Le Dressel 6B di produzione nord adriatica
Silvia Cipriano, Stefania Mazzocchin
Anfore Dressel 6B: i dati della ricerca archeologica ed epigrafica
Le anfore Dressel 6B, come è ormai noto1, sono contenitori destinati al trasporto dell’olio caratterizzati da orlo a fascia o a ciotola, sporgente sul collo, che si presenta troncoconico, dalla spalla leggermente svasata e arrotondata, in continuità con il corpo che ha il diametro massimo verso il fondo e si chiude con un puntale piccolo, cilindrico, a bottone. L’arco cronologico interessato dalla loro produzione è piuttosto ampio ed è compreso tra la metà del I sec. a.C. e il IV sec. d.C.2. Tali anfore sono state rinvenute nelle città della Cisalpina in quantità molto elevate, perché reimpiegate spesso integre nei numerosi sistemi di bonifica che avevano lo scopo di sanificare i terreni resi inagibili dall’acqua3; l’eccezionale abbondanza di esemplari completi ne ha favorito lo studio approfondito.
Gli unici ateliers noti archeologicamente si trovano in Istria, presso le attuali cittadine di Fasana vicino a Pola e di Loron, nei pressi di Parenzo. Nel primo insediamento, recentemente riscavato4, furono prodotte, dalla tarda età augustea fino all’età flavia, Dressel 6B caratterizzate da una particolare doppia bollatura composta dal nomen del dominus, appartenente alla gens dei Laekanii, e da quello del servus officinator, incaricato della gestione della figlina ed anche probabilmente del fundus coltivato ad ulivi e ad essa collegato. Tra il 78 e l’80 d.C. l’officina e le proprietà diventano parte del patrimonio imperiale e il nome dell’imperatore si sostituisce nel sistema di bollatura al gentilizio del dominus. Le fasi più tarde della produzione, databili alla metà del II sec. d.C., sono caratterizzate da contenitori di dimensioni inferiori e dalla rarefazione o dall’assenza della bollatura5. Del secondo centro produttivo, tuttora oggetto di indagini archeologiche6, sono state messe in luce una serie di fornaci all’interno di una villa maritima, attive tra l’età augustea e quella flavia, e che producono anfore caratterizzate dai marchi dei diversi proprietari7; a partire dal regno dell’imperatore Domiziano l’intero complesso produttivo diventa proprietà imperiale e sulle anfore compaiono i bolli con i nomi degli imperatori fino ad Adriano. Segue infine una produzione tarda, che perdura fino al IV sec. d.C., priva di marchi di fabbrica8.
La grande quantità di anfore Dressel 6B rinvenute nei contesti delle città della Cisalpina, ed in particolare nella X Regio, con caratteristiche morfologiche diverse dai prodotti istriani e soprattutto con numerosi marchi di fabbrica che non rientrano nelle serie di Fasana e Loron, è stata negli ultimi venti anni oggetto di numerosi studi interdisciplinari da parte del gruppo di ricerca di cui facciamo parte, con l’obiettivo di indagare le possibili zone di produzione, pur in assenza di evidenze archeologiche di impianti produttivi9.
Un primo passo verso la definizione dell’area di origine di tali anfore è stata la formalizzazione di un metodo di ricerca che affianca all’indagine archeometrica l’esame delle fonti letterarie, archeologiche e paleobotaniche relative alla coltivazione dell’ulivo e alla produzione dell’olio, guardando anche alla vocazione agricola dei territori e alle caratteristiche climatico-ambientali del paesaggio agrario attuale10. È stato quindi affrontato lo studio sistematico di alcuni marchi di fabbrica che frequentemente ricorrono in area cisalpina, raccogliendo tutte le attestazioni edite, osservandone la distribuzione topografica mediante l’apprestamento di carte di distribuzione e riflettendo sul significato di particolari concentrazioni o assenze rispetto alla topografia dei luoghi11. Questa analisi ha permesso di valutare quali vie di comunicazione, fluviali o terrestri, siano state utilizzate negli spostamenti delle merci e quali empori abbiano funzionato come collettori di raccolta delle anfore e centri di redistribuzione verso aree specifiche.
Per quanto riguarda i marchi analizzati, lo studio condotto secondo il metodo descritto ha consentito di osservare che la loro distribuzione è limitata in genere alla pianura padana e alle regioni del Noricum, in particolare il Magdalensberg, sebbene sporadicamente alcuni esemplari bollati raggiungano i principali centri della Pannonia, poche città costiere adriatiche, come Ancona, Pola e Narona e tirreniche, con una particolare concentrazione nella Venetia e nell’Aemilia12.
Sono state quindi esaminate per ciascun marchio la forma epigrafica e le varianti onomastiche e di punzone. Lo studio onomastico e prosopografico da un lato conferma che la maggioranza delle gentes nominate sulle anfore è conosciuta anche dall’epigrafia lapidaria in ambito cisalpino13, dall’altro consente di legare più strettamente alcune famiglie a precise località, come la gens Sepullia a Patavium o la gens Apicia ad Este o a Como14. Più complessa appare la ricerca sull’associazione di praenomen-nomen, come nel caso di L. Iunius Paetinus, che le attestazioni epigrafiche mostrano presente su un areale molto vasto, compreso tra Verona, Este, Altino, Aquileia e Parenzo, ma dal quale forse resta esclusa la produzione istriana grazie ai risultati delle analisi archeometriche, mentre sembra più probabile la sua localizzazione tra il territorio veronese e quello atestino15. Se nel dettaglio meritano un approfondimento i casi di L. Trebius Optatus forse localizzabile nel veronese e di P. Petronius le cui attestazioni indicherebbero l’area padana o il territorio aquileiese16, è possibile ipotizzare che le diverse produzioni contraddistinte dai marchi in esame si situino nella pianura padana orientale. Particolarmente numerose si sono rivelate le anfore bollate VARI PACCI e per questo è stato possibile, analizzando un congruo numero di campioni, creare un “gruppo di riferimento” archeometrico e identificare nei nannofossili calcarei presenti nell’impasto i marker caratteristici. Lo studio ha consentito di riferire l’origine del materiale argilloso all’area collinare trevigiana, area alla quale è possibile attribuire anche il probabile centro produttivo17.
Le Dressel 6B nei contesti di bonifica: la cronologia
Il quadro così delineato mostra la presenza di diverse produzioni di anfore olearie nelle città della Cisalpina, che rispecchiano una altrettanto diversificata coltivazione dell’ulivo da individuare nelle aree collinari del territorio veronese, di quello atestino-patavino, di quello trevigiano, accanto alle produzioni aquileiesi e istriane e a quelle medio e basso adriatiche18. L’analisi del rapporto tra queste diverse produzioni e quindi la possibilità di giungere ad un’ipotesi di scansione cronologica dei differenti apporti di olio e dei relativi circuiti commerciali è stata possibile grazie soprattutto ai numerosi contesti chiusi rinvenuti nelle maggiori città della Venetia, tra le quali qui si considerano Padova, Altino, Oderzo, Vicenza e Verona19. Lo studio sistematico del riutilizzo delle anfore spesso integre in contesti di bonifica per risanare il suolo si è rivelato particolarmente interessante sia dal punto di vista delle associazioni tipologiche di anfore e materiali ceramici, sia dal punto di vista epigrafico.
La prima fase cronologica è riferibile all’età tardo repubblicana, quando, accanto alle numerose anfore Lamboglia 2 e alle prime Dressel 6A per il vino, prevalgono per l’olio le anfore ovoidali provenienti dal medio adriatico e in quantità limitata le Dressel 6B20. Alcuni contesti di Padova attribuibili a questo arco cronologico sono caratterizzati dalla presenza di alcune anfore ovoidali medio adriatiche caratterizzate dai marchi sull’ansa21. Sono invece legati all’area padana, ed in particolare al territorio patavino, i bolli della gens Sepullia, con il patronimico espresso22. L’analisi prosopografica permette di identificare il personaggio con Sepullius Macer, triumviro monetale del 44 a.C. e probabile fondatore della figlina per la produzione delle anfore, attiva fino all’inizio del I sec. d.C.23. Le anfore così bollate, morfologicamente caratterizzate dal collo troncoconico tozzo e dall’orlo basso e arrotondato, molto simili alle anfore medio adriatiche, sono diffuse nella Cisalpina, lungo il corso del fiume Po e sul Magdalensberg24 (fig. 1).
In età tardo repubblicana quindi sembra di poter cogliere come le città della Cisalpina si riforniscano, per quanto riguarda l’olio, in parte ancora dalla zona medio adriatica, in parte da quella istriana (i primi sporadici arrivi dall’area istriana sono ad esempio le produzioni bollate da C. Altenius25), accanto ad una prima produzione olearia da localizzare in ambito patavino.
All’età augustea si data la seconda fase cronologica, momento nel quale nelle bonifiche studiate si nota, per quanto riguarda l’olio, un aumento della presenza delle anfore Dressel 6B e una diminuzione delle anfore ovoidali; si contano numerose Dressel 6A, mentre poche sono le Dressel 2-4, le Dressel 7-11 e le anfore orientali26. A Padova afferiscono a questa fase cinque contesti27, per Verona è attribuibile a questo arco cronologico la sistemazione con anfore dell’area dell’ex Campo Fiera e dell’ex Convento dei Cappuccini28, mentre per Oderzo viene considerata la bonifica VI di via Spiné29. Tra i marchi riconducibili all’area padana ricorre AP.PVLCRI, riferibile ad Appius Claudius Pulcher console del 38 a.C., una delle prime attestazioni di marchio su anfore Dressel 6B canoniche e diffuso nella pianura padana, in area emiliana, e sul Magdalensberg30; molto numerose sono le attestazioni del bollo VARI PACCI, probabilmente interpretabile come un Varus Pacci servus, capillarmente attestato ancora in area padana ed emiliana e sul Magdalensberg31 (fig. 2). Al medesimo orizzonte cronologico appartiene anche il marchio P.Q.Scapulae, riferibile ad un famoso ricco personaggio vissuto in epoca cesariana o ad un membro della gens Scapula di poco posteriore; la diffusione delle anfore così bollate comprende la pianura padana, il Magdalensberg e Roma mentre l’area di produzione potrebbe essere individuata tra Padova e Verona dove è attestato il cognomen32 (fig. 3). Sono presenti inoltre il bollo Fontani, anch’esso riferibile ad un produttore la cui officina deve essere localizzata in ambito padano, tra la fine del I sec. a.C. e gli inizi del I sec. d.C.33, il marchio Apici, relativo ad un esponente della gens Apicia già attestata in area padana per la produzione di laterizi e databile ad età augustea34 e il bollo P. Petroni collegato alla gens Petronia nota per la produzione laterizia in area aquileiese ed istriana35.
Individuano invece una produzione dall’area medio adriatica alcune Dressel 6B con i bolli Amp(hio) Vibi (servus), presente in due esemplari, e C. HE LAB, il cui scioglimento in C. Her(enni) Lab(eonis) consente di cogliere il collegamento con la gens Herennia, in una fase databile tra la fine dell’età repubblicana e quella augustea36.
In età augustea si nota quindi la presenza di un gruppo di produttori padani che sono attivi contemporaneamente e che diffondono l’olio veneto nell’intera area padana e verso il Norico e la Pannonia, utilizzando le medesime vie commerciali, ma senza saturare il mercato, sul quale giungeva ancora olio dall’area medio adriatica e in piccola parte dall’Istria.
La terza fase cronologica comprende l’età tiberiano-claudia, quando nelle città della Cisalpina, interessate da un grande numero di interventi nel terreno strutturati con anfore, risultano prevalenti le Dressel 6B, cui seguono le Dressel 6A, le anfore con fondo piatto e le anfore orientali, numerose e diversificate tipologicamente. Sono riferibili a questa fase cronologica i contesti di via S. Gaetano, di piazza De Gasperi 1978 e di via Gattamelata a Padova, il drenaggio III di via Spiné 1993 a Oderzo e quello di via Cattaneo e Contrà della Piarda a Vicenza37.
Le produzioni di area padana sono identificate, oltre che da alcuni marchi residuali della fase precedente (VARI PACCI, APICI, FONTANI), dal bollo P. Sepulli seguito dal simbolo del caduceus38, da numerosi esemplari del bollo L. Iuni Paetini, del quale sono note almeno quattro varianti di punzone, diffuso in ambito padano, sul Magdalensberg e in Pannonia39 (fig. 4), dal marchio PACCI riferibile alla gens Paccia di provenienza centro italica, ma che diffonde le sue anfore nella pianura padana, sul Magdalensberg e ad Ancona40 e dal marchio riferibile a L. Trebius Optatus, il cui gentilizio rimanda all’area euganea e gardesana, particolarmente adatte alla coltivazione dell’ulivo41 (fig. 5). Accanto ai produttori oleari padani in questa fase cronologica sono presenti numerosi marchi che identificano anfore di provenienza istriana, in particolare dal sito di Fasana e da quello di Loron. I bolli del produttore C. Laekanius Bassus sono affiancati da quelli dei suoi servi officinatores Adel(phus), Com(—), Fa(—), Felix, Fui(—), H(—), L(—), Op(—), Opta(—), Urba(nus), Vi(—), Viat(or), databili tra il 15 e il 45/50 d.C.42. Si segnala la presenza nei contesti di età tiberiano claudia dei marchi dei servi Di(—) e Synt(—) che vanno quindi attribuiti a questo arco cronologico piuttosto che ad epoca successiva43.
Alla produzione di Loron, presso Parenzo, rimanda il marchio riferibile a T. Statilius Taurus Sisenna, console del 16 d.C.44. Le anfore istriane sembrano essere diffuse nelle medesime aree delle anfore padane, la pianura padana, il Magdalensberg e la Pannonia, mostrando come in questo periodo diverse produzioni e forse differenti qualità di olio rispondano alle richieste del mercato cisalpino.
La quarta fase si data da Nerone alla media età flavia (45/50 – 78/80 d.C.) momento nel quale le anfore Dressel 6B risultano essere la tipologia maggiormente presente, mentre le Dressel 6A sono meno frequenti e si nota la comparsa delle anfore con collo ad imbuto. A questa fase sono attribuibili i contesti di Oderzo, via Spiné 1986 drenaggi IV-V e via Spiné 1993 drenaggi II e XIII, mentre per Padova lo scavo di via Beato Pellegrino e dei Giardini dell’Arena45.
In questa fase cronologica risultano del tutto assenti le anfore caratterizzate dai marchi padani, mentre il mercato delle città della Cisalpina mostra che l’olio proviene quasi esclusivamente dall’Histria, ed in particolare dai centri di Fasana e di Loron, oltre che da altre aree non ancora ben localizzate.
Le Dressel 6B di Fasana recano, accanto al bollo del dominus C. Laekanius Bassus, quello dei servi Amethistus, Clymen(us), Colto(—), Crescens, Eucharistus, Her(—), Nicomede(s), Pierus e Ptolem(aeus), inquadrabili cronologicamente tra il 50 e il 78/80 d.C.46. Alla produzione di Loron invece è riconducibile (oltre ai marchi residuali CRISPINI, CRISPINILL, CRISPINILI e MESCAE) il bollo di Calvia Crispinilla, personaggio di spicco alla corte di Nerone e proprietaria dell’officina produttrice tra l’età neroniana e l’inizio di quella flavia47. Inoltre è importante ricordare altri marchi, quali Celer, Felicio, P.C.QVIR, RVSO.COC e THAL che devono essere ricondotti ad area istriana, sebbene non siano noti con precisione gli ateliers produttivi48.
Sembra quindi possibile ipotizzare, sulla base di questa analisi, che le produzioni olearie padane, dopo un periodo di convivenza con quelle istriane, siano state da queste sostituite in tutta la Cisalpina per lo meno a partire dalla seconda metà del I sec. d.C.; oltre a questo dato va evidenziata anche la ripresa della produzione olearia del medio adriatico, veicolata proprio a partire dalla metà del I sec. d.C. nelle anfore con collo ad imbuto, capillarmente diffuse in Cisalpina ma poco “visibili” epigraficamente perché bollate in percentuale molto scarsa49.
L’integrazione tra dati archeologici e dati archeometrici
Nella persistente assenza di resti archeologici di impianti produttivi nella Pianura padana sicuramente collegabili alla produzione di anfore bollate, rimane essenziale l’indagine archeometrica degli impasti delle serie bollate padane ed il confronto con le produzioni note istriane e medio adriatiche, al fine di sostanziare le ipotesi, per ora ancora solo basate sui dati epigrafici ed archeologici, di localizzazione delle aree produttive nord adriatiche.
Alla luce del nuovo trattamento dei dati archeometrici presentato e discusso di seguito50, si nota come i marchi si aggreghino in tre gruppi, rispecchiando quanto emerge dall’analisi prosopografica ed epigrafica. Ben caratterizzato appare ancora una volta il cluster in cui si riuniscono i campioni delle anfore con marchio Vari Pacci (fig. 7, cluster 2), in cui ricade anche il campione di Pacci, cronologicamente posteriore rispetto agli altri, ma evidentemente prodotto nelle medesime fornaci. I marchi riconosciuti come afferenti all’area padana costituiscono un altro cluster (fig. 7, cluster 1; fig. 9, cluster 1), ben distinto da quello delle anfore di Vari Pacci, ma anche dai contenitori istriani (fig. 9, cluster 2). All’interno del gruppo padano ricade anche il marchio P.Q.Scapulae, per il quale era stata messa in dubbio tale origine51 (fig. 7, cluster 1). Un terzo gruppo è rappresentato dalle anfore di L. Iunius Paetinus (fig. 7, cluster 3), che mostrano avere caratteristiche diverse sia dalle anfore padane, sia da quelle bollate Vari Pacci, ma dal punto di vista chimico sono nettamente diverse anche dalle anfore istriane52 (fig. 9). Tale dato suggerisce dunque di ricercare l’origine di questi contenitori in un’area diversa da quelle considerate, forse identificabile nella zona medio-adriatica. Rimangono esclusi dai raggruppamenti pochi campioni, tra i quali meriterà un approfondimento quello relativo al marchio L. Trebi. Optati, per il quale sarà necessario processare in futuro nuovi campioni.
I dati delle indagini archeometriche
Lara Maritan, Claudio Mazzoli
L’analisi minero-petrografica
Viene qui presentato il confronto tra i risultati dello studio in microscopia ottica e in fluorescenza ai raggi X di una serie di anfore Dressel 6B rivenute in area nord adriatica e riferibili ai bolli sopraindicati, le cui analisi sono state condotte da De Vecchi, Zanco e Mazzoli e relativi coautori53. Il confronto diretto tra le sezioni sottili e i dati chimici dei reperti analizzati in questi lavori risulta infatti necessario per avere una visione d’insieme dei dati di letteratura e per meglio definire i caratteri comuni o di specificità di queste produzioni nord adriatiche. Per quel che riguarda le analisi chimiche, eseguite in fluorescenza ai raggi X, esse sono state condotte utilizzando lo stesso metodo di preparazione (perle), nonché strumento (Philips PW2400, presso il Dipartimento di Geoscienze), condizioni operative e curve di calibrazioni basate su standard54, rendendo pertanto il loro confronto non soggetto a problemi relativi al metodo di acquisizione.
Dal punto di vista petrografico, le anfore prese in esame possono essere divise in due gruppi principali:
— fabric 1: caratterizzato da un impasto fine con massa di fondo omogenea, nella quale sono presenti inclusi, in quantità intorno al 10-15 %, di dimensioni della sabbia fine che presentano una distribuzione granulometrica seriata con la frazione più fine limosa. Si tratta di frammenti per lo più di forma angolare e sub-angolare di quarzo, sia in forma di cristalli singoli che di aggregati policristallini di origine metamorfica, associati a frammenti di selce, cristalli di feldspato, frammenti di calcare micritico, minerali opachi e piccole lamelle di mica chiara (illite e muscovite) e bruna (biotite) (fig. 6a). A questo tipo di impasto appartengono anfore Dressel 6B con varie bollature, eccetto quelle VARI PACCI. Sebbene i vari campioni appartenenti a questo gruppo presentino delle differenze petrografiche soprattutto in termini di abbondanza assoluta delle varie tipologie di inclusi e di dimensioni granulometriche, essi non possono però essere suddivisi in sottogruppi, vista la scarsa entità delle differenze. L’assenza di specifici marker mineralogici e petrografici, non permette inoltre di definire l’area in cui queste anfore possano essere state prodotte. La presenza infatti di fasi e frammenti litici comuni in molti dei depositi alluvionali di numerosi bacini idrografici sia del nord che centro Italia, permette solo di escludere un’origine di tipo marino di questi sedimenti, vista l’assenza di resti organogeni.
— fabric 2: caratterizzato da un impasto fine con massa di fondo omogenea, nella quale gli inclusi rappresentano circa il 10 %, dimensioni della sabbia fine, che raggiungono dimensioni massime intorno ai 300 µm; sono costituiti da cristalli di quarzo e frammenti di roccia carbonatica fossilifera (calcare a foraminiferi), associati a cristalli di feldspato, minerali opachi, frammenti di quarzo di origine metamorfica e di argilliti (ARF) (fig. 6b). Questo tipo di impasto è stato osservato solo per le anfore bollate VARI PACCI. In base all’associazione dei nanno-fossili, De Vecchi et al. (1999) hanno definito che tali anfore siano state prodotte utilizzando una argilla marnosa del Medio-Tardo Eocene, della formazione delle Marne di Monte Piano, affioranti nell’Appennino Settentrionale, o dalle Marne di Possagno, affioranti nella provincia di Treviso (nel veneto nord-orientale). L’approvvigionamento dall’una o dall’altra area geografica non può essere risolto solo sulle basi petrografiche e del contenuto microfossilifero.
L’analisi chimica
Dal punto di vista chimico (Tab. 1), tutte le anfore sono ricche in calcio, tanto che il loro impasto può essere definito come calcareo. L’analisi statistica evidenza come le anfore bollate VARI PACCI si discostino da tutte le altre Dressel 6B con bollature padane, formando un gruppo isolato nel diagramma dei punteggi relativo all’analisi delle componenti principali (fig. 7a). Esse sono infatti caratterizzate da un maggiore contenuto di Na2O, Sc, Pb, Y, Ba e Ni rispetto alle altre anfore padane, invece più ricche in Al2O3, Fe2O3, TiO2, Rb, V, Nd, Ga e Ce (fig. 7a). Tale raggruppamento si può osservare anche dal dendrogramma dell’analisi di raggruppamento (fig. 7b), nel quale le anfore bollate VARI PACCI formano un cluster isolato (cluster 2) rispetto alle altre bollature di attribuzione padana. Quest’ultime, sebbene rappresentate da un numero minore di esemplari analizzati per ciascun tipo di bollatura, si raggruppano insieme in un unico cluster (cluster 1), all’interno del quale sono però evidenti importanti similitudini tra bollature analoghe, suggerendo l’utilizzo di materiali argillosi con composizione molto simile. Alcune anfore infine hanno comportamento geochimico anomalo (outliers), tendono ad isolarsi dal resto dei campioni in quanto caratterizzati da un maggiore contenuto in Al2O3, Fe2O3, TiO2 e Cr e minor contenuto in CaO, quali le anfore bollate L. IVNI PAETINI che formano un cluster a se stante (cluster 3), mentre le altre bollature (P. SEPVLLI, L. TRE. OPTATI, APICI, FONTANI, VARI PACCI) sembrano più dei casi isolati rispetto agli altri campioni con le stesse bollature. Tale comportamento sembra essere dovuto alla maggiore frazione argillosa rispetto allo scheletro sabbioso della materia prima utilizzata.
Per meglio esplorare le analogie tra queste anfore padane, l’analisi statistica è stata replicata escludendo quelle bollate VARI PACCI e PACCI. Il risultato che si può osservare (fig. 8) rispecchia esattamente quanto già osservato nel dendrogramma (fig. 7b). La forte affinità composizionale tra queste anfore padane permette di definire pertanto che l’argilla utilizzata fosse analoga. Gli outliers identificati possono pertanto essere imputati all’utilizzo di livelli argillosi più grassi.
Al fine di definire se queste anfore possano provenire dal contesto produttivo istriano, è stato eseguito un confronto sia petrografico che chimico con alcuni campioni di Dressel 6B da Loron e Fasana55. Le anfore istriane sono caratterizzate dal punto di vista microscopico da un impasto molto fine, con inclusi presenti in quantità inferiori a quelle padane e dati da frammenti di dimensioni del limo, la cui composizione è del tutto affine a quella delle “terre rosse” istriane. Il confronto geochimico evidenza infatti come le anfore Dressel 6B istriane si distinguano nettamente da quelle padane, in quanto più ricche in Fe2O3, SiO2, Al2O3, TiO2, MnO, Ni, Cr, Zr, Cu, Th, e più povere soprattutto in CaO e MgO rispetto a quelle padane (fig. 9a). Questo indica chiaramente che le anfore con bollature padane non sono state prodotte nel distretto produttivo istriano. Inoltre, le anfore bollate VARI PACCI restano comunque isolate dal resto di quelle padane. Questo dato è confermato anche dall’analisi di raggruppamento (fig. 9b), nel cui dendrogramma si osserva che le anfore padane formano un cluster distinto (cluster 1) da quelle istriane (cluster 2).
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- Marion Y. e Starac, A. (2001): “Les amphores”, in: Tassaux et al., ed. 2001, 97-125.
- Mazzocchin, S. (2009) : “Le anfore con collo ad imbuto: nuovi dati e prospettive di ricerca”, in: Pesavento Mattioli & Carre, ed. 2009, 191-213.
- Mazzocchin, S. (2013): Vicenza. Traffici commerciali in epoca romana: i dati delle anfore, Pulsar 1, Trieste.
- Mazzocchin, S., Ercolino, R. (2000): “La coltura dell’olivo nell’area pedemontana trevigiana e bassanese tra età antica e basso medioevo: un’ipotesi dalle fonti scritte e materiali”, QdAV, 16, 172-183.
- Mazzocchin, S. e Pastore, P. (1996-1997): “Nuove testimonianze epigrafiche sul commercio dell’olio istriano a Padova”, Archeologia Veneta, 19-20, 151-176.
- Mazzocchin S. e Tuzzato S., ed. (2007): “Padova, via Acquette 9: nuovi dati dal settore meridionale della città”, QdAV, 23, 123-139.
- Mazzocchin, S., Tuzzato, S., Bonato, S. e Rossi, C. (2006): “Un nuovo drenaggio d’anfore dai Giardini dell’Arena a Padova”, Bollettino del Museo Civico di Padova, 95, 7-43.
- Mazzoli, C., Maritan, L. e Pesavento Mattioli, S. (2009): “Anfore da olio e anfore da pesce: le analisi archeometriche”, in:Pesavento Mattioli & Carre, ed. 2009, 173-189.
- Pesavento Mattioli, S. (1998): “I commerci di Verona e il ruolo della via Postumia, un aggiornamento sui dati delle anfore”, in: Sena Chiesa & Arslan, ed. 1998, 311-327.
- Pesavento Mattioli, S. (2002-2003): “Produzione e commercio del vino: un percorso di ricerca nella Valpolicella di età romana”, in: Annuario Storico della Valpolicella, 103-116.
- Pesavento Mattioli, S. e Carre, M.-B., ed. (2009): Olio e pesce in epoca romana. Produzioni e commercio nelle regioni dell’alto Adriatico, Atti del Seminario di Studi, Padova, 16 febbraio 2007, Roma.
- Riva, F. (1979-1980): Bolli anforari del veronese (note di economia cisalpina),Tesi di laurea, Università di Padova, A.A. 1979-1980, relatore prof. E. Buchi.
- Rousse, C. (2011): “Il sito di Loron (Istria, Croazia). L’organizzazione del complesso produttivo”, in: Lipovac et al., ed. 2011, 75-82.
- Ruta Serafini, A., Sainati, C. e Vigoni, A., ed. (2006): “Lo scavo urbano pluristratificato di Piazza Castello n. 18 a Padova”, QdAV, 22, 150-167.
- Sena Chiesa, G. e Arslan, E., ed. (1998): Optima Via. Postumia, storia e archeologia di una grande strada romana alle radici dell’Europa, Atti del Convegno internazionale di Studi, Cremona 1996, Cremona.
- Tassaux, F., Matijašić, R. e Kovačić, V., ed. (2001): Loron (Croatie), un grand centre de production d’amphores à huile istrienne (Ier-IVe s. ap. J.-C.), Ausonius Mémoires 6, Bordeaux.
- Toniolo, A. (1991): Le anfore di Altino, Archeologia Veneta 14, Padova.
- Ventura, P. e Degrassi, V. (2018): “Trieste (X regio), San Giusto Parking, a drainage of amphorae from late 1st cent AD: trade and consumption”, in: Rei Cretariae Romanae Fautores Acta 45, Lisbon September-2 October 2016, Bonn, 445-458.
- Zanco, A., Mazzocchin, S. e Cipriano, S. (2005): “Uno studio archeometrico e archeologico su alcune serie bollate di anfore Dressel 6B: risultati preliminari”, in: D’Amico, ed. 2005, 215-224.
Notes •••
- Per una recente e completa analisi sulle anfore Dressel 6B si veda: Cipriano 2009.
- La seriazione crono-tipologica delle Dressel 6B che comprende anche le anfore ovoidali è proposta in: Carre & Pesavento Mattioli 2003a.
- Sull’utilizzo delle anfore a scopo di bonifica del terreno si veda Mazzocchin 2013, 51-59.
- Bulić & Koncani Uhač 2010.
- Per l’atelier di Fasana si veda Bezeczky 1998, 3-43; Bezeczky 2001; Cipriano 2009, 176-177 e bibliografia citata; Bezeczky 2014, 241-257, il contributo di Szakmáni et al. e quello di Bulić e Koncani Uhač in questo volume.
- Per l’impianto produttivo di Loron si vedano: Loron I; Rousse 2011; Marchiori & D’Incà 2011; Marchiori & D’Incà 2014 e i contributi di Marion & Tassaux e di Machut et al. in questo volume.
- I marchi sono riferibili al console del 16 d.C. T. Statilius Taurus Sisenna, oltre a MES.CAE, CRISPIN, CRISPINILL, AELI.CRIS e CAL.CRISPINILLAE: Marion & Starac 2001, 99-107; Cipriano 2009, 177.
- Marion & Starac 2001, 117-118; Marion 2009.
- Per quanto riguarda i principali centri della Cisalpina, oggetto delle nostre analisi, la possibilità di studiare alcune migliaia di contenitori spesso bollati grazie alla costante collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, ha permesso alle scriventi insieme alla prof. Stefania Pesavento Mattioli di costituire presso l’Università di Padova un gruppo di ricerca attivo fin dall’inizio degli anni Novanta. La convinzione che accanto agli approfondimenti storico archeologici fossero indispensabili anche le indagini minero petrografiche ci ha guidato a instaurare proficue collaborazioni con il prof. Giampaolo De Vecchi e la dott.ssa Angela Zanco dell’allora Dipartimento di Mineralogia e Petrologia, con i quali sono state condotte le prime ricerche. Grazie al finanziamento del Progetto di Ricerca di Ateneo del 2004 sono stati conseguiti nuovi risultati editi nel 2009 e sono state consolidate le collaborazioni con il prof. Claudio Mazzoli e la dott.ssa Lara Maritan del Dipartimento di Geoscienze. Attualmente il Progetto di Ricerca di Dipartimento dal titolo Le produzioni adriatiche di anfore dall’età repubblicana all’età imperiale finanziato dal Dipartimento dei Beni Culturali per l’anno 2016, per il quale ringraziamo il Direttore prof. Jacopo Bonetto, ci ha consentito di implementare ulteriormente la base di campioni e di avviare una nuova indagine archeometrica tuttora in corso ancora in collaborazione con il prof. Claudio Mazzoli e la dott.ssa Lara Maritan del Dipartimento di Geoscienze.
- Pesavento Mattioli 2002-2003; Cipriano & Mazzocchin 2004.
- I marchi analizzati sono dodici: APIC, APICI, APVLCRI, FLAV.FONTAN, FONTANI, L.IVNI.PAETINI, PACCI, Q.SCAPVLAE, SEPVLLI F, SEPVLLIVM, L.TRE.OPTATI, VARI PACCI: Cipriano & Mazzocchin 2000; Cipriano & Mazzocchin 2002.
- Cipriano & Mazzocchin 2004, cc. 107-108; Cipriano 2009, 182, fig. 10.
- Si tratta delle gentes Quintia, Claudia, Flavia, Iunia e Trebia: Cipriano & Mazzocchin 2004, c. 108 e nota 84.
- Per la gens Sepullia: Cipriano & Mazzocchin 2000, c. 176; Cipriano 2009, 180-181; per la gens Apicia: Cipriano & Mazzocchin 2000, c. 161; Cipriano 2009, 182.
- Cipriano & Mazzocchin 2004, c. 108 e fig. 2; Mazzocchin 2013, 111.
- Cipriano 2003, 239; Cipriano & Mazzocchin 2004, c. 108.
- De Vecchi et al. 1999. In alternativa, le caratteristiche petrografiche indicherebbero come compatibile anche la zona delle Marne del Monte Piana, da Tortona alla Val Secchia.
- Mazzocchin & Ercolino 2000; per le produzioni olearie medio adriatiche, trasportate in anfore ovoidali e con collo ad imbuto si vedano: Carre & Pesavento Mattioli 2003a, cc. 459-460; Mazzocchin 2009.
- Per Padova: Cipriano & Mazzocchin 2011 con bibliografia precedente; per Altino: Toniolo 1991; Cipriano 2003; per Oderzo: Cipriano & Ferrarini 2001; per Vicenza: Mazzocchin 2013; per Verona: Buchi 1973; Pesavento Mattioli 1998.
- Cipriano & Mazzocchin 2011, 331-333.
- Il marchio D è presente nella bonifica di via Montona: I colori della terra 2007,68, fig. 39, tav. II, 4; il bollo LATINI proviene da un rinvenimento dall’area del porto fluviale, sotto l’attuale Palazzo del Bo: Anfore romane a Padova 1992, 151-152, tav. 26, 287.
- Cipriano & Mazzocchin 2000, cc. 175-176. La forma epigrafica che presenta le lettere libere incise profondamente sull’orlo, con la P ad occhiello aperto, è presente a Padova in piazza De Gasperi (Anfore romane a Padova 1992, 98, tav. 10, 116) e in via Montona (I colori della terra 2007, 68, fig. 40).
- Cipriano 2009, 179-181.
- Per la diffusione si veda la carta in Cipriano & Mazzocchin 2000, fig. 11.
- A Padova il marchio è attestato nel contesto di piazza De Gasperi: Anfore romane a Padova 1992, 95-96, tav. 9, 112; per gli esemplari di Vicenza: Mazzocchin 2013, 119 con bibliografia precedente.
- Cipriano & Mazzocchin 2011, 333.
- Si tratta dei contesti di Padova, via Paoli, via S. Pietro, via Umberto I (Cipriano & Mazzocchin 2011, 333-338), piazza Castello (Ruta Serafini et al. 2006, 163) e via Acquette, limitatamente ai drenaggi strutturati (Mazzocchin & Tuzzato 2007, 129-130).
- Buchi 1973; Riva 1979-1980; Pesavento Mattioli 1998.
- Cipriano & Ferrarini 2001, 35.
- Cipriano & Mazzocchin 2002, cc. 307-312; Cipriano & Mazzocchin 2011, 335: nel contesto di via Paoli il marchio è attestato in 7 esemplari; ancora in 7 esemplari è presente a Verona: Buchi 1973, 585-586; Riva 1979-80, 114-117.
- Cipriano & Mazzocchin 2000, cc. 150-157; il marchio è presente a Padova nei contesti di via Paoli (4 esemplari), via S. Pietro (2 esemplari) e via Umberto I (1 esemplare) (Cipriano, Mazzocchin 2011, 333-338) e via Acquette (1 esemplare) (Mazzocchin & Tuzzato 2007, 130). A Verona, nell’area dell’ex Campo Fiera e dell’ex Convento dei Cappuccini il bollo VARI PACCI è presente con 27 attestazioni (Buchi 1973, 599-602; Riva 1979-1980, 117-128).
- Cipriano & Mazzocchin 2000, c. 169-175; il marchio è presente nel contesto di via Paoli (2 esemplari): Cipriano & Mazzocchin 2011, 335 e a Verona (1 esemplare): Buchi 1973, 594-595.
- Cipriano & Mazzocchin 2002, cc. 312-319. A Padova il bollo è presente con un esemplare in via Paoli (Cipriano & Mazzocchin 2011, 335); a Verona si trova in 5 esemplari (Buchi 1973, 590-591; Riva 1979-80, 145-146).
- Cipriano & Mazzocchin 2000, cc. 161-169. A Padova il marchio è presente con un esemplare nel contesto di piazza Castello (Ruta Serafini et al., 2006, 163); ad Oderzo è attestato un esemplare (Cipriano & Ferrarini 2001, 116) mentre a Verona sono presenti due esemplari (Riva 1979-80, 137-139).
- Il marchio è presente con un esemplare a Verona: Buchi 1973, 592-594.
- Gli esemplari sono attestati a Verona: Buchi 1973, 584-585; Riva 1979-1980, 146-150. Si veda anche Cipriano 2009, 181.
- Per i contesti di Padova: Cipriano & Mazzocchin 2011, 338-349; per Oderzo: Cipriano & Ferrarini 2001, 30-31; per Vicenza: Mazzocchin 2013, 16-18 e 37-45.
- Il bollo Sepulli seguito dal simbolo del caduceus si trova in piazza De Gasperi (Anfore romane a Padova 1992, 98, tav. 10, 118).
- Cipriano & Mazzocchin 2002, cc. 319-324, fig. 9. Il marchio è presente a Padova, in via S. Gaetano in 2 esemplari (Cipriano & Mazzocchin 2011, 346-349), in via Gattamelata in 2 esemplari (Cipriano & Mazzocchin 2011, 340-346); nel contesto di Oderzo è attestato in 2 esemplari (Cipriano & Ferrarini 2001, 31), mentre a Vicenza in via Cattaneo è presente con 5 esemplari come in Contrà della Piarda (Mazzocchin 2013, 18, 43 e 45).
- Per tutte le attestazioni si vedano: Cipriano & Mazzocchin 2000, cc. 157-160; Mazzocchin 2013, 115-117. A Padova è presente nel contesto di via S. Gaetano con un esemplare (Cipriano & Mazzocchin 2011, 349); a Vicenza, in via Cattaneo è attestato da 2 esemplari (Mazzocchin 2013, 18), mentre in Contrà della Piarda da un esemplare (Mazzocchin 2013, 43).
- Cipriano & Mazzocchin 2002, cc. 324-330. Nei contesti esaminati il marchio è presente a Padova, in via S. Gaetano (Cipriano & Mazzocchin 2011, 349).
- Bezeczky 1998, 25.
- I due bolli erano stati datati tra 45/50 e 78/80 d.C.: Bezeczky 1998, 25. Il bollo Laek(ani)//Di(—) è attestato a Padova in via S. Gaetano in un esemplare (Cipriano & Mazzocchin 2011, 347) e a Vicenza in via Cattaneo in due esemplari (Mazzocchin 2013, 18, fig. 9) e in Contrà della Piarda con un esemplare (Mazzocchin 2013, 43, fig. 50). Il marchio C. Laek(ani)//Synt(—) è attestato a Padova in via Gattamelata in un esemplare (Cipriano & Mazzocchin 2011, 345, fig. 8) e a Vicenza in via Cattaneo in due esemplari (Mazzocchin 2013, 18, fig. 9).
- Marion & Starac 2001, 99-100.
- Per Oderzo: Cipriano & Ferrarini 2001, 26-27, 29-30, 33-34; per Padova: Mazzocchin & Pastore 1996-1997; Mazzocchin et al. 2006.
- Bezeczky 1998, 25.
- Marion & Starac 2001, 101-102.
- Si veda il contributo di Yolande Marion e Francis Tassaux in questo volume e per il marchio RVSO.COC e le sue varianti si vedano Ventura & Degrassi 2018
- Sulle anfore con collo ad imbuto e la loro diffusione si veda: Mazzocchin 2009.
- In attesa dei nuovi campioni, che in questo momento sono in corso di analisi da parte di Lara Maritan e Claudio Mazzoli.
- Si veda Carre & Pesavento Mattioli 2003b, 275, nota 20.
- Per l’ipotesi di una produzione di queste anfore nell’area istriana si rimanda a Manacorda 2010, 225-226.
- De Vecchi et al. 1999; Zanco et al. 2005; Mazzoli et al. 2009.
- Govindaraju 1994.
- Cipriano & Mazzocchin 2004, fig. 2; Zanco et al. 2005, 216, nota 1.