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Collection : PRIMALUNA_8

Les réflexions abordent le thème de la production artisanale et manufacturière dans la zone adriatique avec une attention particulière à cinq axes d’investigation : les lieux de production entre ville et campagne ; épigraphie, artisanat et société ; production d’amphores ; production de poteries fines et communes ; la production textile.
Nella Puglia meridionale la facile disponibilità di argille adatte alla modellazione di forme ceramiche è elemento che nel corso dei secoli ha determinato lo sviluppo di un artigianato capace di produzioni destinate agli usi quotidiani ma anche di realizzazioni che si collocano in un ambito di pregio artistico.
Nella Puglia meridionale la facile disponibilità di argille adatte alla modellazione di forme ceramiche è elemento che nel corso dei secoli ha determinato lo sviluppo di un artigianato capace di produzioni destinate agli usi quotidiani ma anche di realizzazioni che si collocano in un ambito di pregio artistico.
Nella Puglia meridionale la facile disponibilità di argille adatte alla modellazione di forme ceramiche è elemento che nel corso dei secoli ha determinato lo sviluppo di un artigianato capace di produzioni destinate agli usi quotidiani ma anche di realizzazioni che si collocano in un ambito di pregio artistico.
Il presente lavoro verte su una raccolta delle evidenze archeologiche ed epigrafiche attestanti l’attività laniera nei territori facenti parte della V Regio in epoca romana e che oggi corrisponde alla Provincia di Teramo. Tale contributo nasce, infatti, dall’intento di delineare un quadro d’insieme sulla produzione laniera nel territorio teramano e, in particolare, di definire la distribuzione dei luoghi di rinvenimento di queste attestazioni: premessa fondamentale per poter individuare eventuali centri di produzione manifatturiera, ma anche per verificare se tali attività fossero predominanti in centri urbani, o piuttosto presso gli insediamenti rurali.
La Municipalità di Acquaviva delle Fonti (BA), nel 1998, intese promuovere la conoscenza delle aree di interesse storico-archeologico del proprio territorio, per definirne il Piano Regolatore Generale e determinare il programma di intervento volto alla tutela e alla promozione del comparto paesaggistico comunale (fig. 1). Nell’ambito dello studio urbanistico di disaggregazione degli spazi rurali fu dunque avviato il preliminare censimento dei siti archeologici realizzato mediante sopralluoghi mirati nel territorio e applicati ad aree ritenute potenzialmente rilevanti sulla base di indicazioni attinte alla storiografia disponibile.
L’archeologia tessile si occupa della produzione di tessuti ottenuti intrecciando fibre di origine vegetale, animale o minerale, a mano o con l’ausilio di strumenti: una delle prime forme di tecnologia artigianale sviluppate dall’uomo per un’innumerevole quantità di funzioni. Campi di interesse sono le tecniche di produzione a partire dal reperimento delle fibre fino alla realizzazione del prodotto finito, alla sua eventuale commercializzazione e al suo consumo.
Le ricerche condotte dalla Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna tra il 1993 e il 1994 in via d’Azeglio, a Ravenna, hanno portato alla luce un ampio complesso residenziale, collocato nel quadrante nord-occidentale della maglia insediativa urbana. Il contesto indagato, composto da nuclei abitativi affacciati su un asse viario dotato di un sistema di smaltimento delle acque, rappresenta un unicum nel quadro delle indagini sul centro ravennate, sia per collocazione topografica che per sviluppo diacronico.
Tra il 2005 e il 2006 sono state condotte due campagne di scavo presso S. Lorenzo in Strada, località già nota da tempo agli studiosi per i numerosi rinvenimenti di età romana che documentano un fiorente nucleo abitativo a sud di Rimini, strettamente correlato al percorso viario pre-protostorico regolarizzato dal console Flaminio nel 220 a.C. (fig. 1). Questo villaggio, che rientra oggi nel territorio del comune di Riccione, è noto prevalentemente per i resti di una vasta necropoli indagata a più riprese e costituita da più di un centinaio di sepolture (tuttavia ancora inedita dal punto di vista scientifico).
Ai fini di un lavoro complessivo, ancora in corso, sulle anfore riminesi, sono stati presi in esame ventisei scavi urbani; lo spoglio ha interessato alcune delle maggiori domus, mentre sono state escluse le necropoli. Le anfore sono presenti in tutti i siti con percentuali abbastanza alte, indipendentemente dalla collocazione urbanistica e dalla cronologia.
A fronte dell’assenza di studi complessivi successivi, l’indagine presentata in questa sede ha ricorso, come principale base documentale, al materiale raccolto in un contributo edito quasi un ventennio fa da Valeria Righini, Massimo Biordi e Maria Teresa Pellicioni sui bolli laterizi della Cispadana. Dall’elenco presentato nel suddetto articolo sono stati espunti i marchi prodotti sicuramente al di fuori della Cispadana orientale o per i quali, vista l’ampiezza dell’areale di distribuzione o, al contrario, l’esiguità numerica delle attestazioni, non è possibile, in assenza di ulteriori indizi di natura archeologica, archeometrica o prosopografica, ubicare con un buon margine di certezza le officine nel settore orientale della regio VIII.
Tra la seconda metà del I° secolo a.C. e l’inizio del III° secolo d.C. l’epigrafia lapidaria latina attesta la circolazione di materie prime e manufatti di lusso nell’Italia adriatica, con particolare concentrazione, come è ovvio aspettarsi, nei grandi centri portuali. Per citare un esempio, un noto cippo funerario da Aquileia ricorda il negotiator margaritarius ab Roma L. Valerius Primus, attivo nel I° secolo d.C. tra la Capitale e la città altoadriatica.
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