica che avrebbe “alleggerito” l’aspetto dell’imponente struttura in blocchi. La realtà archeologica purtroppo sembra fornire dati discordanti che non aiutano a fare chiarezza sulla questione. Tuttavia è possibile realizzare alcune osservazioni.
La decorazione di una piazza dall’estensione di circa 56.000 m2 e dalle dimensioni di m 300 x 150 avrebbe comportato l’impiego di un numero considerevole di elementi architettonici, tra cui basi, fusti di colonna, capitelli e le varie partizioni della trabeazione. Solo a una stima puramente indicativa ci si rende conto che sui lati lunghi sarebbero state necessarie quasi 100 colonne, se si utilizza un intercolumnio di circa m 3, ovvero la distanza tra le paraste ancora in situ dell’elevato perimetrale della piazza. Nonostante ciò, scarsissima è la quantità di materiale architettonico rinvenuto. Certamente da valutare è il reimpiego massivo di strutture e materiali provenienti dal Foro Provinciale a partire da epoca tardo-antica, tuttavia il materiale reimpiegato che è possibile osservare e quantificare appare esiguo rispetto a quello che doveva decorare la terrazza intermedia, dato non trascurabile e anzi indicativo. Gli unici pezzi a essere stati rinvenuti in certa quantità, e possibilmente associabili al portico, sono fusti in granito della Troade (fig. 61). Si tratta di fusti di piccole e medie dimensioni in materiale importato soprattutto dalle province – granito della Troade22 – a partire dal II secolo d.C. A questi si può aggiungere il rinvenimento di capitelli in marmo proconnesio. Sappiamo che l’imperatore Adriano soggiornò a Tarragona nell’inverno del 122-123 d.C.: in questo periodo gli viene attribuita la convocazione di un conventus per regolare una delicata questione di arruolamento di soldati, ma soprattutto il restauro della Aedes Augusti (HA, Vit. Hadr., 12), interpretato come restauro del Tempio di Augusto23 ma che potrebbe essere anche inteso in senso più ampio come intervento sui porticati di una delle due terrazze del Foro Provinciale.
Tra i fusti in granito rinvenuti a Tarragona, numerosi sono di provenienza sconosciuta, altri furono scoperti duranti gli scavi condotti presso l’anfiteatro romano della città (tredici fusti), reimpiegati nella chiesa visigota costruita nell’arena nella seconda metà del VI secolo24. Diciotto fusti furono invece recuperati in mare durante il secolo scorso, altri 6 provengono da Sesclades, una zona nella parte nord di Tarragona25, alcuni si trovano reimpiegati a Reus26, mentre altri nella cattedrale di Tarragona. Molti fusti, in particolare quelli rinvenuti in mare, sono attualmente visibili, esposti all’interno del cosiddetto Passeig Arqueològic di Tarraco (fig. 61). Lo studio realizzato a partire dal 2009 da I. Rodà, P. Pensabene e J. Domingo27 su questi materiali portò gli autori a notare una certa omogeneità nelle dimensioni dei fusti, tra m 0,51 e 0,58 per il diametro inferiore e tra m 0,45 e 0,50 per quello superiore, e dunque a proporne l’importazione come lotto unitario per la decorazione di un unico grande edificio. Nel catalogo proposto dai tre autori vengono enumerati un totale di quarantacinque fusti, integri o tronconi, di cui la maggior parte di provenienza sconosciuta. In base alle notizie riportate da W. Pérez Martín28 sui ritrovamenti lungo il litorale tarragonese sono almeno otto i fusti29 rinvenuti in mare al largo della spiaggia del Miracle30. Di questi otto, quattro sembrano non essere presenti nel catalogo pubblicato nel 2009. Al conteggio possono essere aggiunti anche altri due fusti in granito rinvenuti durante i lavori di ristrutturazione di un immobile sito nella zona a nord-ovest della terrazza intermedia (C/d’En Granada 7)31. Le testimonianze note dunque permetterebbero di raggiungere il numero di cinquantuno pezzi. Scartata la possibilità che potessero decorare il portico in summa cavea dell’anfiteatro32, I. Rodà, P. Pensabene e J. Domingo propongono che i fusti potessero trovare collocazione nel portico della terrazza intermedia. Gli autori rilevano come l’altezza delle paraste (fusto più capitello) pari a m 4,76 fosse inferiore a quello delle colonne con i fusti in granito rinvenuti, alla cui altezza, pari a m 4,62, andrebbero aggiunte le dimensioni di base e capitello. Come già osservato, a coronare i fusti in granito sarebbero stati capitelli in marmo del Proconneso, di cui si conservano due esemplari di provenienza sconosciuta nell’esposizione permanente del MNAT, di altezza pari a circa m 0,81 e con diametro inferiore ricostruito a m 0,5533 (fig. 62). La differenza tra altezza delle paraste e quella delle colonne viene risolta dagli autori ponendo le travi del tetto da un lato sull’architrave delle paraste, mentre dall’altro all’interno dell’architrave sulle colonne, poco al di sopra della quota del piano di posa di questo.
Si tratta di una soluzione che presenta diversi problemi. In primo luogo sommando l’altezza del fusto in granito a quella del capitello in proconnesio si ottiene una dimensione di m 5,43 a cui va aggiunta l’altezza della base (per la quale si ipotizza un’altezza pari circa a m 0,3034). Se le travi dal lato del colonnato si inserissero nella parte inferiore dell’architrave raggiungerebbero nel lato opposto una quota che non corrisponderebbe alla zona superiore dell’architrave a tre fasce, ma a quella del primo blocco a essa soprastante. Va rilevata infatti la totale assenza di incassi per le travi a questa quota, sia nel settore orientale che occidentale della piazza in cui si attesta parte del paramento decorato con lesene. Pur nel numero esiguo di blocchi conservati riferibili al primo filare al di sopra dell’architrave, non vi è alcuna traccia che riconduca a una possibile copertura. Resterebbe a questo punto vagliabile il posizionamento della travatura nella parte superiore della trabeazione. Tuttavia anche in questo caso non si attesta alcuna evidenza, nell’elevato con paraste, di una sequenza decorata, oltre l’architrave a tre fasce, considerando che il primo filare al di sopra di quest’ultima presenta una superficie liscia. Si potrebbe infine anche menzionare che la proporzione tra l’altezza della colonna (con base e capitello) che non raggiungerebbe i m 7 e l’ampiezza del podio di m 14 sembra essere abbastanza distante da quella dei grandi portici come quello del Foro della Pace o del Foro di Traiano a Roma.
A mettere ulteriormente in crisi la ricostruzione del colonnato della piazza è il settore occidentale. Tra il 2010 e il 2011 gli scavi effettuati presso l’ex Beatari de Sant Domènec (Ca l’Agapito) corrispondente appunto alla porzione sud del settore ovest della terrazza, permisero di documentare parte della struttura di contenimento del podio. Elemento di estremo interesse fu l’aver rinvenuto sulla superfice superiore di questa35, dallo spessore di m 1,75, un canale di scolo per le acque meteoriche ricavato nella struttura in conglomerato con una sezione di m 0,60 e una profondità di m 0,94 rivestito con malta idraulica36 (tav. 5). Il sistema per l’evacuazione delle acque in realtà doveva essere più complesso: al canale che solca la superficie superiore della struttura di contenimento del podio erano associati, a intervalli probabilmente regolari37, altri che discendevano in maniera perpendicolare, per poi immettersi in un ulteriore canale il quale, a una quota più bassa, attraversava tutto il podio e fuoriusciva verso ovest, al di fuori del perimetro del monumento38 (fig. 63). Sebbene la documentazione di scavo non sia chiara nel descrivere l’esatta posizione della canaletta sulla superficie in conglomerato della struttura di contenimento del podio, è possibile quantomeno ipotizzarne l’ubicazione (fig. 64). Questa potrebbe essere stata funzionale allo smaltimento dell’acqua meteorica dalla copertura del porticato. La superficie disponibile per la collocazione della colonna resterebbe però pari a m 1, una misura che andrebbe ulteriormente ridotta se si considera che l’elemento architettonico non sarebbe stato posizionato a ridosso del canale di scolo, ma un po’ più arretrato rispetto a esso. In base a tali osservazioni, al momento, appare dunque difficile ipotizzare il colonnato. Non potendo posizionare la fila di colonne sul riempimento di terra, dove sarebbero risultate prive di fondazione, resta da valutare la possibilità della presenza di una fondazione nella parte interna del podio, ad oggi completamente spoliata o ancora non rinvenuta. Tuttavia, a parere di chi scrive, elaborare ipotesi su ciò che finora non è stato ritrovato, pur trattandosi di zone parzialmente indagate, comporterebbe il rischio di ricostruire qualcosa che non è mai esistita nell’antichità. Ad ogni modo, anche in assenza di un porticato, il sistema di canalizzazione descritto, sarebbe potuto risultare funzionale a veicolare le acque meteoriche di una vasta superficie sopraelevata rispetto al piano di circolazione della piazza.
Purtroppo i rinvenimenti frammentari, relazionabili al podio rendono difficoltosa l’interpretazione della sua conformazione. Difatti bisogna sottolineare come negli altri bracci della piazza lo spessore della struttura di contenimento presenti una superfice decisamente più ampia, pari a circa m 3, permettendo un’ipotesi più credibile della presenza di un colonnato che potrebbe quindi aver utilizzato la parte più interna del muro di contenimento come fondazione. Al momento ritengo che la realtà archeologica debba continuare a essere osservata, analizzata e discussa in attesa di nuovi dati, per poter avanzare un’ipotesi accettabile sulla possibile conformazione dello spazio architettonico in questione. È certo che nella ricostruzione di una piazza di questo tipo la presenza di un porticato sembra essere la soluzione più ovvia, soprattutto alla luce dei modelli costruttivi del mondo romano conosciuto. Un portico colonnato con un’ampiezza di ben m 14 ricorda le dimensioni di altri porticati, quali ad esempio il Foro della Pace (circa m 13) o il Foro di Traiano (circa m 14). Tuttavia, il carattere di novità e unicità che l’archittetura del Foro Provinciale per tanti aspetti possiede, non è un fattore trascurabile. Nel foro tarragonese vi è infatti una differenza fondamentale rispetto agli esempi citati poc’anzi, ovvero proprio la presenza del podio, elemento che suggerisce come a configurarsi sia uno spazio architettonico e una visione di esso assolutamente nuova e distinta. Una struttura dall’altezza di quasi m 4 genera una profonda rottura rispetto a quella canonica continuità tra piazza e portico, o comunque spazio circostante a essa, che ritroviamo nei modelli planimetrici a noi noti. L’accesso al podio difatti non potendo effettuarsi direttamente dalla piazza, avveniva per mezzo di passaggi con ambienti coperti a botte che tagliavano trasversalmente il riempimento di terra e che, per mezzo di scalinate, conducevano il visitatore al livello di circolazione di questa struttura sopraelevata39. L’idea dello spazio nella cosiddetta Piazza di Rappresentazione è quella di un’area scenograficamente dominante, sebbene resti perfettamente inserita nel complesso architettonico del Foro Provinciale.
Il terrazzamento meridionale
Il terrazzamento della Piazza di Rappresentazione era contenuto a sud da un poderoso muro realizzato da una fondazione in calcestruzzo in cavo armato che poggia sul banco roccioso e su cui si eleva, a partire da una quota di 53,08 m s.l.m., un muro di blocchi disposti a secco, dallo spessore di circa m 2,40. Un’ottima descrizione è fornita da B. Hernández Sanahuja relativamente allo stato dei resti nel 1877: “… un fortísimo muro de sostenimiento (…) fabricado de un duro hormigón, y es el que se observa en el fondo de las bóvedas de las calles del Trinquet Vell y plaza de Cedazos (…) que tenía 2,68 de grueso (…). A los ocho o diez metros de altura, según los puntos, comienza la obra de sillería, de modo que, según se ve, los romanos para los cimientos y sitios caliginosos y húmedos, preferían a la piedra labrada, la mampostería, a cuyo fin empleaban la cal hidráulica”40. A questo muro si addossa, sul paramento meridionale, la sequenza di ambienti voltati del circo che sorreggono la gradinata settentrionale dell’edificio e hanno la funzione di contrafforti del muro di contenimento della piazza terrazzata. Durante una recente indagine archeologica, condotta presso l’attuale C/Enrajolat 16, è stata documentata l’altezza massima del muro d’alzato in grandi blocchi pari a m 5,40 e corrispondente a 11 filari41, raggiungendo una quota di circa 62,64 m s.l.m. Considerando che il livello di circolazione del visorium del circo si attesta a 55,46 m s.l.m.42, è possibile dunque osservare come il muro che separava la piazza intermedia dal circo fosse un paramento in grandi blocchi di calcare che si eleva almeno per m 7.
Sistemi voltati e sostruzioni
Se per la realizzazione della terrazza superiore erano stati necessari lavori di sbancamento del terreno e di terrazzamento, per la Piazza di Rappresentazione si ricorre alla creazione di un terrapieno artificiale che implica la realizzazione di imponenti strutture sostruttive. Difatti la piazza prevede ambienti voltati su tre dei suoi lati, che svolgono la doppia funzione di sostruzione e di sistema di comunicazione all’interno del suo perimetro. A causa della diversa pendenza del terreno: nel lato orientale erano previsti almeno tre livelli di circolazione, ovvero due gallerie a due quote differenti e un ultimo livello di cui si ipotizza l’esistenza; nel lato occidentale era invece un unico ambiente voltato a cui si sovrapponeva un ulteriore piano di circolazione così come nel lato settentrionale. Attualmente si conservano, o sono comunque state documentate, porzioni relative ai tre lati della piazza.
Sul lato orientale corrono due gallerie sovrapposte i cui resti sono oggi inclusi nel circuito museografico del Circo-Pretorio del Museu d’Història de Tarragona (MHT), denominati Volta de la Tecleta (fig. 65) e Volta del Sarcòfag d’Hipòlit (fig. 66). La Volta de la Tecleta43 costituisce l’ambiente inferiore dall’ampiezza di circa m 4, con volta a botte di conglomerato e murature realizzate con cortina in bozzette regolari in marmo di Santa Tecla/llisós. Non è possibile fornire dati sul sistema di fondazioni della struttuta in quanto sono assenti saggi o scavi che permettano di conoscerne le caratteristiche. I muri d’alzato sono stati oggetto di un restauro abbastanza invasivo, dunque risulta difficile documentare le tracce del processo costruttivo di epoca romana. Come è possibile osservare dalla sezione ricostruttiva (tav. 6) il paramento orientale si addossa al muro perimetrale esterno della terrazza intermedia, con il quale mantiene un rapporto di contemporaneità costruttiva come ben esplicitato dalla loro relazione stratigrafica (fig. 67); il paramento occidentale, invece, si addossa a una struttura in calcestruzzo che altro non è che parte della fondazione del perimetro interno della piazza, ovvero l’alzato decorato con lesene. La Volta de la Tecleta risulta dunque praticamente inglobata all’interno dello spazio della galleria superiore (tav. 6).
La Volta del Sarcòfag d’Hipòlit44 costituisce la sostruzione al livello di quota superiore con una luce di m 7, realizzata con murature in opera quadrata e volta a botte in opus caementicium. La lettura stratigrafica dei paramenti mostra l’utilizzo di questo ambiente in differenti fasi cronologiche, vincolate alle diverse destinazioni d’uso della Torre del Pretori45 nel corso dei secoli. Come si può osservare dalla sezione ricostruttiva il paramento occidentale (tav. 6), che nella facciata esterna presenta la decorazione con paraste e architrave, poggia su una possente fondazione (tuttora apprezzabile nella Plaça del Rei) realizzata in parte in calcestruzzo in cavo armato, di cui sono ancora visibili le differenti gettate, e una parte in blocchi a secco disposti prevalentemente di testa (fig. 68). Le necessità strutturali e l’orografia del terreno, che in questa zona del monumento raggiunge la sua massima pendenza, giustificano pienamente la realizzazione di una fondazione che presenta almeno m 6 di altezza. Nel paramento orientale della galleria, invece, l’elevato coincide con il muro perimetrale esterno della terrazza (tav. 6), completamente realizzato in opera isodoma ma che, nonostante la pendenza accentuata, non presenta fondazioni in calcestruzzo bensì in blocchi disposti a secco. Come si vedrà nel paragrafo dedicato alla costruzione della Torre del Pretori, infatti, in questo punto il monumento reimpiega parte di una struttura previa di cui, proprio a seguito della realizzazione della Torre del Pretori, verrà elevato notevolmente il livello di utilizzo, trasformando le strutture preesistenti in fondazione del nuovo edificio.
Nel settore occidentale della piazza, si conserva parte dell’ambiente voltato che in questa zona corre su un unico livello. Si tratta dei resti visibili nell’attuale Plaça del Pallol (fig. 69), il cui nome deriva dal termine pallol, ovvero il deposito di grano, funzione a cui viene destinata la galleria di epoca romana a partire dal XVI secolo46.
L’ambiente, denominato Volta del Pallol, presenta dunque numerosi interventi di epoche posteriori e si realizza con una volta a botte in conglomerato che s’imposta sul lato occidentale (fig. 70) su un elevato in blocchi disposti di testa e di taglio che, con un’ampiezza di m 2,2, coincide con il muro perimetrale esterno della piazza, ancora oggi parzialmente apprezzabile per un’altezza di m 16 (tav. 5; fig. 71). Il muro poggia su una fondazione in conglomerato di m 0,70 di altezza su cui si dispone un’unica fila di blocchi dell’altezza di m 147 (tav. 5; fig. 72). I resti di questa struttura risultano altresì rilevanti in quanto si tratta dell’unico settore in cui si attesterebbe la presenza di un secondo livello di circolazione. Difatti l’estradosso in blocchi della copertura a botte raggiunge un’altezza di circa m 9, a una quota di 69 m s.l.m., la quale coincide esattamente con la parte superiore dell’estradosso dell’ambiente voltato del secondo livello nel lato opposto della piazza, ovvero la Volta del Sarcòfag d’Hipòlit (fig. 72; tavv. 5, 6). Questo, unitariamente alla presenza della muratura in blocchi che prosegue fino a un’altezza di almeno m 16, permette di ipotizzare la presenza di un ultimo piano di circolazione, che quasi certamente sarebbe stato speculare in entrambi i settori della terrazza, al di sopra delle strutture voltate, di cui tuttavia non siamo in grado di definire la conformazione architettonica.
L’alzato orientale della Volta del Pallol, invece, coincide in parte con la fondazione del muro perimetrale della piazza decorato con paraste, realizzata in calcestruzzo in cavo armato su cui si dispongono due file di blocchi48. La restante parte dell’elevato della galleria si costruisce con un nucleo in conglomerato e una cortina con bozzette regolari realizzate in pietra di Santa Tecla/llisós (fig. 70). La fattura di quest’ultima parte dell’alzato, con una tecnica edilizia distinta rispetto a quella del muro in grandi blocchi a cui si addossa, potrebbe essere frutto di restauri o interventi successivi. Si esclude la possibilità che l’ambiente voltato possa attribuirsi a un momento costruttivo posteriore alla realizzazione dell’alzato perimetrale decorato, in quanto in corrispondenza dell’estradosso della volta si può osservare il posizionamento scalonato dei blocchi utili a una migliorare coesione tra questi e la malta.
L’orografia del terreno, la cui pendenza cambia notevolmente procedendo da nord verso sud, doveva aver creato non pochi problemi durante la costruzione di questo lato della piazza. Un elemento di estremo interesse, a questo proposito, è la conformazione planimetrica e strutturale del settore in questione. Infatti, la galleria, così come avviene nella parte ovest del lato settentrionale, non corre su tutto il lato della piazza, ma a circa metà della sua lunghezza si interrompe a causa della presenza della roccia naturale a una quota troppo elevata, tale da rendere innecessario un intervento sostruttivo (fig. 73). Probabilmente proprio a causa della conformazione orografica del terreno, il lato occidentale non risulta esattamente parallelo al lato opposto, ma presenta una deviazione verso ovest di circa 1 grado, corrispondente a un allargamento di circa m 2,2549. In questo settore, il muro in blocchi decorato con paraste si addossa dunque al retrostante banco roccioso. È quanto si attesta, ad esempio, nei resti conservati presso C/Civaderia 5 (fig. 74) dove sebbene il muro d’alzato non si conservi in stato ottimale, è possibile osservare alcuni dei blocchi del paramento, nonché l’architrave a tre fascie che lo decora. Non si conservano purtroppo tracce dei capitelli tuscanici e delle paraste. Una situazione identica si documenta presso C/Notari Albinyana 17 dove si apprezza una porzione maggiore dell’affioramento roccioso e, a poca distanza, il muro decorato della piazza (fig. 75). Lo stesso è stato attestato anche nella zona occidentale del lato settentrionale in cui è stato rinvenuto solo il paramento perimetrale interno a foderare la roccia regolarizzata50. La documentazione dei resti corrispondenti all’angolo tra il lato occidentale e settentrionale della terrazza (C/Civaderia 2)51 permettono di attestare chiaramente le caratteristiche costruttive di questo settore e di ipotizzare come i lavori di preparazione del terreno dovevano aver imposto importanti opere di sbancamento della roccia. Di grande interesse è inoltre la presenza, in questo punto, dell’entrata della diramazione dell’acquedotto che alimentava le strutture della piazza (fig. 76), relativamente al quale prossimi interventi di scavo potranno chiarire la relazione stratigrafica e costruttiva con le strutture della terrazza5252. A proposito della situazione orografica della zona nord-occidentale, sebbene non sia stato ancora possibile realizzare una ricognizione topografica, si rileva come in corrispondenza di questo settore il livello di roccia sembra raggiungere grosso modo la quota della superficie superiore del podio. Gli affioramenti rocciosi, ancora ben visibili (fig. 77) in quest’area, potrebbero difatti essere stati modellati e sfruttati per la creazione del podio stesso, per il quale sarebbe stato innecesario l’apporto di terra, nonché la costruzione di una struttura di contenimento.
É bene mettere in evidenza come, sebbene fosse noto che nell’area che interessa l’angolo nord-occidentale della terrazza intermedia non era possibile restituire una galleria sostruttiva, come esplicitato, ad esempio, nella scheda n. 86 del libro Planimetria Arqueològica de Tarraco, nella rappresentazione in pianta del complesso architettonico il lato occidentale e settentrionale della Piazza di Rappresentazione sono sempre stati ricostruiti in maniera praticamente speculare al braccio orientale, perpetuando un errore poi riproposto nella varie pubblicazioni sull’argomento.
Infine, riguardo al lato settentrionale della terrazza sono esigue le testimonianze attualmente visibili, tuttavia, la documentazione degli scavi archeologici condotti nei secoli scorsi53 fornisce sufficienti informazioni per ipotizzarne la conformazione (fig. 78). Anche in questo settore correva un unico ambiente voltato, trovandosi la roccia naturale a una quota elevata, che difatti fu regolarizzata per la realizzazione delle fondazioni. La maggior parte dei dati provengono dagli interventi realizzati tra il 1997 e il 199854. Della galleria sono stati documentati gli alzati, nonché resti della copertura in conglomerato (fig. 79; tav. 7). Il muro perimetrale nord, ovvero il limite esterno della piazza, si realizza con un nucleo in calcestruzzo tra cortine di bozzette regolari55, su cui si dispongono due filari di blocchi, sopra i quali si imposta la volta (fig. 78). Il muro opposto a sud, con stesse caratteristiche, sebbene presenti uno spessore maggiore56, costituisce la fondazione del muro perimetrale interno decorato con paraste. Come già messo in evidenza nel precedente paragrafo, sul piano d’attesa dell’ultimo filare si attestano incassi per l’alloggiamento di lastre e basi marmoree (fig. 60).
La cosiddetta Torre de la Antiga Audiència
A entrambi gli angoli meridionali della terrazza intermedia si ubicano due edifici dotati di un sistema di rampe di scale e corridoi utili a facilitare l’accesso tra suddetta terrazza e il circo. Nella parte occidentale della piazza l’edificio prende il nome di Torre de la Antiga Audiència57. Le strutture di epoca romana purtroppo sono ad oggi meno conservate rispetto a quelle della “gemella” Torre del Pretori. Difatti, a partire dal V secolo ebbe inizio un processo di spoliazione degli elementi decorativi e strutturali dell’edificio, nonché la trasformazione di alcuni settori in una sorta di butto58. Poco conosciuta è la vita dell’edificio in epoca medievale, finchè tra il XIII e il XVI secolo vi si installò il primo Consiglio della città. L’aspetto odierno in stile neoclassico, nonché il nome con cui attualmente si conosce il monumento sono da riconnettersi al XIX secolo, momento in cui si converte in sede della Udienza Provinciale59.
L’edificio romano presenta una pianta rettangolare suddivisa in tre settori principali (fig. 80a-b-c) collegati da rampe di scale e brevi corridoi. La documentazione più esaustiva riguarda la parte settentrionale, merito degli scavi archeologici effettuati in questo settore negli anni ’80 del secolo scorso e della loro conseguente pubblicazione60.
I dati a disposizione sulle caratteristiche del terreno su cui si edificò questa parte del monumento sono scarse, sebbene dovesse presentare le stesse irregolarità orografiche riscontrate in tutto il resto del complesso architettonico. Le fondazioni delle strutture meridionali purtroppo non sono note, a causa dell’assenza di indagini archeologiche. Contrariamente, delle strutture settentrionali si documentano fondazioni in conglomerato realizzate in parte in una trincea scavata nella roccia61 e in parte fuori terra. A seconda poi della pendenza del terreno, in alcuni casi è presente una porzione in blocchi, come avviene ad esempio nel caso del muro di chiusura settentrionale dell’edificio62, dove a causa dell’irregolarità del terreno, e dunque della presenza in alcuni punti del livello di roccia a una quota inferiore, la fondazione culmina con tre filari di blocchi (fig. 81).
L’edificio è caratterizzato da possenti alzati in opus quadratum con blocchi disposti a secco di testa e di taglio che conservano gli incassi da olivella per il sollevamento, così come intagli quadrangolari riconducibili all’impiego di leve per il posizionamento esatto dei pezzi del filare successivo. Infine sono visibili impronte di grappe a doppia coda di rondine probabilmente lignee63 per il fissaggio orizzontale dei blocchi (fig. 82). Sfortunatamente, a causa del parziale stato di conservazione delle strutture, non è possibile stabilire l’esatta relazione stratigrafica tra queste e dunque proporne una sequenza costruttiva. Soltanto nel settore “a” (fig. 80) si può osservare una contemporaneità nel processo edilizio tra il muro meridionale e orientale, quest’ultimo coincidente con l’alzato perimetrale esterno della terrazza intermedia. La realizzazione delle due strutture difatti sembra essere frutto di una costruzione simultanea da parte di maestranze diverse che nel punto di incontro sono costrette a effettuare una sorta di cerniera tra le due murature, con blocchi appositamente rilavorati (fig. 83). L’informazione è rilevante in quanto differenzia il processo costruttivo della torre occidentale da quella orientale, ovvero la Torre del Pretori, che non presenta questa stessa relazione stratigrafica di contemporaneità tra le murature. Come verrà rilevato nel paragrafo dedicato all’edificio infatti (vd. infra), la Torre del Pretori, a differenza della Torre de la Antiga Audiència, si imposta su strutture previe. Risulta evidente dunque come siano state proprio queste ultime a determinare una stratigrafia architettonica e processi edilizi distinti tra la cosiddetta torre orientale e il suo settore simmetricamente opposto.
Ancora per ciò che riguarda la sequenza costruttiva delle varie partizioni murarie della Torre de la Antiga Audiència, un’ulteriore osservazione può essere fatta in relazione al muro meridionale in cui si apre la porta che dà diretto accesso alla piattaforma superiore del circo (fig. 80, porta 1). La fattura del complesso sistema di copertura della porta, con una sequenza di doppia piattabanda e arco di scarico, doveva aver richiesto l’intervento di maestranze altamente specializzate, probabilmente differenti da quelle che realizzano il resto del paramento. Il punto d’incontro del lavoro delle distinte maestranze anche in questo caso si rileva grazie alla presenza di blocchi i cui angoli sono rilavorati per permetterne l’incastro (fig. 84).
Come già messo in rilievo al principio, le due “torri” angolari della piazza intermedia si articolano in una sequenza di rampe di scale e corridoi che, nel caso della Torre de la Antiga Audiència, è stato possibile ricostruire con una certa precisione.
Una porta, coperta con un complesso sistema di piattabande e archi di scarico, si apre nella facciata meridionale64 (figg. 85a; 80, porta 1) e mette in comunicazione la piattaforma superiore del circo con l’interno dell’edificio. Oltrepassata l’apertura, ed esattamente di fronte a questa, una scalinata permette di proseguire il percorso verso i piani superiori, mentre sulla destra si apre un ambiente dall’incerta funzione (fig. 80, settore a). La poca distanza esistente tra la soglia della porta e il primo gradino della rampa di scale ha fatto mettere in dubbio il reale utilizzo della sala, considerandolo solo in funzione dell’accesso alla scala. In realtà non esistono dati sufficienti in grado di negare un eventuale utilizzo dell’ambiente, anche alla luce delle numerose tracce di rivestimento di intonaco decorativo rinvenuto su tutti i paramenti (fig. 83). La scalinata, composta da gradini in marmo di Santa Tecla65, alternativamente realizzati in un unico elemento e in due elementi contigui (fig. 85b), si addossa al muro occidentale dell’edificio i cui blocchi sono appositamente riscalpellati per ricevere la testata dei gradini (fig. 85c). La scala conduce a un ripiano con pavimento anch’esso in marmo di Santa Tecla e successivamente a una porta (figg. 86a-c; 80, porta 2) di cui ancora si conserva la soglia anch’essa realizzata nel locale marmo tarragonese66 (fig. 86b).
Oltrepassato questo ulteriore accesso, ci si immetteva nel secondo ambiente dell’edificio, il settore “b” (fig. 80, settore b). Qui, ancora oggi, si apprezza un sistema di salita realizzato con scalinate unite da un corridoio disposto a U67 (fig. 86c) su strutture in conglomerato rivestite da una cortina di bozzette regolari in pietra di Santa Tecla/llisós, poi rifinite con uno strato di intonaco68 e che si addossano alle murature portanti dell’edificio in opera quadrata. È probabile che da questo livello si potesse accedere al secondo piano della sala “a” già descritta. Difatti, nell’angolo orientale del paramento in cui si apre la porta n. 2 (fig. 80) si conserva un’apertura moderna che però potrebbe ricalcare un’originaria porta romana69. Nella pubblicazione relativa agli interventi archeologici effettuati nell’edificio, gli autori citano anche la presenza, nella sala più meridionale (fig. 80, settore a), di impronte riconducibili all’alloggiamento di travi lignee di un solaio che corrisponderebbe a un secondo piano il cui livello di quota sarebbe lo stesso della porta moderna. La presenza di un accesso in questo punto, dunque, costituirebbe l’unica possibilità per poter fruire di questo secondo piano del settore a. In realtà le impronte segnalate dagli autori hanno per la maggior parte una sezione troppo modesta per ospitare travi sufficientemente grandi da sostenere un piano transitabile e oltretutto non appaiono esattamente allineate tra loro.
Nell’ambiente “b” (fig. 80) si conserva anche una delle finestre con arco a tutto sesto70 che si aprivano nel muro occidentale, a cui è stato associato il rinvenimento di un blocco modanato, interpretato come parte del davanzale, che presenta tracce di stucco su due dei suoi lati71. Se si considera ciò che accade nella Torre del Pretori queste aperture dovevano essere tre.
Infine, le ulteriori tappe del percorso di salita non sono conservate, tuttavia si può supporre l’esistenza di una porta associata a un’ulteriore rampa di scale72 (fig. 80, settore c) che avrebbe dato accesso alla galleria del secondo livello della Piazza di Rappresentazione.
La cosiddetta Torre del Pretori
La connessione tra l’angolo sud-orientale della terrazza intermedia e il circo era assicurata da un sistema di scale e di accessi, inglobati in quella che è denominata Torre del Pretori73, ubicata nell’attuale Plaça del Rei (fig. 87). L’edificio, ricco di storia e di stratigrafia architettonica, è stato oggetto, nel corso dei secoli, di vari cambi di destinazione d’uso, come confermano anche i differenti nomi attribuitigli (tra cui Torre de Pilats, Castell del Rei, Torre del Pretori, ecc.)74. Fu difatti palazzo reale della corona aragonese, fase a cui corrisponde la denominazione di Castell del Rei, divenendo oggetto di importanti riforme soprattutto durante il governo di Jaime II (1291-1327) e di Pedro III (1336-1387) che interessarono in particolar modo la facciata meridionale. Tra la fine del XVI secolo e gli inizi del XVII fu trasformato in un magazzino di materiale militare e successivamente in caserma. Il monumento nel 1813 subì numerosi danni quando le truppe francesi, prima di abbandonare la città, fecero esplodere vari edifici tra cui la Torre del Pretori. In realtà i danni riguardarono principalmente le strutture medievali e moderne, sebbene anche quelle di epoca romana furono parzialmente interessate, come dimostrato da una delle incisioni di V. Roig del 1814 in cui è chiaramente visibile la distruzione di buona parte delle finestre che si aprivano sul lato orientale (fig. 91). Nel 1820 il Comune decise di destinare l’edificio a prigione provinciale. A questa fase, dunque, fanno riferimento le notizie giunte grazie a un manoscritto redatto dal Dr. Aleu75 (manoscritto depositato solo successivamente, negli anni ‘80), erudito locale e medico che esercitò tale professione proprio nella prigione provinciale. Alcuni dettagli rilevati dal Dr. Aleu in testi e schizzi costituiscono un supporto alla comprensione di una stratigrafia architettonica di certo complessa. Negli anni ’60 del secolo scorso la struttura ricevette importanti restauri a cui fecero seguito gli unici scavi archeologici, condotti nel 1962, da A. Balil76 all’interno dell’odierno “patio” e poi pubblicati nel 1969. Questi scavi rappresentano un supporto fondamentale allo studio del monumento.
Il settore della Torre del Pretori che, come si vedrà in seguito, è strettamente vincolato dal punto di vista funzionale all’area denominata della Volta Llarga (galleria lunga) e dunque al settore nord-orientale del circo, rappresenta una zona di estremo interesse. La ricca evoluzione architettonica delle strutture di epoca romana e le numerose modifiche effettuate in corso d’opera denotano l’essenza propria di un cantiere edilizio di grande entità, in continua trasformazione e pronto ad adattarsi costantemente a nuove esigenze. Tuttavia, al di là dell’evoluzione del cantiere, alcune strutture possono essere attribuite a momenti costruttivi previ alla realizzazione della torre, sebbene non sia possibile specificarne una precisa identificazione cronologica e funzionale.
Come per altre zone del monumento tarragonese, le relazioni stratigrafiche possono avvalersi solo di cronologia relativa, per cui è bene tener sempre presente che non è possibile stabilire un momento di costruzione specifico delle strutture che si descrivono.
A un momento previo alla realizzazione della Torre del Pretori appartiene una struttura in opus quadratum, disposta in direzione est-ovest e provvista di un accesso in senso nord-sud (fig. 88). La quasi totalità dei resti non è visibile in quanto gli si addossano le murature del lungo ambiente della Volta Llarga. Tuttavia, nelle sezioni realizzate da S. Tarragò nel 1993 l’autore rileva il muro in opera quadrata in punti determinati dove probabilmente si realizzarono dei saggi77. Parte della struttura in blocchi78 (fig. 88, n. 1), successivamente reimpiegata all’interno del muro di terrazzamento meridionale della piazza intermedia, conserva nell’estremo orientale l’imposta e le reni di un arco, anch’esso realizzato in blocchi, che marca un passaggio da nord a sud. Il passaggio in questione è privo del piedritto occidentale, ormai non più conservato, difatti lo spazio attualmente esistente tra la porzione di struttura 1 e 2 (fig. 88)79 non corrisponde alla luce originale dell’arco, che doveva invece essere di circa m 2,70. Nel paramento interno del piedritto conservato si osserva la presenza su due blocchi di due marchi di cava incisi80. La tematica relativa a queste incisioni o iscrizioni verrà affrontata più dettagliatamente in seguito, sebbene al momento resti importante sottolineare il rinvenimento di altri marchi sui paramenti della Torre del Pretori e nel settore nord-orientale del circo81. Della porzione occidentale del muro82 (fig. 88, n. 2), anch’essa inglobata successivamente nella costruzione della torre, si conserva solo una piccola parte, tuttavia risulta interessante mettere in evidenza la presenza di bugnato su almeno tre dei lati della struttura: quello settentrionale, dove è chiaramente visibile la relazione stratigrafica con il paramento appartenente al muro occidentale della Torre del Pretori, quello orientale e quello meridionale. In base a quanto detto sembra plausibile pensare che si trattasse di una sorta di pilastro su cui probabilmente si impostavano altri archi/porte che permettevano il passaggio all’interno di un perimetro costruito infra mura sulla cui interpretazione planimetrica o funzionale non siamo in grado di aggiungere ulteriori informazioni, almeno allo stato attuale della ricerca. Tale perimetro avrebbe dunque funzionato in relazione con uno degli accessi delle mura tardo-repubblicane. Tuttavia, non si conservano maggiori evidenze archeologiche al riguardo. Questo tratto delle mura viene parzialmente distrutto già in epoca romana, proprio in concomitanza della costruzione della Torre del Pretori83.
La realizzazione del sistema di scale e accessi della denominata torre, determinò numerosi cambi che riguardarono tutte le strutture previe, incluso il settore della Volta Llarga che, come si vedrà in seguito, era già parte del progetto del Foro Provinciale ma fu oggetto di trasformazioni in corso d’opera. Le relazioni stratigrafiche delle varie strutture, difatti, confermano come la Torre del Pretori sia stato l’ultimo edificio a essere realizzato in questo settore. Il monumento si addossa al muro orientale o esterno del perimetro della terrazza intermedia con alzati che presentano un livello di fondazione decisamente più elevato rispetto al muro perimetrale della terrazza in questo settore. Tutti i paramenti della cosiddetta torre sono realizzati in opus quadratum con blocchi disposti a secco e poi fissati grazie all’uso di grappe le cui impronte sono ancora visibili sul piano d’attesa dei blocchi. La superficie dei pezzi restituisce anche tracce relative all’uso dell’olivella come sistema per il sollevamento84, così come di un particolare strumento per lo spostamento laterale e la messa in posa definitiva. Si tratta del cosiddetto pince a crochet85 (fig. 89b), composto da due elementi assemblati e il cui utilizzo e forma sono stati recentemente reinterpretati86 (fig. 89c): a permetterne l’identificazione è un’impronta a L sulla faccia laterale del blocco da spostare in corrispondenza del suo bordo inferiore, associata a un’impronta quadrangolare sul piano d’attesa del blocco già in opera e corrispondente al filare inferiore (fig. 89a). Come nel caso di tutto il perimetro della terrazza intermedia, a differenza del sistema di messa in opera utilizzato nella terrazza superiore, l’uso di impalcature non era necessario in quanto lo spessore notevolmente maggiore delle murature permetteva manovre e operazioni da svolgersi al di sopra degli stessi elevati.
L’edificio, a pianta rettangolare87, si divide in tre settori (fig. 87) utili ad articolare il sistema di scale e accessi il cui esatto funzionamento, nonostante siano già state formulate alcune ipotesi, sfugge ancora a un’interpretazione precisa. Naturalmente il meccanismo di porte e scale conservato nella gemella Torre de la Antiga Audiència fornisce un importante spunto interpretativo, sebbene i due edifici non siano esattamente speculari, elemento che rende impossibile riproporre lo stesso modello per la Torre del Pretori.
Sul lato orientale dell’edificio si attestano tre grandi aperture finestrate separate da grossi pilastri in blocchi, attualmente visibili solo nella parte inferiore (figg. 90; 87 settore b) ma di cui è nota l’esistenza anche grazie a due incisioni del XIX secolo (fig. 91): una, che abbiamo già avuto modo di citare, realizzata da V. Roig nel 1814, immediatamente successiva ai danni causati dalle truppe francesi, e una di A. Laborde del 1806, precedente alla distruzione.
Sull’asse nord-sud della torre, a una stessa quota di circolazione, si apre un percorso che attraversa tre porte, l’ultima delle quali immette nella parte più meridionale dell’edificio (fig. 92 n. 1 , 2, 3; tavv. 8; 9)88. Nella stessa parete si apre un ulteriore passaggio, a una quota più elevata (fig. 92 n. 4; tav. 9), utile a immettere i visitatori negli spazi che li avrebbero condotti all’adiacente galleria sostruttiva superiore.
A tale riguardo, però, a un’attenta analisi dei dati archeologici sorgono numerosi dubbi e interrogativi. Il paramento esterno dell’accesso in questione è quasi completamente frutto di un restauro di epoca moderna, tuttavia su quello interno, al di sotto della soglia originale della porta, è possibile rilevare un taglio nella muratura riconducibile a un’apertura previa che presenta la stessa ampiezza della porta (fig. 93). La quota del taglio corrisponde esattamente a quella delle finestre poste sul lato orientale dell’edificio, elemento che induce a pensare a una funzione similare anche per questa apertura. Per qualche ragione quest’ultima fu però obliterata o comunque ne fu significativamente elevato il livello di fruizione. Questo dettaglio induce a pensare a una modifica di progetto abbastanza rilevante. Difatti, sembra si possa scartare la possibilità che il taglio documentato nella murata corrispondesse a una porta, che appare innecessaria essendo poco distante un’altro accesso (fig. 92, n. 3; tav. 9). L’esistenza di una finestra, adiacente a quelle lateriali ancora visibili (fig. 90), invece, avrebbe contribuito a illuminare un ambiente che doveva risultare piuttosto buio. Se, come pare plausibile, in una prima fase di progetto costruttivo questa apertura era una finestra, l’accesso al secondo piano doveva trovarsi in un altro punto nell’edificio. Con la tamponatura della finestra, si provvede, dunque, a spostare l’accesso al piano in questo punto.
L’ipotesi per cui ci troveremmo dinanzi a una modifica di progetto sembrerebbe altresì essere confermata da un ulteriore elemento. Nello spazio denominato patio della torre, per raggiungere la porta n. 4 (fig. 92) si attraversa un ripiano su fondazione fuori terra in calcestruzzo e un arco, quest’ultimo di epoca posteriore (fig. 92). La struttura oblitera buona parte di una delle grandi aperture finestrate sul lato orientale. Risulta di certo inverosimile ipotizzare che la costruzione di una finestra e la sua obliterazione fossero state contemplate in una stessa fase progettuale. È evidente, inoltre, come anche la stessa fondazione del piedritto settentrionale dell’arco sia stratigraficamente posteriore alla muratura della torre a cui si addossa, rifinita con blocchi in bugnato e strati di intonaco. La fondazione fuori terra potrebbe rappresentare quindi ciò che rimane di una passerella che viene aggiunta nel momento in cui l’apertura n. 4 (fig. 92) viene trasformata da finestra a porta di accesso al piano superiore nella parte meridionale della torre.
Resta ancora difficile stabilire con precisione il sistema di circolazione interno all’edificio, soprattutto per ciò che riguarda i piani superiori. Difatti, relativamente al primo livello di circolazione, sul lato nord due porte allineate (fig. 94a porta n. 1 e 2) immettono il visitatore, proveniente da un’area esterna al complesso architettonico, all’interno della torre. Da qui, oltrepassando la porta n. 3 (fig. 94) e tramite un’apertura di cui si ipotizza solo l’esistenza, si accede alla galleria inferiore di questo settore della piazza intermedia (Volta de la Tecleta). Infine un’ultima apertura (porta n. 4) conduce all’esterno dell’edificio, ovvero alla piattaforma superiore del circo. Più complessa è la ricostruzione dei percorsi del livello superiore (fig. 94b). Come abbiamo visto, una passerella sembra insistere lungo il lato orientale del monumento, anche se ciò implicherebbe l’obliterazione di almeno metà dell’altezza delle finestre. Va però considerato il fatto che ci troviamo di fronte a una modifica in corso d’opera che potrebbe aver dovuto sacrificare parte delle finestre, come di fatto succede nel caso della finestra/porta n. 4. Resta da vagliare l’ipotesi di percorso a U nel lato opposto (fig. 94b): in questo caso l’ambiente a cui si accede a destra della porta 1 accoglierebe una rampa di scale, così come avviene nella Torre de la Antiga Audiència, dando poi accesso a un’apertura, non più conservata, nello stesso paramento della porta 1 ma a una quota più elevata. La fattura del corridoio a U risulterebbe comunque distinta da quella della torre gemella della Antiga Audiència (fig. 80b), considerando che una fondazione continua in conglomerato avrebbe obliterato la porta n. 3 (fig. 94 a-b).
L’evoluzione del monumento nel corso dei secoli e la complessità della sua stratigrafia architettonica, lasciano gli interrogativi sugli snodi di accesso veicolati dalla Torre del Pretori ancora numerosi e aperti al dibattito.
Piattabande litiche e sistemi di copertura in aperture di accesso e aperture finestrate
Come nel caso della terrazza superiore anche nella terrazza intermedia architravi e piattabande litiche vengono abbondantemente utilizzate per la fattura di aperture di accesso e aperture finestrate, sebbene di queste ultime rimangono scarsissimi resti. L’unico esempio, infatti, si attesta nella facciata meridionale della denominata Torre de la Antiga Audiència (fig. 95), il cui stato di conservazione non è ottimale. Si tratta di un’apertura89 utile a illuminare il primo piano dell’edificio, realizzata con una piattabanda a tre conci in cui la chiave è costituita da un unico blocco che attraversa per intero lo spessore della finestra, mentre gli altri due conci sono costituiti da due pezzi adiacenti.
Nello stesso paramento si apre l’accesso che permetteva l’ingresso dalla piattaforma superiore del circo all’interno della torre occidentale. Si tratta di una delle realizzazioni che maggiormente denota l’alto livello di artigianato dei suoi costruttori, un sistema di copertura complesso che presenta in sequenza una doppia piattabanda e un arco di scarico (figg. 96 1a-1b; 84)90. La prima piattabanda si compone di tre conci, di cui due con profilo a doppia baionetta91 mentre il concio in chiave è realizzato con due pezzi sovrapposti. La seconda piattabanda invece è composta da tre elementi lapidei trapezoidali. Infine si sovrappone un arco di scarico al di sopra del quale si inserisce un blocco cuneiforme. La compresenza di varie strutture spingenti denota indubbiamente una preoccupazione da parte dei costruttori nel voler migliorare la stabilità del sistema di copertura e salvaguardare la luce della porta, a partire dal profilo a doppia baionetta dei conci della piattabanda inferiore per terminare con il blocco cuneiforme, perfettamente inserito nella parte superiore dell’arco di scarico. Quest’ultimo sembra ricordare il sistema di protezione del concio in chiave delle piattabande delle aperture finestrate della terrazza superiore92 (fig. 36), dove viene lasciata una luce tra il blocco superiore e la chiave della piattabanda per evitare che quest’ultima ricevesse in modo diretto le spinte verticali provenienti dalle strutture soprastanti. In questo caso il blocco che si sovrappone è un’architrave, dunque un sistema non spingente con uno scarico delle forze che si avvicina alla verticale. Nella porta della Torre de la Antiga Audiència si tratta invece di un concio che lavora meccanicamente come un cuneo, quindi con una distribuzione laterale delle forze che, in questo caso, salvaguardano il sottostante concio in chiave del sordino. Tutti suddetti accorgimenti potrebbero essere giustificati dalla ampia luce della porta che raggiunge i m 4,5 e dalla posizione, al livello di quota più basso nella torre93, implicando l’insistenza di un carico maggiore. La superficie dei blocchi, tanto degli elementi descritti come di tutto il paramento in cui la porta si apre, si presenta liscia con un tentativo di eliminare le maggiori irregolarità. Questo con ogni probabilità si deve al fatto che la superficie muraria, nella parte interna dell’edificio, era rivestita con intonaco che non è stato rinvenuto ma che è stato documentato sulle murature adiacenti che delimitano la sala in questione94.
Dalla porta appena descritta una scala conduce a un altro accesso95 a partire dal quale una serie di corridoi e scale portavano ai due livelli della torre. Del sistema di copertura originale della porta si conserva solo l’arco di scarico, mentre è scomparsa la sottostante piattabanda composta da tre elementi (figg. 96 n. 2; 97). Lo schema compositivo, come si vedrà in seguito, è lo stesso presente nei sistemi di copertura degli accessi della Torre del Pretori, con l’unica differenza che nel caso della Antiga Audiència il sordino si realizza con un arco decisamente più ribassato.
Nei pressi della torre occidentale si conservano altri due accessi che permettevano di immettersi nel grande ambiente con volta a botte (Volta del Pallol) che si sviluppava per buona parte del lato occidentale della piazza intermedia. Uno di questi è l’ingresso da sud alla galleria, attualmente in proprietà privata, motivo per cui sfortunatamente è stato impossibile prenderne visione. Tuttavia, la documentazione di scavo realizzata durante un intervento archeologico effettuato alla fine degli anni ’9096 permette di conoscerne le caratteristiche (fig. 98, porta n.3). Si tratta di una porta di cui si conserva una grande piattabanda a sette conci cuneiformi a cui si sovrappone una piattabanda composta da tre blocchi. Nel materiale consultato è citata anche la presenza di un arco di scarico che però non compare nella documentazione grafica, motivo per cui ne riportiamo sono la notizia.
Il secondo accesso a cui si fa riferimento immette anch’esso allo stesso ambiente voltato, ovvero la cosiddetta Volta del Pallol, però questo dal settore occidentale, esterno al Foro Provinciale. Si tratta di un arco estradossato97 (fig. 98, porta n.4) con grandi conci che attraversano tutto lo spessore della struttura.
Come abbiamo già osservato, anche nella torre di comunicazione orientale, la Torre del Pretori, nonostante i numerosi e spesso invasivi interventi di restauro, sono visibili una serie di accessi che si susseguono su due livelli mostrando percorsi di ascesa che dal circo conducono alla terrazza intermedia e alle strutture voltate che la circondano. Entrando da nord, della prima porta restano solo i due piedritti ma nulla si conserva della sua parte superiore. Proseguendo, il sistema di copertura della seguente porta, sebbene nel paramento nord presenti prevalentemente pezzi di restauro, si compone di una piattabanda a tre conci sormontata da un sordino98Ampiezza della porta pari a m 2,50, altezza m 3,92. (fig. 99 2a-2b; tav. 8). Lo schema doveva essere lo stesso applicato in uno degli accessi nella Torre de l’Antiga Audiència (fig. 96 n. 2), sebbene in quel caso sia solo parzialmente conservato. Si noti come l’arco di scarico non poggi semplicemente sui conci della piattabanda ma venga letteralmente incastrato in essi, essendo questi in parte rilavorati per la accogliere la forma curvilinea dei pezzi. L’accorgimento avrebbe probabilmente determinato una maggiore coesione tra gli elementi strutturali.
Allineata lungo il percorso dettato dall’accesso precedentemente descritto, un’altra porta permette l’ingresso all’interno della torre99 (fig. 99 n. 3; tav. 9). Nonostante presenti numerosi elementi frutto di restauro, si distinguono chiaramente vari componenti strutturali che si sovrappongo per creare un articolato sistema di copertura: tre piattabande di cui la prima a cinque conci e le altre due composte da tre pezzi, a cui infine si sovrappone un arco di scarico. Come nella porta precedente anche in questo caso l’imposta del sordino si inserisce nei conci sottostanti appositamente rilavorati. L’evidente preoccupazione di realizzare uno schema solido è probabilmente diretta conseguenza della notevole altezza dell’edificio con un doppio livello di circolazione, e dunque un maggior carico di forze da sopportare in questo settore della struttura.
Sempre nello stesso paramento, ma a una quota superiore, si apre un’altra porta che avrebbe condotto al secondo piano del monumento (fig. 100 4a-4b). Se il paramento settentrionale è ad oggi completamente restaurato, nella zona interna dell’edificio si può osservare la parte superiore di questo accesso realizzato con una sequenza di due piattabande a tre conci e un sordino che, come nelle altre strutture, viene inserito all’interno dei sottostanti pezzi rilavorati ad hoc.
Un ultimo accesso, di cui si riporta solo l’esistenza, in quanto quasi interamente restaurato, si apre con un semplice arco, nella parte meridionale della galleria che si sviluppa sul lato orientale della terrazza intermedia (fig. 100 n. 5).
In tutti i casi esposti dunque risulta evidente l’intervento di maestranze di lapidarii esperti, dotati di un’ottima conoscenza della materia prima a disposizione. La sovrapposizione in sequenza di elementi di copertura delle aperture di accesso e in molti casi il vero e proprio intaglio di pezzi ad hoc ne rivela un’elevata capacità nell’utilizzare soluzioni differenti per risolvere problemi statici specifici.
Notes
- Il lato nord misura m 295,74, quello est m 159,86 m, il lato sud m 293,57 infine quello ovest m 159,43 (Macias et al. 2007a, 42).
- Sono stati documentati nella Plaça del Rei, in corrispondenza del settore orientale della piazza romana. Nel settore occidentale si documenta presso: Casa Museu Castellarnau (Vilaseca & Diloli 2000, 47-50), dove il livello di circolazione della piazza si attesta a una quota di 58 m s.l.m.; C/d’en Compte 12-14 (Pociña & Remolà 2000, 29); C/d’en Compte 16 (Díaz 2017); Plaça del Pallol 6 (Piñol 1993b, 246).
- La modanatura con gola dritta è stata documentata nella Plaça del Rei (Vilaseca & Diloli 2000, 47-60).
- Nella Plaça del Rei, il nucleo in conglomerato raggiunge un’ampiezza di m 3 (Güell et al. 1993, 167-168).
- Si vedano gli scavi realizzati presso l’ex Beatari de Sant Domènec (Díaz 2011): la fondazione del podio si realizza in opus caementicium in una trincea, scavata nella roccia con una profondità di m 0,50. La struttura superiore, che presenta un’altezza totale di m 4,90 e un’ampiezza alla base di m 2,40, è realizzata con un paramento interno in opus incertum. Partendo dalla base l’ampiezza della struttura si restringe in due punti, prima di circa m 0,50 e successivamente di m 0,15, ottenendo un’ampiezza nella parte superiore pari a m 1,75 (Díaz 2011). Si noti però che procedendo da sud a nord della piazza si attesta anche l’uso dell’opus caementicium associato a file di blocchi, come ad esempio nei resti conservati presso l’attuale Casa Castellarnau. I blocchi in questo caso non rispettano l’allineamento della porzione in conglomerato, ma sono arretrati di circa m 0,90 (Vilaseca & Diloli 2000, 48-49).
- Si vedano gli scavi realizzati nel 1985 nei sotterranei del Museo Arte Moderno de Tarragona (Dupré 1988, 185-187) durante i quali si rinvenne la fondazione realizzata in conglomerato sulla quale poggiavano due file di blocchi.
- Díaz 2011.
- Cinque lesene con capitelli si documentano nel paramento occidentale dell’odierno edificio della Torre del Pretori; resti della parte inferiore di altre sei lesene site al num. 5 e 7 del C/Santa Anna, oggi non più visibili in quanto conservate al di sotto dell’attuale livello di circolazione (Güell et al. 1993, 181-184).
- Cinque lesene con capitelli si conservano nel patio dell’ex Beatari de Sant Domènec (Teixell et al. 2014; Díaz & Teixell 2014). Un unico blocco appartenente all’architrave a tre fasce si conserva al numero civico 5 della Plaça de Sant Joan e fa riferimento alla zona settentrionale del lato occidentale della piazza.
- Nella pubblicazione di Peña & Díaz 1996 il paramento appare scolpito con lesene con capitelli e architrave (fig. 8 e tav. 5).
- Tra i pezzi fu rinvenuta anche un’iscrizione su marmo bianco nella cui prima linea si legge: [LE] G(ionis) VII G(eminae) F(elicis) | [—]liani (AE 1997, 964 = HEp 7, 1997, 957). Nell’interpretazione si fa riferimento alla Legio VII Gemina e si afferma che potrebbe appartenere a un soldato o a un personaggio pubblico che militò nell’esercito (Peña & Díaz 1996, 209).
- Peña & Díaz 1996, 201. La base misura m 0,22 in altezza e m 0,55 in diametro.
- Una base, insieme a frammenti di lastre marmoree, è stata rinvenuta in uno strato tardo-antico (Pociña & Remolà 2000, 28).
- Sánchez Real 1990, 79-115.
- Menchon 2000. Il pezzo presenta una lunghezza massima nella parte superiore pari a m 0,82, un’altezza di m 0,50 e uno spessore di m 0,14. L’echino con gola rovescia è separato dal collarino tramite un listello rettilineo. Fa seguito un tondino. Il sommoscapo non è conservato.
- Tre fori nella parte inferiore e quattro in quella superiore, sebbene uno di questi, essendo di maggiori dimensioni, potrebbe interpretarsi come foro per il sollevamento del pezzo (Menchon 2000, 158).
- Hernández Sanahuja 1867, 87-88: “(…) Al quitar las ruinas de la casas vieja pudo observarse que estas cubrían una de las bases de las pilastras dichas un zócalo corrido, todo de mármol blanco, y vióse también que las pilastras y la pared estuvieron antiguamente revestidas de estuco (…) se notó que tanto la base de mármol como el zócalo o basamento estaban unidos al muro con fuertes grapones de bronce”.
Hernández Sanahuja 1877: “…al derribar en el 1852 la casa núm. 2 de la calle Cibaderia, propia del labrador Tomás Babot, para reedificarla se encontró el muro romano descrito, formando uno de los ángulos de la gran plaza, en el mejor estado de conservación y en el muro subsistían aún cinco pilastras que sobresalían de él, tres en el costado septentrional y dos en el occidental, muy bien labradas, de orden dórico, absolutamente iguales a las que existen en el Castillo de Pilatos y a las que se conservan en el jardín de las MM Beatas (…). Al tener noticia del hallazgo, acudimos al momento, y efectivamente, no sólo vimos dichas pilastras en el mejor estado de integridad, sino que pudimos observar, que tanto ellas que el muro en el que estaban empotradas las cubría un estuco de colores, imitando el mármol jaspeado del país o piedra de Santa Tecla; también observamos que las bases, plintos y pedestales eran de mármol blanco de Italia, así como el basamento general que corría entorno de todo el muro exterior del Forum…” - Piñol 1993a. Lo scavo si realizzò nel C/Merceria 11. La struttura si documentò per una lunghezza di m 7,10. Durante lo scavo furono rinvenuti anche resti di grappa per il fissaggio delle lastre marmoree, di cui una quasi integra in bronzo e rivestita in piombo (Piñol 1993a, nota 11). Con riferimento al settore nord, resti della struttura di contenimento del podio sono stati rinvenuti presso C/Destral e C/Major, dove la struttura raggiungeva un’ampiezza di m 3,4 a differenza degli altri settori la cui ampiezza era di m 2,5 (Dupré 1987, 73).
- Mar 1993c.
- Pociña & Remolà 2000, 32-43.
- Riguardo l’impiego del granito della Troade e gli aspetti organizzativi della cava si veda: Pensabene et al. 2018; Pensabene et al. 2015.
- Di provenienza certa sono due frammenti rinvenuti nel corso degli scavi archeologici realizzati negli anni 2010-2011 all’interno della cattedrale di Tarragona e riferibili al Tempio di Augusto. Si tratta di pezzi di cornice con soffitto decorato a cassettoni, entrambi realizzati in marmo proconnesio e databili a epoca adrianea (Macias et al. 2012b, 30, cat. 1.2.10 e 1.2.11).
- Ted’a 1990, 234.
- Di questi fusti alcuni erano stati reimpiegati nella chiesa di Sant Pere, ma nel XVI secolo furono portati via e riutilizzati in altri edifici (Rodà et al. 2012, 211). Quattro fusti provenienti dall’area di Sescelades furono inseriti nella facciata del Palau de la Generalitat di Barcellona nel 1598 (Sánchez Real 1994, 79-83).
- Nel 1563 alcuni fusti in granito furono reimpiegati nella chiesa di Sant Pere a Reus (Tarragona).
- Rodà et al. 2012.
- Pérez Martín 2007.
- Si tratta di: cat. n. 9, 10, 11, 12, 13, 14, 18, 22.
- Vengono riportati diciotto fusti in totale di cui alcuni rinvenuti nel 1951 e altri nel 1958, sebbene l’autrice ne identifichi erroneamente il materiale come un granito grigio proveniente dalle cave dei Pirenei (Pérez Martín 2007, 201 nota 107).
- Nemesis 2016.
- Non è possibile stabilire se un portico in summa cavea fosse mai esistito, difatti, in base alle evidenze conservate con riferimento alla cavea, sembra non potersi rilevare alcuna traccia di un muro perimetrale utile alla presenza di un portico. Inoltre, il finanziamento dell’edificio da spettacoli realizzato da un unico personaggio, un flamen, non avrebbe permesso l’importazione di un materiale così pregiato come il granito troadense e tantomeno un numero così elevato di colonne (Rodà et al. 2012, 211-212).
- I capitelli a cui si fa riferimento sono conservati nell’attuale Museu National Arqueològic de Tarragona (Pensabene, 1993: cat. 1-2, 33-35): il primo capitello (MNAT-34251) presenta un’altezza pari a m 0.79,5 e un diametro inferiore ricostruito di m 0,54. Il secondo capitello (MNAT-34252) presenta un’altezza pari a m 0,81 e un diametro inferiore ricostruito di m 0,55.
- Stabilito in base alla relazione di 1:2 tra diametro del fusto e altezza della base (Wilson Jones 2000, 149).
- In questo settore la quota superiore del muro di contenimento del podio è pari a 62,15 m s.l.m.
- Lo stesso canale era stato rinvenuto nella Plaça del Pallol 12 e al C/d’en Compte 2b (Teixell & Remolà 1997), dunque sempre in corrispondenza del lato ovest della piazza, anche se in quel momento non era stato riconosciuto come tale.
- Il canale è stato documentato per porzioni di almeno m 9 di lunghezza (Díaz & Teixell 2014, 838).
- Il canale documentato presenta una sezione a V con una profondità di m 0,45 e un’ampiezza nella parte superiore pari a m 0,30. Questo era coperto da lastre in pietra di El Mèdol ricavate da blocchi reimpiegati che difatti nella superficie superiore presentavano ancora tracce di bugnato (Díaz 2011).
- Díaz & Teixell 2014.
- Hernández Sanahuja 1877, 58.
- López 2017.
- Peña 1995.
- Nel 1971 fu realizzato un intervento archeologico in quest’area sotto la direzione di P.M. Berges e A. Ferrant, ma sfortunatamente i risultati non furono mai pubblicati (Ted’a 1989a, 42).
- Prende il nome dal sarcofago in marmo rinvenuto al largo della spiaggia del Miracle (Pérez Martín 2007, 207-210).
- Si veda il paragr. dedicato a questo edificio.
- L’ambiente era già stato convertito nel 1462 in chiesa de “los padres predicatores”, fino a che nel 1522 fu trasformata in deposito per il grano. Tuttavia, tra il 1646 e il 1693 tornò a essere utilizzata come spazio sacro dagli stessi religiosi, poi sostituiti dalle suore del Beatario de Santo Domingo (Salvat 1961, 95).
- Díaz 2001, 51.
- La fondazione poggia direttamente sul banco di roccia regolarizzato. I blocchi si dispongono arretrati di circa m 0,20 rispetto alla verticale della fondazione in calcestruzzo, mentre fuoriescono di circa m 0,60 rispetto alla verticale dell’alzato.
- Tale anomalia era stata interpretata come una modifica di progetto (Fiz & Macias 2007, 42-44). Tuttavia, data la complessità che la topografia collinare doveva aver imposto alla costruzione di questa zona, si ritiene che possano essere state queste circostanze a determinare la deviazione planimetrica di questo lato della terrazza.
- Macias et al. 2007, scheda 86.
- Si ringrazia l’archeologo dell’Ajuntament di Tarragona J. Menchon e l’archeologa municipale P. Bravo per avere permesso l’accesso ai resti in questione e aver concesso lo studio e l’uso del materiale fotografico.
- Saggi e interventi di scavo che sono già stati previsti dall’Ajuntament di Tarragona.
- L’esistenza di resti di epoca romana in questa zona della città era nota già dal XIX secolo, quando furono condotti i primi interventi archeologici. Nel 1917 fu scoperta la struttura in blocchi che corrispondeva all’angolo nord-orientale della piazza romana, poi scavata nel 1921 da A. Del Arco nonostante le ultime 3-4 file di blocchi fossero già scomparse (Mélida 1922, 308-312). Nel 1952 furono realizzati, nella Plaça del Forum, i lavori per la costruzione del mercato cittadino, purtroppo senza una reale documentazione archeologica di cui qualche notizia ci viene riportata da Sánchez Real (1957; 1990; 1991). Infine nel 1971 furono eseguiti alcuni saggi da P.M.Berges (1974, 153-168) che sfortunatamente non si distinsero per l’applicazione di una adeguata metodologia di intervento e documentazione. Altri saggi vennero realizzati nel 1991 (Dasca & Vilaseca 1991).
- Pociña et al. 1999.
- La struttura presenta m 3 di altezza e m 2 di ampiezza (Pociña & Remolà 2000, 28).
- La struttura presenta m 3 di altezza e m 3 di ampiezza.
- L’edificio presenta una dimensione pari a m 28,75 x 13,90.
- In base alla ceramica rinvenuta durante gli scavi realizzati negli anni ’80 del secolo scorso (Aquilué 1991), la formazione dei livelli associati a questa trasformazione dell’edificio si data all’ultimo quarto del V secolo con un utilizzo che dura fino a metà del VII secolo (Dupré & Carreté 1993, 82).
- Funzione che si mantiene fino al 1973. Da tale data e fino al 1982 l’edificio fu sede del Conservatorio Provinciale di Musica (Dupré &Carreté 1993, 11- 14).
- Dupré & Carreté 1993.
- La trincea presenta pareti a scarpa con ampiezza massima di m 2,50. Nella parte settentrionale della struttura il livello di quota della roccia documentato è tra 56 e 56,50 m s.l.m.
- La porzione di fondazione in opera quadrata avanza rispetto al muro di m 0,65.
- In associazione al muro che delimita a sud l’ultima rampa di scale fu rinvenuta, all’interno di una delle impronte da grappa, della polvere che dopo essere stata analizzata è stata identificata come materiale ligneo (Dupré & Carreté 1993, 51).
- La quota di uso della porta si trova a 56,30 m s.l.m.
- L’altezza è pari a m 0,21.
- In epoca moderna la porta è stata trasformata in una finestra e parzialmente obliterata con laterizi.
- La quota di uso dei corridoi si situa a 63 m s.l.m. La quota del pavimento dell’area che questi delimitano può essere invece stabilita intorno ai 60 m s.l.m. grazie alle tracce di stucco rinvenute sui paramenti alla base dei corridoi (Dupré & Carreté 1993, 73).
- Tali alzati presentano fondazioni con una parte in conglomerato realizzata in trincee scavate nella roccia e una parte fuori terra. La relazione stratigrafica tra le tre strutture che costituiscono dei veri e propri corridoi di passaggio ha permesso di mettere in evidenza la contemporaneità costruttiva delle loro fondazioni (Dupré & Carreté 1993, 64).
- La quota della porta romana corrisponde a 63 m s.l.m.
- La quota del davanzale della finestra si trova a 64,30 m s.l.m. (la stessa quota della finestra che si apre nel paramento meridionale dell’edificio). Presenta una luce di m 2 e un’altezza ricostruita di m 3,45 (Dupré & Carreté 1993, 47).
- Dupré & Carreté 1993, 66, fig. 57. Relativamente all’aspetto decorativo dell’edificio non è possibile proporre alcuna ipotesi dovuto al carattere frammentario dei materiali marmorei in esso rinvenuti.
- Attualmente si conservano solo i paramenti in opera quadrata tra i quali la scala si inseriva. Durante le indagini archeologiche è stato documentato, tra la quota di 57 e 59 m s.l.m., materiale da costruzione tra cui blocchi in stato di semilavorazione poi abbandonati e inclusi nel riempimento costruttivo (Dupré & Carreté 1993, 59, fig. 52).
- L’edificio presenta una dimensione pari a m 26,40 x 23.
- Balil 1969, 16.
- Aleu 1988.
- Balil 1969.
- Tarragò 1993, tav. 13 in Mar 1993c.
- Presenta uno spessore di m 2,40 e blocchi la cui altezza varia tra m 0,59 e 0,62. La fondazione sembrerebbe essere realizzata in opera quadrata, anche se è stato possibile documentarne solo l’ultimo blocco (Dupré & Subias 1993, 604). La struttura risulta quasi completamente occultata dal muro nord in opus caementicium della cosidetta Volta Llarga, addossato al suddetto muro in blocchi. Uno dei primi interventi di documentazione realizzati in questa zona registrò la prosecuzione del muro in opera quadrata conservato per un’altezza pari a 3-4 filari di blocchi (Noguès 1952).
- Pari a circa m 3,50.
- Vinci 2018, 658-660.
- Vinci 2018.
- Della struttura si conservano attualmente tre file di blocchi, per un’altezza totale di m 1,84.
- Ò. Martin e J. Rovira ipotizzano anch’essi, in questa zona, la presenza di un accesso dall’esterno della città in una fase precedente alla costruzione della Torre del Pretori (Martin & Rovira 2009, 16).
- Durante gli scavi effettuati da A. Balil negli anni ’60 del secolo scorso fu rinvenuto un frammento di pietra provvisto di un foro a cui era associato un gancio in bronzo (Balil 1969, 25).
- L’impiego di questo strumento è stato documentato soprattuto nella Gallia Narbonense (si veda l’anfiteatro e il teatro di Arles).
- Fincker 1986, 331-336; Zugmeyer & Badie 2012, 107-115.
- Dimensioni pari a m 26,40 x 23.
- Del primo accesso si conservano solo i due piedritti.
- Ampiezza m 1,80, altezza ricostruita m 2,40.
- Il sistema di copertura dell’accesso è attualmente visibile in due piani distinti della moderna struttura della torre.
- Si tratta di un tipo di elaborazione poco attestata in elementi architettonici di questo tipo, alcuni esempi si trovano nella scenae frons del teatro di Orange, nell’ingresso principale est dell’anfiteatro di Sabratha, nel Palazzo di Diocleziano a Spalato, oltre ad esempi posteriori di epoca bizantina, come il Mausoleo di Teodorico a Ravenna. I cosiddetti conci a baionetta o conci dentati si trovano attestati anche in altri elementi strutturali, come archi di ponti: si vedano ad esempio i ponti cordobesi di Villa del Río e de Los Pedroches.
- Vd. infra.
- A una quota di 56,30 m s.l.m.
- Dupré & Carreté 1993, 49.
- Ampiezza m 2,40.
- Curulla 2000a.
- Luce m 2,70.
- Ampiezza m 2,10, altezza m 3,76.