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Catégorie : Archéologie
L’archeologia tessile si occupa della produzione di tessuti ottenuti intrecciando fibre di origine vegetale, animale o minerale, a mano o con l’ausilio di strumenti: una delle prime forme di tecnologia artigianale sviluppate dall’uomo per un’innumerevole quantità di funzioni. Campi di interesse sono le tecniche di produzione a partire dal reperimento delle fibre fino alla realizzazione del prodotto finito, alla sua eventuale commercializzazione e al suo consumo.
Le ricerche condotte dalla Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna tra il 1993 e il 1994 in via d’Azeglio, a Ravenna, hanno portato alla luce un ampio complesso residenziale, collocato nel quadrante nord-occidentale della maglia insediativa urbana. Il contesto indagato, composto da nuclei abitativi affacciati su un asse viario dotato di un sistema di smaltimento delle acque, rappresenta un unicum nel quadro delle indagini sul centro ravennate, sia per collocazione topografica che per sviluppo diacronico.
Tra il 2005 e il 2006 sono state condotte due campagne di scavo presso S. Lorenzo in Strada, località già nota da tempo agli studiosi per i numerosi rinvenimenti di età romana che documentano un fiorente nucleo abitativo a sud di Rimini, strettamente correlato al percorso viario pre-protostorico regolarizzato dal console Flaminio nel 220 a.C. (fig. 1). Questo villaggio, che rientra oggi nel territorio del comune di Riccione, è noto prevalentemente per i resti di una vasta necropoli indagata a più riprese e costituita da più di un centinaio di sepolture (tuttavia ancora inedita dal punto di vista scientifico).
Ai fini di un lavoro complessivo, ancora in corso, sulle anfore riminesi, sono stati presi in esame ventisei scavi urbani; lo spoglio ha interessato alcune delle maggiori domus, mentre sono state escluse le necropoli. Le anfore sono presenti in tutti i siti con percentuali abbastanza alte, indipendentemente dalla collocazione urbanistica e dalla cronologia.
par Manuela Mongardi
A fronte dell’assenza di studi complessivi successivi, l’indagine presentata in questa sede ha ricorso, come principale base documentale, al materiale raccolto in un contributo edito quasi un ventennio fa da Valeria Righini, Massimo Biordi e Maria Teresa Pellicioni sui bolli laterizi della Cispadana. Dall’elenco presentato nel suddetto articolo sono stati espunti i marchi prodotti sicuramente al di fuori della Cispadana orientale o per i quali, vista l’ampiezza dell’areale di distribuzione o, al contrario, l’esiguità numerica delle attestazioni, non è possibile, in assenza di ulteriori indizi di natura archeologica, archeometrica o prosopografica, ubicare con un buon margine di certezza le officine nel settore orientale della regio VIII.
par Laura Parisini
Tra la seconda metà del I° secolo a.C. e l’inizio del III° secolo d.C. l’epigrafia lapidaria latina attesta la circolazione di materie prime e manufatti di lusso nell’Italia adriatica, con particolare concentrazione, come è ovvio aspettarsi, nei grandi centri portuali. Per citare un esempio, un noto cippo funerario da Aquileia ricorda il negotiator margaritarius ab Roma L. Valerius Primus, attivo nel I° secolo d.C. tra la Capitale e la città altoadriatica.
Sia Dorothy J. Crawford che Marco Maiuro nelle loro opere che costituiscono delle guide fondamentali per chi si approccia al tema delle proprietà imperiali dedicano particolare attenzione al metodo e alla cautela necessari per procedere alla loro individuazione in un dato territorio, perché spesso gli indizi sono pochi e troppo labili. Non è questo il caso della zona di Rimini, in quanto la regio Ariminensium è attestata in un’iscrizione pisaurense come ambito di competenza dell’incarico di procurator privatae ricoperto dal cavaliere Ti. Claudius Zeno Ulpianus nella prima metà del III secolo d.C., al termine di una lunga carriera.
par Daniela Rigato
Focus di questa analisi è la presenza nelle regioni augustee dell’Italia adriatica centro-meridionale di collegia professionali coinvolti nei diversi ambiti della produttività. In linea con la tematica oggetto del Convegno, si sono pertanto escluse le associazioni legate ad acquisto, vendita e trasporto di merci e derrate, sia a corto che a lungo raggio,quali importatores, negotiatores, diffusores, navicularii, nautae, muliones ecc., pur riconoscendone l’imprescindibile ruolo in seno al tessuto economico.
Nell’introdurre la tematica che mi propongo di svolgere in questo contributo mi pare opportuno soffermarmi preliminarmente sui limiti geografici di questa indagine, che risentono di una certa ambiguità, data dalla stessa definizione di Umbria adriatica. Ci occuperemo qui di quei centri della regio VI – Umbria posti sul versante orientale, dunque sul versante adriatico, rispetto allo spartiacque appenninico.
Il litorale tra l’area del Po e il promontorio di Focara è interamente conquistato da Roma almeno dagli inizi del II° secolo a.C. e la realizzazione della via Popilia-Annia nel 131-130 a.C. sancisce la sua organizzazione ‘romanizzata’: come per la Flaminia e l’Emilia, la nuova via consolare indica non solo la conquista ma anche la penetrazione nel territorio e lo sfruttamento delle risorse da parte dei coloni romani, in una regione sempre meno ostile sia dal punto di vista umano che ambientale, grazie agli insediamenti ma anche alle ingenti opere di bonifica e centuriazione.
Archaeological investigations conducted in recent decades have provided valuable new insight into the production of ceramic building material, pottery and amphorae in the Roman province of Dalmatia. Most of the recent research was conducted in the coastal area of Roman Dalmatia (mostly at its NW part, in the region of ancient Liburnia; map 1).
Nauportus (modern Vrhnika) developed in an area where crossing the eastern Alps and the northern Dinaric ridges was easiest and where the navigable route that led along the Rivers Ljubljanica – Sava – Danube towards the Black Sea began (fig. 1). A settlement of the Celtic Taurisci stood here, at least around the middle of the 2nd century BC.